Hanno vinto tutte, le grandi o sedicenti tali. E tutte soffrendo, chi con aiutino e chi no. Tutte, tranne la Juventus. Meno tre allo Stadium, più tre al Bologna. Una passeggiata, l’ennesima. Doppietta di Gonzalo Higuain, rigore di Paulo Dybala, lui che a Doha si era mangiato il match-point e da Gigi Donnaruma era stato mangiato sul penalty.
Vado di cifre perché c’è poco da aggiungere. Ventiseiesima vittoria casalinga di fila. E solita modalità: partenza-sprint, flessioncina, ripresina, pilota automatico. Splendido l’assist di Miralem Pjanic a Higuain in occasione del primo gol. Ondeggiava, lo schema, tra il 4-3-1-2 e il 4-3-2-1, l’albero di Natale caro al Milan ancelottiano. Il Bologna di Roberto Donadoni ha fatto quello che ha potuto: non fa più tremare il mondo da un pezzo e spesso, anzi, trema non appena lo toccano. Immagino, da lassù, la malinconia di Ezio Pascutti. E, da quaggiù, la nostalgia per il grande Ezio.
A Firenze mancherà Stephan Lichtsteiner, ammonito. Il problema dei terzini non va trascurato: Patrice Evra toglierà il disturbo, Dani Alves e Alex Sandro sono fermi ai box. Non mi è dispiaciuto Kwadwo Asamoah, a sinistra, e nemmeno Stefano Sturaro. Certo, non sono avversari come il Bologna che possono pesare le qualità della Juventus, storicamente più incline alla forza che al gioco.
C’era curiosità, questo sì, per verificare gli effetti dei cazziatoni di Massimiliano Allegri («Li avrei presi tutti a calci nel sedere», «Per 85 minuti siamo stati una squadra poco seria»). Non ho colto gesti di ammutinamento.
Juventus-Atalanta di Coppa Italia (l’ora di Marko Pjaca?) e Fiorentina-Juventus di domenica non sono bilance banali. Ogni tanto, i campioni hanno bisogno di un ceffone. Poi si rialzano. La pancia piena è una gloriosa zavorra. Fino a marzo, si può citare come alibi. Dopo, meglio di no.
La formula della coppa Italia è stata concepita con lo scoop di favorire le squadre maggiori in modo da tenere su l’interesse televisivo della competizione con il minor numero di partite possibile. In pratica si può arrivare alla finale con sole 4 partite. Per i papponi della lega questa regola è una manna. Le piccole squadre hanno poco da lamentarsi altrimenti portano la serie A a 18 squadre e magari viene fuori qualche turno in più anche per le grandi. L’unica concessione sentivo dire che verrà fatta a partire dal 2018 è il sorteggio su dove giocare la partita degli ottavi mentre il resto rimarrebbe invariato. Mi aspetterei anzi che facessero anche le semifinali con partita secca, se non fosse che in semifinale ci arrivano con questa formula le squadre maggiori per le quali la coppa Italia è spesso l’ultimo obiettivo rimasto e quindi audience ed incasso garantito.
Errare humanum, perseverare hernanes.
Scritto da Fabrizio il 13 gennaio 2017 alle ore 10:28
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Sed perseverare hernanes, evra, manzu,dani alves,centrocampo ad mentula canis, difesa ad cacchium sunt :-)
Scritto da Fabrizio il 13 gennaio 2017 alle ore 07:55
Le regole sembrano fatte per metterlo nel didietro alle squadre dal piccolo in giu (ha ragione Gasperini a sostenere che altra cosa sarebbe stata giocare a Bergamo), ma sempre salvaguardando gli interessi delle grandi assistite della serie A, le mafiosette che si riparano dietro le forti (meglio, la forte). Se si segue questa regola del ranking, allora lo si faccia fino alle estreme conseguenze: risultati dell’ultimo anno, con prima, seconda ecc… E’ un retaggio dei tramacci dei banditelli lotriti, benefattori, antennisti e compagnia cantante con a capo il salumaio di ponte lambro.
E’ ridicolo vedere la juve col numero 4, con il sorteggio cavillo fatto espressamente per cercare di favorire le altre. Fermo restando che queste ultime vogliono essere certe di giocare in casa loro anche contro l’Alessandria o il Cittadella, non si sa mai si cachino in mano pure con quelle.
Per me sistema inglese da preferire senza dubbio. Scontro in trasferta in casa della più debole.
Errare humanum, perseverare hernanes.
Quando questi cosiddetti cali di tensione o per meglio dire cali di condizione si ripetono 5 volte in 20 partite, non possiamo parlare più di eccezione ma di regola. Riaffidarsi alla vecchia guardia non pare la soluzione visto che con essa abbiamo perso due volte a Milano. Inoltre con il ritorno di bonucci la “tentazione” di difesa a 3 potrebbe vanificare quel poco di gioco a sprazzi che durante le ultime partite, con pianic trequartista e sturaro in mezzo avevamo visto. Vedremo cosa inventerà il mister. Il ritorno al 3-5-2 lo vedo probabile. Rispetto lo scorso anno abbiamo gli stessi giocatori invecchiati di un anno con un pogba in meno ed un higuain in più. Ovvio che la casella di pogba non può essere occupata da pianic così come il manzo non deve rompere i cabbasisi e starsene buono in panca. Il nodo è sempre il maledetto centrocampo che pure con l’Atalanta in casa è riuscito ad andare in sofferenza. Errare humanum est, perseverare..
Fiorentina, Lazio, Milan, Sassuolo, suini, da qui al 5 febbraio e poi la Champions. Spero che qualcuno si sia accorto alla Juve che a marzo ci sono solo 3 partite di campionato ed eventuali di coppa è che invece occorreva essere in palla già a fine gennaio.
Rivedere ieri sera Bonaventura e non averlo alla juve mi piange “er core”…Costava 7 milioni di euro, ma noi avevamo in pugno Pereira e 15 milioni disponibili…
Quale migliore occasione, ora, per l’Acciuga di dimostrare le sue qualità e non farsi infinocchiare per la terza volta dall’aeroplanino con una squadra di due livelli almeno sotto la sua?
Su, acciuga, studia un poco. Applicati.
http://blog.ju29ro.com/2014/08/conte-e-fatto-cosi.html
2nd August 2014
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Alcuni utenti hanno segnalato un particolare interessante della conferenza stampa tenuta giovedì scorso per la presentazione di Evra. Il neo juventino ha confessato di aver sentito telefonicamente Antonio Conte prima dei mondiali, telefonata in cui Conte insisteva con lui per averlo a Torino; un dato questo che sconfessa ulteriormente la teoria secondo cui il mister salentino fosse deciso ad andarsene già da maggio. O meglio, che da maggio al 15 luglio non sia accaduto nulla che gli facesse cambiare idea ma semplicemente sia stata la società ad aspettare troppo prima di capire che il tempo di Conte alla Juve fosse finito. Se Antonio, a cui non smetteremo certo di voler bene, aveva la premura di contattare i futuri acquisti bianconeri per dargli ulteriore convinzione a venire alla Juve, non suona un po’ strano che fosse convinto di andarsene già dalla fine della stagione? Cosa sia accaduto veramente non lo sappiamo, ma per mettere un po’ meglio a fuoco la vicenda vi postiamo una riflessione di “ossimoro ju29ro” sul passato “capriccioso” del nostro ex allenatore:
La carriera da allenatore di Conte comincia nel 2006 ad Arezzo. Passano solo 9 giornate ed il tecnico salentino viene esonerato; richiamato, lascerà comunque la panchina a fine stagione.
Nel dicembre 2007 viene chiamato sulla panchina del Bari. L’anno dopo porta la squadra pugliese in serie A. Il 2 giugno 2009 Conte accetta il rinnovo del contratto con il Bari fino al 30 giugno 2010 ma, dopo appena tre settimane, Conte e la società rescindono consensualmente causa dimissioni dell’allenatore.
A settembre del 2009 si accasa a Bergamo in sostituzione di Gregucci: dopo 13 partite e neanche 4 mesi arrivano le dimissioni e l’immancabile rescissione consensuale.
Nel 2010 va a Siena con contratto biennale ma al termine della prima stagione, complice la chiamata della Juventus, indovinate un po’ che succede? Bravi: rescissione consensuale. Causata dalle sue dimissioni? Non è dato saperlo ma immagino che le avrebbe presentate se non l’avessero liberato.
Il resto è storia recente. I malumori di fine stagione nonostante il terzo scudetto consecutivo ed i 102 punti, il chiarimento, la conferma e l’immancabile rescissione consensuale per via delle sue dimissioni.
Mi pare evidente quale sia la costante: cambiano le società, i dirigenti, le aspettative, il mercato, le potenzialità, le categorie, i risultati e tante altre belle cose, ma finora l’epilogo delle singole avventure di Conte sulle varie panchine è uno solo: in un modo o nell’altro, per un motivo o per l’altro, Antonio decide, saluta e se ne va, senza portare a termine il contratto.
I motivi di queste precoci interruzioni sono stati i più diversi, a quanto è dato sapere.
Ad Arezzo è stata la retrocessione della squadra, e va bene.
A Bari vi riporto alcune delle dichiarazioni di quei giorni: “Il presidente Vincenzo Matarrese spiega i motivi del divorzio. “Dopo la querelle con la Juve non era più l’Antonio che conoscevo. Il successo l’ha cambiato. Il programma di Conte non ci convinceva. Non si può distruggere una squadra che ha vinto il campionato. E da presidente non voglio privarmi facilmente dei giocatori che con noi hanno fatto bene e a cui sono affezionato”, ha detto il massimo dirigente del Bari. “Eravamo sintonizzati fino a ieri, poi – ha aggiunto – c’è stata una divergenza di vedute e abbiamo sciolto consensualmente il nostro accordo”. I programmi del Bari non cambiano: “Nessun ridimensionamento nei programmi. Il nostro obiettivo resta la salvezza: faremo di tutto per allestire una squadra con Perinetti e un nuovo allenatore che ci faccia divertire”. “Con Conte non abbiamo trovato una unità d’intenti – ha detto il ds del Bari Giorgio Perinetti -. Si sono registrate divergenze di vedute su tempi e modi del nuovo progetto. Per questo abbiamo deciso di proseguire ognuno per la propria strada. Problemi personali tra me e Conte? Abbiamo avuto un rapporto cristallino. La scelta di concludere l’esperienza biancorossa è stata consensuale”. Il motivo mi pare chiaro. Siccome Conte non ha mai smentito questa ricostruzione, devo pensare sia vera.
A Bergamo sono noti i feroci dissapori col leader dello spogliatoio Cristiano Doni ed i problemi coi tifosi. “Ho deciso io di lasciare – ha detto Conte – Avevo già presentato le dimissioni ieri sera, ma sono state respinte. Riflettendoci tutta la notte, ho poi deciso di ripresentarle. Mi auguro sia un arrivederci e non un addio. Il mio rimpianto è quello di non aver potuto fare quello che avevo in mente, ma lascio una squadra vivissima, che con il sottoscritto ha conquistato 13 punti”. Le cronache di quei giorni raccontano che il tecnico abbia rassegnato le dimissioni dopo la pesante sconfitta contro il Napoli e lo sfogo con i tifosi. “L’ho fatto per il bene dell’Atalanta – ha spiegato all’uscita – non ho alcun rimpianto. Lascio una squadra in salute. Ieri qualcuno ha sbagliato, probabilmente anche io. Questa non è una macchia per la mia carriera, perché io i miei punti li ho fatti”. Ora, sul fatto che le dimissioni improvvise fossero un bene per la squadra si potrebbe anche discutere, comunque sia chiaro che lui il suo l’ha fatto: i punti e la squadra in salute sono lì a dimostrarlo. La società inizialmente ha respinto le dimissioni ma non c’è stato nulla da fare: Antonio aveva deciso di andare e se ne è andato.
Poi Siena. Conte è idolatrato, sta bene, è apprezzato da tutti, ma potrebbe chiamare la Juve e quindi tutto si ferma: “Mi auguro solo che la decisione sia presa a breve perché dobbiamo programmare la prossima stagione” ha spiegato Perinetti. “Il nostro presidente è riconoscente a Conte ed è disponibile a fargli vivere il suo sogno. Ma spero che la soluzione arrivi nei primissimi giorni della prossima settimana”. Massimo Mezzaroma non è contento di privarsene ma… “Se Conte dovesse venire e dirmi che la Juve lo vuole? È un’idea che non mi piace, non vorrei che accadesse, ma se dovesse capitare è chiaro che dovremmo pensarci”.
Infine arriva alla Juve. Vi riporto il titolo de La Stampa il 30 maggio 2011: “JUVE, DA DOMANI COMANDA CONTE”. Significativo, nevvero? Poteva essere “La Juve ingaggia Conte” o “Agnelli chiama Conte”, invece si vuole rimarcare l’aspetto di leadership dell’ormai ex allenatore bianconero.
Andiamo un attimo oltre le opinioni e vediamo alcuni numeri della carriera di Conte: 5 panchine hanno visto 1 esonero e 3 dimissioni, con 4 rescissioni consensuali (all’appello manca solo l’Arezzo, ma se anche lì avesse avuto un contratto di due anni, avremmo 5 rescissioni consensuali su 5).
Com’è fatto Conte lo sappiamo: è un leader, comanda, pretende, decide, controlla, si assume responsabilità, poco incline al compromesso, urla, carica, è focoso e a quanto pare anche volubile. Queste sue caratteristiche, che ne fanno un vincente per natura, possono però diventare un problema quando devi interfacciarti con altre persone che gestiscono le leve del potere e che ti servono per avere successo. Perché in nessuna società potrà mai avere il controllo di tutto, neanche sulla panchina dei “giocattoli” degli sceicchi arabi. Se Antonio pensa che quelli spendano un sacco di soldi senza metterci becco, affinché lui possa divertirsi, mi sa che proverà altre feroci delusioni… Con un carattere così, se non sei l’unico maschio alfa del gruppo, presto o tardi i nodi vengono al pettine.
Ora, in questi giorni tutti hanno proposto la loro sui motivi che hanno portato a questa separazione; dopo le suddette premesse, io vi propongo il mio, che ho trovato in fondo a questa breve storiella.
Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda”. La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi”! “E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione. “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei”! La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso ed insieme entrarono in acqua. A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Non ho potuto farne a meno, io sono uno scorpione, sono fatto così”.
Prima di bollare questa storiella come una baggianata, vi segnalo che il concetto sotteso è spesso applicato ad analisi storiche sugli aspetti “oscuri” del comportamento umano; ma senza andare tanto lontano, credo che ciascuno di noi possa riscontrarne degli esempi concreti nel proprio vissuto quotidiano.
Pertanto, possiamo discutere all’infinito sulle circostanze che hanno portato 4 volte su 5 (o 5 su 5?) Antonio Conte a rescindere il contratto che lo legava alle rispettive società; vi invito solo a considerare che accade spesso che qualcuno si comporti in modo incomprensibile, senza alcuna apparentemente identificabile ragione, semplicemente perché “quella è la sua natura”.
Ecco, probabilmente Antonio Conte “è fatto così”.
Adesso ho trovato le regole… il quarto si gioca allo Stadium per sorteggio, perché a ogni squadra a inizio torneo viene assegnato un numero e chi ha il più basso gioca in casa (la Juve ha il 4, il Milan il 5). Resta una formula cervellotica, non vedo perché non si possa giocare la partita secca in campo neutro.