Sono sempre restio a scrivere in questo periodo, visto che gli scudetti d’agosto non mi eccitano, ma Allegri aveva intitolato l’ordalia alla rabbia e alla squadra di Cardiff (senza Bonucci e Dani Alves, ça va sans dire) e allora, non sia mai.
Con Felipe Anderson in panchina e Keita in tribuna, addirittura, la Lazio di Inzaghino si è presa, con pieno merito, la Supercoppa e, per questo, sarebbe pericoloso ridurre l’analisi alla lotteria dell’ultimo quarto d’ora, doppietta di Dybala (punizione, rigore), aggancio, sorpasso finale e fatale di Murgia, un ragazzo del ‘96.
La Juventus? Cinque minuti, una straparata di Strakosha su Cuadrado e poi il buio oltre la siepe. Solo il torello della Lazio, il suo centrocampo folto e corto, la verve di Luis Alberto, il mestiere di Lucas Leiva, il tremendismo di Immobile.
Avanti pure. Tre stopper per una punta, i reparti staccati, Pjanic basso e accerchiato, tanto per disarmarne i lanci alla Bonucci, e ogni palla persa, un contropiede. Come l’azione che, da un errore di Cuadrado, ha portato al rigore di Immobile. Mandzukic e Higuain non pervenuti, Caudrado e Khedira rosolati, Dybala grigio (salvo nei titoli di coda).
Una squadra contro qualcosa di vago, come spesso succede ad agosto, quando il mercato sembra la soluzione di ogni problema, e i procuratori ancora più importanti degli allenatori. Le migrazioni sincronizzate della Lazio avevano manomesso il centrocampo juventino, già svaligiato dal Real. Il raddoppio era nell’aria e dall’aria è arrivato. Immobile, ancora lui. L’hanno poi scolpito i cambi, il risultato: nel bene (Lukaku, Murgia), nella scossa (Douglas Costa), nel male (Marusic, De Sciglio). Con la Lazio, il 22 gennaio, era nata la Juventus a «cinque stelle». Non dico che il 13 agosto, sempre con la Lazio, sia morta, ma insomma, ne riparleremo. E non è detto che Allegri non debba ringraziare proprio il gol di Murgia. Meglio nudi in estate che alla meta.
Francesco, mi scuso per aver cliccato invia, per sbaglio. Avevo appena cominciato il post, e’ mi sono dovuto assentare d’urgenza. Nella fretta ho fatto il patatrac.
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Scritto da Quartieri Spagnoli il 18 agosto 2017 alle ore 12:23
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Ciao Francesco, se hai 12 minuti di tempo, guarda questo video, trovato sulla mia fonte primaria: facebook.
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https://www.facebook.com/vbchannelhd/videos/vb.100942413812615/162830820957107/?type=2&theater
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Poi SE hai altro tempo libero, ti invito a leggere questo articolo, che io ritengo molto esauriente.
https://wemadehi5tory.wordpress.com/2017/07/27/bilancio-for-dummies/
Questa e un MUST! Cosa pensi, e un invito o ti ricorda qualcosa?
https://www.youtube.com/watch?v=Ypjba5PIpDI
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Fino alla fine.
E’ chiaro come il sole che quando arrivi lungo e ti serve un giocatore, il coltello dalla parte del manico ce l’ha chi sta dall’altra parte e lo vende. A meno che dall’altra parte non ci sia Peppino.
#LibroCuore
Detto questo, oggi si incomincia!
Buon campionato a tutti e……………………….fino alla fine!
Scritto da Quartieri Spagnoli il 18 agosto 2017 alle ore 12:23
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Ciao Ciccio, questo video di 12 minuti, trovato sulla mia fonte primaria: facebook.
https://www.facebook.com/vbchannelhd/videos/vb.100942413812615/162830820957107/?type=2&theater
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X gli amici. Copio incollo da Facebook
JUVENTUS E MALCONTENTO, COSTUME DI POCHI!
7 anni 12 Trofei: “6-Scudetti – 3-Coppa Italia – 3-Super Coppa italiana”!
Il valore morale dei quei pochi? Le loro miserie nella vita. Dio perdonali, perche’ non sanno!
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SE SOLO SAPESSERO…
Anno 2014.Fabio Paratici
Intervenuto in giornata all’Università Cattolica del Sacro Cuore a Piacenza, il direttore sportivo della Juventus Fabio Paratici ha affrontato diversi temi nell’evento “Da calciatore a Direttore Sportivo: la testimonianza di una carriera d’eccezione”, a margine del Career Day. TuttoJuve.com era presente alla “lezione” e ha raccolto le parole del dirigente bianconero:
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“Sono contento di tornare in questa Università, dove mi sono iscritto proprio nel suo primo anno di vita, ovvero nel 1991. Iniziai facendo Economia per due anni, con scarsi risultati. Poi passai a Scienze Politiche, ma non conclusi nemmeno qui. Per cui dico ai ragazzi: non seguite in tal senso il mio esempio (ride ndr.)
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La mia carriera da calciatore è cominciata molto presto: a 12 anni giocavo nella Borgonevese, e a vedermi c’erano il signor Fortunato e Gianni Rubini, uomini del Piacenza Calcio. Giocavo contro il San Nicolò, di là c’era un certo Filippo Inzaghi. Presero entrambi, il bello è che le relazioni migliori erano quelle su di me! Su di me c’erano grandi aspettative, ma ognuno ha ciò che si merita nella carriera. E’ vero che ho avuto infortuni, ma sono cose che con la forza e la determinazione si superano. Non ho rimpianti, forse potevo fare un pochino meglio, ma penso sempre che se uno lavora bene ottiene i risultati.
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Il mio rapporto con Inzaghi? Siamo amici sin da bambini, le nostre famiglie si conoscono da tempo. Dormivamo uno a casa dell’altro da piccoli, abbiamo fatto diverse vacanze insieme. E’ un rapporto che va al di fuori dal campo proprio, un’amicizia che dura da sempre direi.
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Gli allenamenti di Conte? Diciamo che sono abbastanza tosti, per usare un eufemismo… I giocatori lavorano molto, e se non svolgi una vita regolare non rendi. E’ un messaggio che deve passare: l’allenamento non è solo fare due tiri e via e fai vedere che sei bravo, l’allenamento è un concentrato di tante cose. La famiglia e l’ambiente che circonda un calciatore sono fattori importanti, possono dare una tranquillità che non si possono misurare.
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Questi sono lavori totalizzanti, se non hai gente a fianco che non capisce i tuoi tempi e le tue assenze diventa dura. Io dico sempre una cosa quando vado a comprare un calciatore, lo dico sempre a mia moglie: è meglio vederlo tre volte in meno sul campo passando poi una serata a cena con lui, sua moglie e il suo entourage.
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Molti giocatori non sono subito campioni, sono persone in sviluppo e da migliorare sotto certi aspetti. Conta molto vedere chi gli sta attorno. Se uno viene dal Sudamerica viene da un contesto diverso, quando arriva in Europa può pagare il salto. L’ambientamento è molto importante, con la pressione mediatica attuale non c’è più tempo d’attesa. Ci sono tanti aspetti da valutare: pretendere subito da chi arriva da mondi lontani è sbagliato. Chiaro che il pubblico non si fa questi problemi, ma sono importanti.
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Il calcio per me è una passione, grandissima. Quando ho cominciato a capire che a 27-28 anni la mia carriera proseguiva a strappi, ho pensato a crearmi un dopo calcio nello stesso ambiente. Ho sempre amato viaggiare e conoscere altra gente. Volevo diventare un esperto di calcio internazionale, una figura che non era ancora diffusa all’epoca. Ho cominciato a vedere un sacco di partite estere già mentre giocavo.
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Cosa fa il direttore sportivo della Juve? E’ complicato. Siamo quotati in Borsa, il che è uno step successivo a una società classica calcistica. Il direttore sportivo è responsabile dell’area tecnica, sovraintende al settore giovanile, gli osservatori, e noi ne abbiamo uno per l’Italia e uno per l’estero, e infine la gestione nel rapporto quotidiano con squadra e allenatore. Quest’ultimo è il lavoro impegnativo, visto che devi interfacciarti con squadra, allenatore, medici, fisioterapisti e magazzinieri.
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E’ un lavoro più complesso rispetto all’immaginario collettivo. Ci sono momenti da valutare: quando un giocatore viene criticato e mostra un umore basso devi cercare di intervenire in modo che non ne risenta. Ci sono giocatori che hanno difficoltà ad approcciare all’ambiente Juve, che è un altro sport rispetto ad altri club avendolo vissuto sulla pelle, e il responsabile alla comunicazione chiede che ci interfacciamo con il calciatore in questione. Ci vuole molta attenzione, spesso mi chiamano e io rispondo al telefono “chiamatemi dopo che ora c’è l’allenamento”. Giustamente penseranno che io sia un esaurito (ride ndr.), in realtà anche da questi dettagli vedi come sta il giocatore e come lavora.
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Il calcio di oggi è molto veloce: dopo 5-6 buone partite un giocatore può chiedere il rinnovo, mentre dieci anni fa qualcosa del genere avveniva dopo tre stagioni a buon livello. La fortuna di chi fa carriera in questo campo sono i collaboratori. Sono fortunato ad averne validi. Alla Sampdoria dovevo fare tutto da solo.
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La tecnologia, poi, ti aiuta: anni fa era impensabile vedere un giocatore colombiano in video, ora invece puoi vederlo da casa. Prima dovevi fare mille viaggi per prendere giocatori del genere. Negli acquisti sono la fine di un processo: prima ci sono gli osservatori, poi tanti confronti. Ho la fortuna di parlare ogni giorno con Pavel Nedved e discutere di questo. Abbiamo un allenatore molto partecipe nelle scelte e Beppe Marotta che ha grande esperienza in questo campo.
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Pirlo? Era a scadenza di contratto con il Milan. Incontrammo il suo agente, senza crederci tanto. Ci disse che era a scadenza, io non ci credevo realmente. Invece intavolammo la trattativa, con qualche timore visto che veniva da un’annata con infortuni importanti. Lui gioca sempre 50-55 partite annue, quell’anno invece aveva giocato molto meno. Facemmo le nostre verifiche e poi ci è andata bene.
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Quando compriamo un giocatore noi prendiamo tutte le informazioni possibili, anche dove ha disputato le giovanili. A quel punto stiliamo una linea retta e crediamo in quello che facciamo, nel nostro investimento e nella nostra decisione. Forse non vedi subito i risultati, però quando prendi una decisione in un giocatore ci devi credere fino in fondo.
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Un esempio in tal senso è quello di Bonucci, un giocatore famoso e della Nazionale. Il primo anno fu massacrato e criticato, assieme a me. Non abbiamo smesso di credere in Bonucci: l’avessimo venduto non avrebbe vinto quanto vinto e magari giocherebbe in Nazionale con un altro club.
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L’acquisto di Bonucci è stata l’operazione più complicata da quando sono qui. Lui era in comproprietà tra Genoa e Bari: dovevamo parlare con i due club e con il giocatore. Per arrivare al suo acquisto abbiamo ceduto la nostra comproprietà di Criscito ai rossoblù, e Almiron al Bari, il quale aveva un ingaggio pesante e difficilmente vendibile.
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Bonucci non è costato alla fine 15,5 milioni, ma poco più di 4 milioni. E’ un esempio di come si possono incastrare le cose e gestire i giocatori. Bravo il giocatore e brava la società nel sostenerlo.
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Nel momento attuale, vista l’economia attuale, è sicuramente più difficile vendere che comprare. Quando acquisti hai su alcuni giocatori l’adrenalina e l’entusiasmo che ci sono momenti in cui faresti di tutto: così è successo per Tevez. La cessione risulta invece più una soddisfazione lavorativa.
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Acquisti flop? Sono i colpi che ricordi di più. Non dico mai di aver preso Pogba, ma di aver preso Martinez. Ero convinto fosse un grande giocatore. Quando mi chiedono se lo riprenderei io dico che va contestualizzato il momento, a cosa il mercato ti offre.
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Sono tutt’ora convinto fosse un ottimo acquisto. Le cose che sbagli ti insegnano tanto, perchè alla fine ci stai male e leggi sui giornali che sei un coglione. Non è bellissimo (ride ndr.)…. Però impari da queste cose. Martinez veniva da tre anni buoni al Catania, 30 partite e 10 gol ogni anno.
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Elia? Lo prendemmo nel 2011. Un anno prima giocò la finale dei Mondiali a 22 anni. Era un giocatore quotato, però quando vieni alla Juve fai un altro sport. Se non hai un carattere forte fatichi, poi arrivò il 30 di agosto. Prendere un giocatore a quel punto è come castrarlo: gli togli il ritiro pre stagione con tutti i benefici che porta.
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Vidal? Aveva un solo anno di contratto con il Leverkusen. Jupp Heynckes, allenatore del Leverkusen, passò al Bayern. Egli fu molto scorretto, dato che parlò con Vidal dicendogli che l’avrebbe portato subito in Baviera o di farlo andare in scadenza pur di portarselo dietro. Il Leverkusen ha scoperto questa cosa, e ha parlato con il giocatore dicendogli che sarebbe potuto andare ovunque tranne che al Bayern, anche restare al Leverkusen.
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Per un cileno la Germania non è proprio l’ideale, specie vivere in una città come Leverkusen. Lui non usciva mai di casa tranne che per gli allenamenti, non stava benissimo lì. Siamo arrivati noi, e l’Italia era una destinazione gradita. Fu molto bravo il suo agente che capì la situazione, e Vidal accettò.
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Lo scoprimmo in una gara di Europa League, Leverkusen-Villarreal, mentre seguivamo Giuseppe Rossi. Le cose succedono e devi essere bravo a capirle. Seguivamo Rossi, ma ci innamorammo di Vidal.
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Club esteri? E’ difficile competere con loro, hanno uno strapotere economico evidente. Abbiamo una fortuna: certe squadre non hanno la nostra tradizione. Questo conta nel convincere i giocatori. In Asia sanno chi è la Juventus, non so invece quanti riconoscono il Manchester City. Dove non arrivi con la parte economica devi arrivare con quella sportiva, culturale e della piazza.
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Sappiamo che in questo momento storico certi acquisti sono improponibili. Tevez, per esempio, poteva andare in altre grandi squadre guadagnando di più. Però i sudamericani preferiscono i paesi latini, non amano molto la Germania e l’Inghilterra.
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Berbatov? Il giocatore al penultimo giorno di mercato aveva preso un accordo con la Fiorentina. La mattina seguente se l’era dimenticato, diciamo così, e il suo agente chiamò dicendo che sarebbe andato al Fulham per questioni familiari e perchè c’era Martin Jol, suo ex allenatore, che l’aveva convinto.
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In quel momento ci intromettemmo nella trattativa, cercando di convincerlo con i nostri argomenti. Lui cambiò idea dicendo di essere convinto di venire alla Juve. Quando prese l’aereo lo richiamò Jol e cambiò nuovamente idea. Noi di colpe non ne abbiamo, tutto è nato solo perchè l’agente non avvisò la Fiorentina che aveva cambiato idea. Da qui è nato il disguido Juventus-Fiorentina. Finchè il giocatore non firma non puoi star sereno.
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Quando Tevez partì per arrivare a Torino doveva fare tre scali: tra voli e fuso orario doveva partire da San Paolo alle 4:15 del mattino. Io alle 4:20 ho messo la sveglia per chiamarlo e sentire se il suo telefono era staccato, perchè fin quando non hai il giocatore che firma devi pensare che devi stare attento.
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Guarin-Vucinic? Sembrava un’operazione buona per tutti. Poi sono sorte altre complicazioni, per cui fa parte delle cose che si possono intromettere. Il nostro grande dispiacere è per Vucinic. In pochi l’hanno sottolineato. Può piacere o meno, ma per noi è stato un giocatore importante. Vederlo trattato così è dispiaciuto.
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Pogba? Era già un giocatore conosciuto. Non è stata un’invenzione. Il Manchester United lo prelevò quindicenne con modi un po’ particolari dal Le Havre, ed era già molto dotato. Abbiamo controllato le scadenze contrattuali, in modo da inserirsi. Seguendolo e conoscendolo è arrivata questa proposta e l’abbiamo preso per fortuna. E’ un grande giocatore ed è una grande persona. Ha un futuro davanti a sè che nessuno di noi può immaginare. Lo conosco bene, non potete immaginare quanto grande sarà. Sono convinto di questo, non per il giocatore che è, ma per la testa che ha.
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Acquisti? Non penso mai che i soldi siano della Juventus, ma miei. E’ nella mia etica personale e professionale. Il fatto che siamo quotati in Borsa ci pone maggiore attenzione, abbiamo degli obblighi. Noi guardiamo al budget in generale e al tutto, non solo al risultato sportivo. Lo Scudetto è sì vincere il campionato, ma anche restare nel budget indicato. E’ un insieme di operazioni. Non ci cambia una singola cessione, ma un complesso di operazioni.
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Del Piero? Sono onorato di essere stato per due anni suo direttore sportivo. E’ un pezzo della storia della Juve, e lo rimarrà sempre. E’ stato molto importante per la Juve, ma la Juve è stata ancora più importante per Del Piero. Si sono prese determinate decisioni, non credo ci siano rimpianti da entrambe le parti che hanno ricevuto tanto. Non so se avrà un futuro in dirigenza, non è una cosa di mia conoscenza.
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Quando potremo fare grandi acquisti? Il calcio è pieno di episodi dove non solo i soldi determinano i risultati sportivi. I soldi contano per restare ad altissimo livello. Il nostro budget è già importante. Dipenderà dalla nostra bravura. Ci vorranno anche i ricavi, ovviamente, un numero di attività che porta a ciò. Non so quando succederà. Vincere è una strada per questo, dato che arrivano sponsor e visibilità grazie a questo.
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Europa? Non si può basare una stagione in termini di programmazione e giudizio su un torneo. Il piccolo fattore nella coppa incide, nel campionato no. Marotta riporta sempre una frase di Nereo Rocco: “Balon, palo, fora: te se un coion. Balon, palo, dentro: te se un campion”. Questo riassume il concetto della coppa.
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Abbiamo esperienze significative, già dal 2010 a Poznan quando giocammo a -15 in Europa League. Dovevamo vincere, il campo era totalmente innevato. C’erano scene pazzesche, non misero il riscaldamento nel campo che invece la sera prima era acceso.
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Quest’anno c’è stato l’evento di Istanbul. Il livello è talmente alto, l’equilibrio è sottile che questi fattori incidono. E’ difficile giudicare: l’Inter era praticamente fuori a Kiev, poi vinse il triplete. Il campionato lo vince sempre il migliore, la coppa è diversa
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Alessandro Vignati per tuttojuve.com – 8-5-2014 –
https://www.tuttomercatoweb.com/juventus/?action=read&idnet=dHV0dG9qdXZlLmNvbS0xODg3MTQ
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Marotta: “Ciclo alla fine? E’ finito con l’addio di Conte ma in sei anni abbiamo dimostrato di essere un modello vincente e vogliamo continuare ad esserlo. Non prendiamo giocatori che la piazza vuol farci comprare, il nostro organico è molto valido e andiamo avanti con questo.Ci sono ancora quindici giorni di mercato, è può succedere di tutto. Noi siamo tranquilli e consapevoli di avere una rosa competitiva per le manifestazioni a cui parteciperemo. In questi quindici giorni vediamo che può succedere ma niente di stravolgente.Emre Can e Rabiot sono giocatori il cui contratto scade nel 2018, come Keita, ma che giocano titolari nelle loro squadre senza alcun dramma. Noi abbiamo fatto un’offerta a Lotito che riteniamo congrua, lui è padrone di decidere le strategie in casa propria e noi ci siamo ritirati”.
Certo che il Bayern non potrà mai giocare un 4231 con tolisso e vidal centrocampisti.
O anche Marchisio tolisso se fosse venuto a Torino,
I-M-P-R-O-P-O-N-I-B-I-L-I.
Per fortuna noi si ha l’acciuga che evita questi sconci.
Lex ha pubblicato l’intervista del pdm.c’e'una cosa che non ho capito.douglas costa e’in condizione perche’leggerino oppure e’in ritardo perche’ha iniziato la prep dopo gli altri?
Ma giocava a tre, vero?
Nel frattempo in Bundesliga Tolisso ne ha già stampato uno dopo 20 minuti… ma v********o Marotta!
Il PSG voleva 30 milioni… ma Peppino si è impuntato, e che diamine.
Un anno e mezzo di negoziazioni, alla fine 20 + 10,5 = 30,5.
A lui non la si fa!
Certo che questa “clinica” sta assomogliando sempre piu’ ad un cabaret per nuovi comici di terz’ordine ,che purtroppo ripetono all’infinito le solite battute trite e ritrite . L’accanimento nel voler piegare ogni evento alla logica che Marotta e Paratici sono degli incompetenti , che Allegri e’ un ricottaro e che la famiglia Agnelli e’ imparentata con Shylock ,personalmente comincia a disgustarmi . Persino nella presa per il culo dei due deficienti masochisti (o e’ solo uno ?) mi viene da dire ….basta.Avete stufato.
Se un alieno dovesse leggervi per la prima volta ,faticherebbe a credere che questo sia un blog di tifosi di una squadra che ha vinto 6 scudetti di fila ,che ha fatto 2 finali di UCL in 3 anni e che ha triplicato il proprio fatturato negli ultimi 6.Ma forse sono io a confondermi ,questo non e’ un cabaret ma e’ veramente una clinica per malati…. di mente.