L’ingresso di Barzagli e i campanili di Chiellini sono stati il segnale: la Juventus non ne aveva più. Aveva sbloccato presto il risultato lungo l’asse Mandzukic-Douglas Costa; aveva sparacchiato molto dal limite e impegnato qui e là Perin (nulla di eroico, parò), salvo ripiegarsi su sé stessa fino a offrire campo al Genoa. Campo: non occasioni. Perché Davide (Ballardini) non è Golia e neppure l’innesto di Galabinov, Lazovic e Lapadula poteva forzare il destino.
Dicono che dopo le vacanze a Vinovo abbiano lavorato sodo. E per questo le gambe fossero imballate. Poi i divieti di sosta: male con la Lazio, alla ripresa, e male con la Sampdoria. Massima allerta, dunque. E’ stata una partita aspra e brutta, che i «risultatisti» molto temevano. Il Genoa è il Genoa, ma nelle ultime quattro trasferte non aveva preso gol. Ha chiuso i boccaporti, ha atteso per un tempo e poi si è buttato sulla lotteria degli episodi: qualche mischia, zero parate di Szczesny.
In tribuna c’era Sampaoli, il ct dell’Argentina. Se cerca un centravanti-sherpa che faccia spazio a Messi, l’ha trovato. Se viceversa cerca un centravanti vero, bè, a Manchester c’è di meglio. Nella speranza che i lettori più raffinati apprezzino l’ironia, si può dire che l’alfabetizzazione di Allegri procede: da un anno, Mandzukic fa il Pogba a sinistra; Higuain, che non segna da Napoli, porta bombole d’ossigeno a tutta la cordata; Douglas Costa comincia a coprire tutta la fascia, ora ala ora terzino, il «guaio» è che ogni tanto gli scappa qualche gol.
Scherzo, naturalmente. Era una tappa pianeggiante con chiodi sparsi sull’asfalto. Averli schivati, con la curva non meno chiusa della difesa, non è da poco. Napoli 54, Juventus 53: tutti gli altri campionati sono già finiti, il nostro deve ancora cominciare.
@ Beccantini.
È vero che al mio paese si dice:
Quando nascono sono tutti belli.
Quando muoiono erano tutti bravi, ma lei effettivamente esagera.
Partiamo dalla premessa, indiscutibile e documentata, che Franco Costa era un super granata doc.
Questa non è certo una colpa, era in buona compagnia: Giovanni Arpino, Bruno Perucca, Gianni Romeo, Gianpaolo Ormezzano, Gianni Mina’, Andrea Boscione, Cesare Castellotti e tanti altri.
Ora veniamo al suo rapporto con Bettega.
Siamo negli anni ’70, e quei pagliacci del Toro si illudono di competere con noi.
E ci credono.
Roberto Bettega viene colpito da una grave malattia, e i granata, grandi signori, lo ribattezzano immediatamente ” El tisich”. Non credo serva la traduzione.
Estate 1972, nasce la prima figlia di Bettega, Elisabetta. Costa, con un fotografo di “Stampa Sera”, si presenta alla maternità e ne viene cacciato a calci in culo.
Il giorno dopo scrive, testuale:” Beh, in fondo quello che gli è successo se lo merita”.
Ecco, questo era Franco Costa.
Per referenze citofonare Bettega.
Prima di scrivere fesserie si informi bene.
Cordialità .
Fulvio.
il saluto a bilbao era ironico
forse è già un anno che non faccio visita alla clinica. Il Beck lo leggo sempre in rete ma della clinica e dei suoi pazienti me ne ero dimenticato. Dopo la partita di ieri ho pensato di entrare per farmi quattro sane risate. Minchia, Alex drastico tocca il fondo della sua penosità di tifoso ma acerrimo nemico. E mi diventa pure razzistello scrivendo ‘merda araba che cammina’. Complimenti. Non vedo il suo amico, quel pazzo fanatico di Bilbao, se c’è ancora salutamelo. Dico a te Alex drastico, il leader qui dentro dei cagacazzo. Un saluto ai gobbi sani di mente.
E pensare che in teoria Auriemma fa lo stesso mestiere di Franco Costa. Non ci si crede.
Molto bello sig.beck.
perfino col genoa in casa licht viene preferito a de sciglio. e ovviamente è troppo rischioso giocare con rugani, la bernarda, bentancur… no, devono giocare sempre i dinosauri. per carità , dai.
fabrizio, il mercato ormai è folle, per cui ci sta anche spendere 25 mln per pellegrini o barella. il punto è: com’è che arrivano da noi e non sono pronti? come cavolo è possibile spendere 40 mln per bernardeschi e poi non considerarlo pronto? rugani possibile che non è ancora pronto? coman, pjaca, bentancur? mai pronti…
http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/cronaca/2018/01/23/news/ispezioni-in-corso-all-osteria-veneziana-del-maxiconto-per-4-bistecche-1.16386791?ref=RHRS-BH-I0-C6-P6-S1.6-T1
Chissà se Bartolomeu Furinatzi, molto attento all’elusione ed evasione fiscale, avrà studiato questo fenomeno alla stessa maniera di come ha esaminato quello tipico siciliano dell’evasione del bollo auto…
Vede, carissimo Beccantini, lei oggi nell’omelia a Franco Costa mi ha svelato due segreti di questo signore.
La prima che non era un antijuventino.
La seconda che era uno juventino.
Per dire la differenza con certi giornalisti di oggi che non lasciano niente all’immaginazione.
Riporto da FB
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GIU’ IL CAPPELLO
Tu quoque, Franco. Quante trasferte insieme, quante veglie attorno ai bivacchi del calcio. Franco Costa aveva 77 anni. Era un giornalista garbato, uno juventino «stiloso». Gli piaceva scarpinare, cucinava la notizia con il sorriso che non è complicità e con la distanza che non è muro. Dopo aver frequentato le redazioni di «Tuttosport», della «Gazzetta dello Sport», del «Corriere della Sera» e e di «Stampa Sera», entrò alla Rai e vi rimase per un trentennio. Di stanza sotto la Mole, seguiva Juventus e Torino, soprattutto.
Diventò volto e voce di «Novantesimo minuto», trasmissione che, in quel periodo, era una sorta di vocabolario domenicale: la sfogliavi goloso per suggerne le immagini che potevano farti correggere un episodio, alzare o abbassare un voto.
La popolarità gliela diedero le interviste a grandi giocatori come Michel Platini e Zibì Boniek, ma soprattutto i colloqui volanti con Gianni Agnelli le domeniche pomeriggio al vecchio Comunale, durante e subito dopo le partite. Con un gran cappello a fargli da aureola, con il microfono mirato all’erre moscia dell’Avvocato. E gli altri del plotoncino (quorum ego, talvolta) a religiosa distanza, il taccuino in mano, in attesa spasmodica dell’omelia.
Scrisse alcuni libri di piacevole lettura, «L’Avvocato e Signora», «Juve ti amo, 100 anni da Signora», «Signora & Signori, appunti segreti di viaggio dal 1968 a Platini». Di parte, sì, ma capace di un approccio che gli garantiva il rispetto anche degli avversari, colleghi o tifosi che fossero
Come spesso succede, ci perdemmo di vista. Ogni tanto una telefonata, poi nemmeno più quella. In questi casi si scrive: altri tempi. Proprio così. Non li rincorro, non li rimpiango, ma un po’ mi mancano. Per essere Franco, giù il cappello.
ROBERTO BECCANTINI