«Passata è la tempesta, odo augelli far festa (Tavecchio di sicuro)». Giacomo Leopardi non avrebbe mai immaginato che il suo canto sarebbe diventato l’inno dell’Italia albanese. Non solo qualificata ai playoff mondiali, ma addirittura teste di serie.
«Ecco il sereno, rompe là da ponente, alla montagna; sgombrasi la campagna»: il gol di Candreva, fin lì macchinoso, ha scongiurato una crisi istituzionale. Il ct ha riesumato, per l’occasione, il 4-2-4/4-4-2 che la Spagna aveva «scherzato» al Bernabeu. Non ho capito il patto fra gentiluomini sancito a Torino, dopo il macabro 1-1 con la Macedonia. Tutti i giocatori, senatori e giovani. Soltanto loro. Come se Ventura gentiluomo non fosse.
La partita di Scutari, sul piano del gioco, non aggiunge nulla. E’ stata una sfacchinata pazzesca, risolta quando l’Albania di Panucci si è un po’ aperta. «O natura cortese, son questi i doni tuoi, questi i diletti sono che tu porgi ai mortali. Uscir di pena è diletto fra noi». Dalla lotteria è volato, miracoloso, il biglietto di Candreva. E così il 17 ottobre, nell’ambito del sorteggione, ci aspettano al varco Grecia, Irlanda, Irlanda del Nord e Svezia. Occhio agli orfani di Ibra, soprattutto.
Sarà un novembre ancora più caldo dell’autunno che il calendario ci sta propinando. C’era tensione, in campo, e una paura che ingessava le idee e i piedi della coppia Gagliardini-Parolo, accerchiata dagli Sioux di Basha. Pochi brividi corsi, anche se non proprio pochi pochi, ma anche poche occasioni create. Se non altro, rispetto a venerdì, non siamo crollati nel secondo tempo.
Contava solo il risultato. Si dice così, per evitare il pelo e il contropelo alla prestazione. Da qui ai Mondiali ne mancano ancora due. Questa Italia non basta. Quella di novembre, con il recupero dei degenti, chissà. E allora, cari «augelli», piano con il dire «Sì dolce, sì gradita quand’è, com’or, la vita?».
Per Fabrizio,chi è il portiere del Pescara?E’ bravo?
Seguito a non capire perché uno che si chiamava FIEROBIANCONERO si firmi:Andreas Moeller!Non sarà più fiero d’esser quello che fu,quindi..gufo dichiarato oltreche’ farmacista fallito!Consolazione,misera,d’esser in buona compagnia(di gufi)!
Se quello del pescara non si puo’prendere potremmo andare su haldorsson,in fondo gioca con bijarnason che ha giocato nel pescara quindi e’buono di sicuro.
http://www.tuttosport.com/news/calcio/serie-a/juventus/2017/10/10-32112616/juventus_marotta_risponde_a_de_laurentiis_diritti_tv_scelta_ponderata/
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Chi ne capisce di più di economia?
ADL, vecchio volpone cinematografaro o il nostro valoroso?
La risposta non è difficile, anzi…
LOFFA LOFFE
LOVRE51
FLYNG DUCHTMAN
CARON DIMONIO
LORENZO LONGIN
travesta
frocio
evasore
col riporto
menagramo
non capisce un cazzo di football
è di pescara
ed è amico dei suini
Per quel che mi riguarda, rivendico il fatto di aver detto fin da subito che Neto, non era niente di che.
Anche per me, Coso, è ottimo.
Rispondendo ad Alex, spero in una storia simil Van Der Saar. Dopo un periodo buio, ha poi fatto annate straordinarie a Manchester
Invece il portiere del Pescara no?
Neto era buono fino alla cappellata di Napoli in coppa.Questo per i tifosi in diretta(live),quelli che ad ogni azione cambiano opinione(banderuole).Vediamo di non bruciare pure questo polacco ex romanista,a mio modo di vedere ottimo!!Fatto salvo per qualche paranoico di cui non faccio nome!Potendo scegliere mi prenderei l’ex atalantino che sta a Firenze.
I diritti della serie A per l’estero a IMG per 350 milioni.
Qualcuno si ricorda quanto incassano Premier e Liga, ma anche Bundes?
Copia e incolla da Facebook
MUSICA, MAESTRO
L’annuncio arriva dal suo attico a Chelsea, quartiere del borough di Manhattan, e non poteva essere altrimenti. Tra la David Zwirner Gallery e il Whitney Museum of American Art progettato da Renzo Piano, è un susseguirsi di musei e gallerie, nella zona artistica della New York lussuosa.
“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.”
Ernst Paul Klee
Andrea Pirlo è stato un artista. Parlo al passato, perché tra 3 mesi non lo vedremo più su un campo verde, neanche americano. Come un pittore, ha dipinto calcio; come un musicista, ha suonato melodie; come un fotografo, ha visualizzato l’attimo fuggente. È stato la rappresentazione calcistica del Carpe Diem.
Cogito ergo sum, disse Cartesio. Penso quindi gioco, replicò Pirlo.
“Quando gira lui, gira la squadra.”
Michel Platini
Sintetico come solo i grandissimi sanno essere, le Roi ha descritto bene l’importanza di Pirlo nell’economia di una squadra, ovvero di un giocatore che influenza i 10 compagni. Se spesso un team gioca per il proprio bomber, nel caso di Pirlo è lui a giocare per gli altri, dettando gioco, tempo e ritmi, come un vero direttore d’orchestra. È proprio su questa importanza che si basa un ritratto del lombardo curato dalla prestigiosa firma di Michael Cox, giornalista del Guardian e di Espn: “È lui il miglior giocatore della sua generazione? Non proprio, ma è il più importante.”
“Lui è fantastico. Ha una superiore visione di gioco e con un colpo mette la palla dove vuole. Il calcio si gioca con la testa. Se non hai la testa, le gambe da sole non bastano.”
Hendrik Johannes “Johan” Cruijff
Se alla sintesi del 10 francese aggiungi gli elaborati apprezzamenti del 14 olandese, sempre avaro di elogi dall’alto della sua superiorità, significa che di comune hai niente. Inutile dire che il Profeta del gol avesse ragione: Pirlo metteva la palla dove e quando voleva. I suoi lanci per gli attaccanti apparivano figli di un goniometro, le sue maledette raramente sbagliavano bersaglio.
“Pirlo è un leader silenzioso, parla con i piedi.”
Marcello Lippi
Apparentemente timido ma fortemente autoritario, si può essere leader anche senza la garra di Vidal o la ferocia di Tevez. Leader si nasce, e Pirlo lo nacque. Senza bisogno di doverlo spiegare, per lui parlavano i piedi e come lui utilizzava l’infinito talento donatogli da Madre Natura. In Germania, più del gol al Ghana, più del rigore in finale, l’assist a Grosso: nel momento più concitato, caotico e confusionario del Mondiale, al 119º, in un catino bollente ove i tedeschi non avevano mai perso, al 21 arriva una palla al limite dopo un calcio d’angolo (che Pirlo aveva guadagnato mediante un tiro dalla distanza). Non la butta in mezzo, non tira, ovvero non fa quello che i 6 miliardi di persone al suo posto avrebbero fatto. Corre orizzontalmente, fermando il tempo, prima di scorgere, mastermird, in mezzo ai rivali, una linea di passaggio per Grosso. Il resto è storia.
“Allegri non mi voleva, il Milan mi ha sottovalutato. Quando mi sposto lo faccio per vincere.”
Dopo aver formato con Gattuso il centrocampo ideale, con il confronto degli opposti che ha qui raggiunto l’apice, e aiutato il Milan di Berlusconi e Ancelotti a vincere e rivincere tutto, Pirlo dà involontariamente inizio alla fine dei rossoneri. Allegri lo relega mezzala preferendogli Van Bommel, Galliani appoggia il tecnico, una Juve all’epoca allo sbando fiuta l’occasione.
“Conte è un grandissimo allenatore. Io ne ho avuti tanti, ma nessuno così meticoloso nel lavoro e bravo a spiegare le cose. Dal punto di vista tattico e didattico è perfino più bravo di Ancelotti e Lippi, che pure hanno tante qualità. Ma Antonio è un talento della panchina, una sua lezione di 20 minuti al video vale 3 allenamenti.”
Conte prende Pirlo come Papa Giulio II prese Michelangelo: lo mette al centro del mondo, gli fa dipingere la Cappella Sistina. Il Mister parte da un presupposto – la palla la devono avere i più forti – e i più forti tornammo ad essere noi. Pirlo è colui che realizza la tesi, rendendo possibile il presupposto contiano. Il binomio Antonio-Andrea pianifica ed esegue la più grande Rivoluzione calcistica in Italia dai tempi di Sacchi. Una squadra di sbandati, grazie alla garra del Worked One e alla direzione di Mozart, diventa in 2-3 mesi la più bella Juve di sempre, un rullo compressore che travolge ciò che resta dell’Inter del Triplete e soprattutto il Milan di Ibra, Silva e tanti altri giocatori di livello. La presenza di Pirlo invita la difesa juventina ad iniziare il gioco palla a terra, regala a Marchisio le 2 stagioni più importanti della sua carriera, esalta gli inserimenti di Vidal e Pogba. È un giovamento totale.
“A Bardonecchia durante una partitella mi disse di dargli il pallone anche se si trovava in mezzo a due avversari. Io gli risposi che non volevo metterlo in difficoltà, lui replicò che non dovevo preoccuparmi. Giocando mi resi conto che potevo passargli il pallone anche in mezzo a cinque avversari, e non l’avrebbe mai perso. Questo mi ha impressionato.”
Stephan Lichtsteiner
Palla a Pirlo, palla in banca. Se un motto può racchiudere un decennio di un giocatore unico, questa frase ultra utilizzata è ideale. Consegnare il pallone e quindi il gioco all’ex trequartista diventato regista grazie a Sor Carletto Mazzone era un’investimento sicuro. A buon rendere.
“È sempre divertente vedere gli sforzi che fanno le altre squadre per cercare di fermarlo, e come lui distrugga tutti i loro piani in un secondo.”
Gianluigi Buffon
Se palla a Pirlo fu lo slogan di Milan, Juve e Nazionale (non dell’Inter, che stranamente lo svendette), a uomo su Pirlo era un ordine perentorio da parte del tecnico avversario. Come se un umano potesse fermare un genio. Nonostante avesse un bodyguard in ogni gara, sono tante le perle di Pirlo che ricorderemo in eterno: su tutte, la punizione al Napoli e l’aver centrato l’unico pertugio spazio-temporale nell’ultimo istante di un derby della Mole.
“Quando uno scrittore diventa un classico non c’è più bisogno di leggerlo: basta citarlo.”
Roberto Gervaso
Giocatore anni ‘80, astruso al calcio tutto corsa e muscoli del 3º millennio, elegante, leggero e leggiadro, Pirlo è stato un calciatore fuori e oltre tempo, rispettato dai tifosi di Juve, Milan ed Inter pur avendo giocato per le 3 squadre più importanti d’Italia. Come Federer nel tennis e Contador nel ciclismo, è l’ultima primavera di un determinato modo di fare sport, nel caso di Pirlo il regista, in via di estinzione.
Barba folta, capelli lunghi, giacca doppio petto in pied de poule, camicia di jeans. Sguardo apparentemente perso nel nulla, occhi in realtà concentratissimi, aplomb inglese. Sembra un personaggio letterario, uscito da un film di Sergio Leone o da un romanzo di Sir Arthur Conan Doyle. Un modus vivendi senza tempo e fuori dal suo di tempo, che risulterebbe credibile nel vecchio Western o nella Londra Vittoriana, che nel look potrebbe richiamare John Lennon ma che è nato in Italia, per giocare a calcio in modo unico.
Romantico, antico, classico.