Giunge, da una New York ancora ferita, la notizia dell’ultima partita di Andrea Pirlo. Lascia, il Maestro, a 38 anni, dopo aver vinto tutto e «spiegato» – lui che poteva – come bisogna giocare per vincere tutto. Con quella barba un po’ così e lo sguardo profondo com’è profondo il mare, è stato un fuoriclasse che i silenzi nascosero per lungo tempo alla pigrizia di noi spacciatori di iperboli. Ci pensò Johan Cruijff a buttarci giù dall’ovvio.
Dal 1995 al 2017, Brescia, un po’ di Inter, un po’ di Reggina, ancora Inter, ancora Brescia, tanto Milan, tanta Juventus, fino al New York City. E’ stato campione del Mondo con Marcello Lippi, vice campione d’Europa con Cesare Prandelli, campione d’Europa under 21 con Marco Tardelli. Ha vinto sei scudetti (2 con il Milan, 4 con la Juventus), 2 Champions e 1 Mondiale per club con il Milan. Oltre a una pila di coppette varie.
Mezzala, trequartista, perno basso bel rombo, regista. Ha attraversato il centrocampo come Mosè il Mar Rosso senza bisogno che gli dividessero le acque. gli è bastata la visione pre-ventiva, e quasi mai post-ventiva, del lancio, del tocco, del tiro. L’idea di arretrarlo per farlo convivere con Roberto Baggio venne a Carletto Mazzone, al Brescia. Un altro Carlo, Ancelotti, ne perpetuò la mossa al Milan, fino a renderla un «brand». E Antonio Conte, alla Juventus, pur di offrirgli le chiavi della squadra, non esitò a passare al 3-5-2.
Obiezione: ma questa è una sviolinata. No. E’ un piccolo omaggio a un giocatore che ha insegnato geometria a tutti noi, annoiandoci di rado. Senza trascurare le punizioni alle quali assestava le traiettorie più ambigue, più feroci, più letali. Diventarono «le maledette». Per Charles Baudelaire, «chi guarda attraverso una finestra aperta vede meno cose di colui che guarda attraverso una finestra chiusa» Ecco: Pirlo è stato così.
Andrea Pirlo e’ stato un grandissimo giocatore nell’arco di una lunghissima e favolosa carriera.
Sarebbe stato bellissimo vederlo chiedere a Berlino, nello stesso stadio del Mondale 2006, ma nel 2015 non ne aveva piu’.
Non credo di offendere nessuno ribadendo il concetto, come non credo si possa continuare all’infinito col dire che i sostituti non siano stati all’altezza. Nemmeno Magrin lo fu rispetto al divo Michel, per dirne uno.
E prima di trovare un nuovo Buffon o anche solo un nuovo Barzagli, temo si dovra’ attendere un bel po’; ma questo non mi esime dal giudicare opportuno fare giocare continuativamente Szczesny e Rugani.
Pure andare a giocare a calcio negli Usa e’ come morire!Su questa cosa critico Andrea,non penso che avesse bisogno di soldi!Se avesse avuto solo voglia di farsi qualche partitella poteva tranquillamente restare qui!Un po’ come ha fatto Lodetti,un grande!!!
Per un calciatore, smettere di giocare, è un po come morire
L’obbligo e’ quando uno muore,il saluto si poteva fare tranquillamente a giugno 2015!
Il saluto al calciatore che termina la sua carriera è d’obbligo.
Che fosse “finito” è una verità .
Non c’è nessuna contraddizione
Massimo, in effetti quando non ho bevuto troppo, ho bevuto troppo poco
Dannata bottiglia
:-))
Quanti di questi,bloggisti,che oggi stanno col fazzoletto in mano l’avevano scaricato?Ma che sta a fare,fa da freno,non vedete che cammina..!Due nomi li ricordo benissimo:Robertson ed Intervengo,ma spulciando fra i post dell’ultimo anno a Torino ne troverei sicuramente tanti altri!Grazie Andrea.
non ci sono parole per ringraziare quello che, come ben dice alex, è stato il secondo pilastro della nostra rinascita. davvero un calciatore immenso, difficilmente ne rivedremo un altro così. con il suo addio resta un unico fuoriclasse italiano, highlander gigione, anche lui al suo ultimo giro di giostra. e anche questo un segno del triste declino del calcio italiano. dopo la generazione che ha vinto il mondiale 2006, il vuoto. qualche buon calciatore ancora c’è, ma di fuoriclasse nemmeno l’ombra.
http://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/rsquo-adidas-ci-fa-fuori-mondiale-ndash-presentazione-160227.htm
MAGARA!!
(i have a dream)
e.c. « Non importa se sono marcato »