Quando la storia si abbatte su di noi, testimoni minuscoli, con la forza iconoclasta di una rimonta che mai si era vista, almeno su questo pianeta, non resta che prenderne atto e alzarsi in piedi. Barcellona sei, Paris Saint-Germain uno. Rovesciato e polverizzato lo zero a quattro dell’andata, sul quale era stata posta la lapide della fine di un ciclo o, più semplicemente, di una fine.
Che poi il destino si sia servito, non già di omeriche giocate, ma di un autogollonzo e di un paio di tiepidi rigorini, è un discorso che non intacca la mostruosità dell’impresa. Piano piano, i principi del Parco sono diventati le maschere del Camp Nou, comiche in difesa, pallide in mezzo (Verratti, Rabiot) e con un Cavani troppo solo e comunque – lui, sì – autore in cerca di qualcosa, di qualcuno, non come gli altri, tutti a caccia di un segno, prigionieri di un sogno che li aveva ingessati.
Non ho visto il miglior Messi. Ho visto il miglior Neymar. Ho visto il collo livido del Paris, rovesciato su se stesso, e il cappio che Iniesta, Busquets e Rakitic gli avevano teso, senza soffocarlo. Poi, dall’88’ al 95’, l’inizio della fine del mondo: punizione di Neymar, penalty di Neymar, rasoiata di Sergi Roberto, all’ultimo giro dell’ultima roulette.
Unai Emery dovrà spiegarci l’esclusione di Di Maria. E Di Maria, lo sgorbio balistico sul 3-1. Di Luis Enrique, in compenso, ricordo il suo outing: a fine stagione lascio. In Italia ci saremmo masturbati mentalmente (non poteva aspettare, e adesso come reagirà la squadra?). Ma va a ciapà i ratt, dicono a Milano.
«Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo», scrisse Pier Paolo Pasolini detto «Stukas» per come «bombardava» di finte i terzini. «Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro». E non era a Barcellona.
Ezio, davanti ad uno stipendio da X milioni di €, chiunque di noi, non si porrebbe minimamente il problema della squadra per cui si fa/faceva il tifo.
x Salvadore…Io ho visto tutta la partita e credimi na noia pazzesca tranne quegli ultimi minuti…Ho visto il Barca ed il PSG….ho visto l’arbitro..le sceneggiate e la “sudditanza”…poi ho visto i soldi degli “arabi”…poi mi sono ricordato del valore finto di certi giocatori e dell’abilità dei “procuratori” nel propagandare i propri assistiti..Mi tengo forte la juve con tutti i suoi difetti e da quelle due squadre tirerei i soli Cavani e Neymar…tutto il resto “munnizza” o quasi…Mi spiace anche per Messi! Sia all’andata che al ritorno non ha combinato granchè ne ci ha fatto vedere lampi di bel gioco…secondo me è colpa della barba che si è fatto crescere….inguardabile…con buona pace per chi lo definito un fuoriclasse e non, per come la vedo io, solamente un campione…Ha appena 28 o 29 anni e se non si riprende mi sa tanto che ha imboccato la via di un lento declino! Salvo, solo opinioni mie personali…Altra opinione: lasciamo perdere verratti al suo destino..non ci serve, non è un trascinatore! E’ quasi sempre infortunato ed ha pretese che solo il suo procuratore gli può suggerisce..il pizzaiolo insegna….leo
Capra prima di rientrare nell’ovile ricordati che: Tutti nasciamo spontaneamente virtuosi, intelligenti liberali e juventini. Taluni, poi, crescendo si corrompono e diventano imbecilli, interisti o milanisti o anche capre.
Ho appena rivisto i goal del Barca e devo dire che sono rimasto sconcertato dalla pochezza difensiva del PSG che ha sulla coscienza almeno quattro dei sei gol subiti rigori compresi.
Mi è sembrato di rivedere uno dei film di Ridolini.
Nemmeno il Lugano allenato dal boscemo Zeman avrebbe subito sta valanga di gol, soprattutto gli ultimi tre quando a due minuti dalla fine sei in vantaggio di tre, dicasi tre, goal.
mike, non è il fatto che fosse Juventino…. è questa frase “Spero tu possa capire che ora bisogna da mettere da parte i sentimenti e far triplicare questi stipendi.”
sempre ammesso che sia tutto vero…
Il problema e’ che poi, crescendo, questi bambini si trasformino in deficienti come lei.
P.S. che fosse/sia juventino, onestamente, frega meno di nulla.
La stragrande maggioranza dei bambini lo è
Cioè, una semi nullità , di 22 anni, avrebbe già scritto una biografia?
Oh my god
magari è una bufala di facebook, ma se è vera…..
Era maggio, mi trovavo a Roma per festeggiare i 35 anni di matrimonio zio Claudio e zia Sofia.
A me non me ne fregava nulla: il destino decise che dovevo saltare la più grande gufata della mia vita da piccolo tifoso Juventino per colpa di due vecchi che a Natale mi regalarono la maglia di Vieri, pensando fossi interista.
Arrivammo al mattino nella Capitale, chiesi a papà di comprarmi una miniradio e mi accontentò: nel ristorante non c’era una TV e sarei impazzito.
Durante tutta la mattinata provai a convincerlo facendo finta di stare male, per provare a vederla a casa di zio, che ci ospitava, ma non volle saper ragioni.
Mangiammo, eravamo ancora agli antipasti dentro al ristorante quando nonno Enrico mi disse “Ehi Robbè, ho un regalo per te”. Tiro fuori due biglietti, erano per la partita delle 15.
“Daje manca un’ora, annamose che me stanno sudando li cojoni a sta qua a fare foto co gente che manco me chiama ‘na volta pe sapere come sto”.
Non ci volevo credere.
Non salutai nemmeno gli zii, fregava nulla, scappammo con la scusa del dover respirare un po’ d’arietta fresca che non c’era.
Io gobbo sfegatato, lui ancor di più.
Ecco, in quel momento, io ero il bimbo più felice del mondo.
Potevo gufarli dal vivo.
Ero malato di Juve e Del Piero, ma sapevo che quel giorno noi non potevamo decidere nulla.
Arrivammo allo stadio e le bandiere nerazzurre e quelle biancocelesti sventolavano assieme unite in un pomeriggio che doveva essere di festa che a me repelleva alla vista.
Nonno mi diede una sciarpa della Lazio e nascose quella bianconera che volevo tenere sotto la maglietta.
Ricordo solo che urlai come un matto fino a piangere al goal del 4-2 e fu costretto a portarmi via.
Piansi perchè non potei finire di vedere la partita. Era un mix di rabbia e gioia, non saprei neanche spiegare la sensazione, ma lui mi mise le mani sul viso e mi sussurrò “Te capisco robbè. Però devi sta’ calmo. Abbiamo vinto noi due oggi. L’abbiamo gufata forte. Famme ‘n favore però: se da grande dovessi diventà forte, te prego, nun c’anna da sti milanesi der cazzo. Dappertutto, aaa Roma, ar Cajari, ma nun anna all’Inter.” Io annuì e lo abbracciai.
Scusa nonno.
Ho voluto dedicare questo pezzo solo per te.
Spero tu possa capire che ora bisogna da mettere da parte i sentimenti e far triplicare questi stipendi.
Scusa ancora nonno.
Ti voglio bene”
- Roberto Gagliardini, prefazione della sua autobiografia “Roberto, numero 5 grazie”