La Roma ha rimontato e sculacciato la Juventus e così, nel sacco, in attesa dei gatti (quanti?), sono rimasti l’incenso, le iperboli (Buffon da pallone d’oro: non stasera), i titoli.
Sarebbe bastato un pareggio. Il palo di Asamoah e il gol di Lemina (su ricamo Sturaro-Higuain) sembravano uno schiocco di dita al cameriere: champagne, prego. Invece no. La Roma non si è smontata, la Juventus si è montata: almeno un po’.
Il turnover e Dybala in panca non mi sono sembrati uno scandalo. Dal 22 gennaio, e con l’infortunio di Pjaca, gli attaccanti sono contati e sempre sotto pressione. Privo di Dzeko, e con Nainggolan incerottato, Spalletti ha spremuto il massimo da un atteggiamento più aggressivo e dagli episodi (gol di De Rossi in mischia, destro a giro di El Sharaawy, randellata di Nainggolan dopo uno-due, splendido, con Salah).
Che botte, il 5-0 del Napoli e la partenza ad handicap. La Roma dell’ultimo derby ne avrebbe pagato il fio. Non questa. Blinda il secondo posto e si porta a meno quattro. Mancano due giornate. Spalletti non aveva distrazioni, Allegri sì. Tante: la finale di Coppa Italia con la Lazio, mercoledì; la «bella» con il Real a Cardiff. E lo scudetto? Urgono tre punti fra il Crotone allo Stadium, domenica, e Bologna. Il diario di bordo racconta di due punti in tre partite. Dice anche del glorioso cammino in Champions, ma il calendario preme.
Il duello Rudiger-Mandzukic è stato titanico, armadio contro armadio. Roma e Juventus si sono alternate spesso al centro del ring, alla fine ha prevalso il realismo spallettiano, capace di ridurre i rischi in difesa e stappare addirittura una tripletta.
Dall’abbraccio fra Totti e Del Piero alla mancia concessa a Francesco mi sono passati davanti vent’anni di calcio. Potrò sempre dire, nel mio piccolo: io c’ero.
La Coppa Italia c’è chi la vince, è chi la desidera…la Sogna!
In attesa di poter urlare campioni D’Italia, la Juventus vince la Coppa Italia 2017. Trionfano loro, sempre loro: come nel 2015 e nel 2016, per la terza volta di fila. Allegri e i suoi ragazzi riscrivono la storia di un torneo che portava già il marchio bianconero nell’albo d’oro: le vittorie sono 12, meglio di chiunque altro, ma la tripletta di successi consecutivi sono un record assoluto. All’Olimpico, contro la Lazio finisce 2-0: la prima casella di una stagione che può diventare leggendaria si è riempita in 45 minuti: decidono i gol di Dani Alves al 12’ e Bonucci al 25’.
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Perché ha vinto la Juve? Perché se hai due tra i più forti terzini al mondo, se non i più forti, puoi permetterti anche di azzannare una finale da grandissima anche se non hai a disposizione i titolarissimi della mediana. Il gol dell’1-0 nasce così, un ventaglio perfetto da Alex Sandro a Dani Alves, con l’ex Barça ancora implacabile: gol al volo, meno bello ma più pesante di quello al Monaco. Al brasiliano, due gol in campionato e altri due in Champions, mancava un sigillo anche in Coppa Italia: eccovi serviti. E non è casuale che proprio in questa fase della stagione, con Barzagli a coprirgli le spalle e Cuadrado ad aspettare in panchina, Alves sia diventato incontenibile: altra mossa azzeccata da Allegri. Alex Sandro pennella e “macchia” pure, quando serve, come quel pallone toccato appena il giusto per mandarlo dalle parti di Bonucci (senza maglie blu tra i piedi: dov’erano?) per il 2-0. I terzini spaccano, ma nel mezzo del primo tempo c’è una Juve che torna dominatrice assoluta come ci ha abituato a vederla in Italia: tra i due gol della banda Allegri è una pioggia di palle gol bianconere, che solo l’istinto di Strakosha riescono a neutralizzare. Qualità mostruosa e fisicità debordante, più spinta sulle fasce: la notte bianconera si illumina, la Lazio dovrebbe provare a rimontare ma finisce per abbassarsi senza trovare spunti e tempi giusti per ripartire.
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Alla vigilia, capitan Biglia aveva parlato di approccio da non fallire: l’intonazione all’orchestra di Inzaghi prova a darla subito il primo violino Keita col palo che grazia Neto al 6’ (il passante sulla sinistra di Milinkovic è da applausi, il tocco di Barzagli che sporca il tiro è provvidenziale), ma è nei minuti successivi che la Lazio stecca. La bandiera bianca alzata da Parolo dopo 20’ è un brutto colpo per un centrocampo che perde qualità, il cambio con Radu è la toppa per provare ad arginare Dani Alves ma serve a poco in fase di costruzione. Lo stesso Biglia, proprio lui che di finali ne ha perse fin troppe e dovrebbe avere il diavolo in corpo, manca di idee e di coraggio: quando De Vrij prova a dare la scossa da difensore-play, è più efficace di lui. I cambi giusti, Inzaghi li fa nella ripresa e sembra già tardissimo, dopo così tanta supremazia juventina. Felipe Anderson e Luis Alberto spaventano la curva bianconera, ma nel frattempo Dybala e compagni hanno preso in mano il telecomando del match, alzano e abbassano il volume quando vogliono loro. Lo rimettono su, più forte che mai, quando il primo trofeo è ufficialmente conquistato, e all’Olimpico si sente solo un coro: “Ce ne andiamo a Cardiff!”
La Coppa Italia, torna nel suo Habitat Naturale
Alemichel, quello nel quale, fortunatamente, non abbiamo preso gol ma nel quale abbiamo lasciato un paio di grosse opportunità alla Lazio ed un altra manciata di mezze opportunità con tiri dal limite dell’area che non ci hanno punito. Cose viste a Kabùl e all’Olimpico domenica sera.
Quel secondo tempo nel quale siamo ripartiti troppo poco frequentemente, sprecando comunque anche noi un paio di gol quasi fatti (do you remember the derby?), con un rientro dall’intervallo molto soporifero.
Tutte cose che, personalmente, proietto al 3 giugno e che mi auguro di non vedere, perchè le merengues stanno molto bene fisicamente e, con tutto che vi fate le pippette con i nostri grandi talenti, la vittoria di Cardiff passerà solamente per la BBC e per una maniacale concentrazione totale, che pure quella va allenata.
‘zzo davvero? Si può togliere l’audio??