Champions, finalmente. Come il «Terra, terra» di colombiana memoria. Ci siamo. Al diavolo i materassi della fase a gironi. Andata e ritorno: pura roulette russa. Domani sera, Juventus-Tottenham. Gli «Spurs» di Pochettino, gli speroni quinti in Premier e pronti a ribaltare la «due volte finalista negli ultimi tre anni».
Higuain contro Kane, Pjanic contro Eriksen, Douglas Costa contro Alli: c’è bisogno di adrenalina, di duelli che, diretti o indiretti, accendano la luna e i falò cari a Cesare Pavese.
In Italia le assenze di Dybala, Cuadrado e Matuidi riesci a mascherarle, in Europa non so: ma il punto non è questo, o almeno non solo questo. Il punto è che Juventus sarà . L’andata degli ottavi succede alla notte sorda e grigia di Firenze e precede il derby. Allegri cambia spesso, e cambierà ancora. Divide e impera proprio perché pensa che questo calcio, il suo, sia il più adatto a una società che, come una fabbrica, deve produrre vittorie.
Il Tottenham corre e ha fame, la Juventus gli opporrà una difesa che in patria non ha eguali ma fuori, fin dai tempi della Bbc, qui e là si inceppa. Conosco il mantra di Allegri: sarà importante non prendere gol. Vi leggo curiosi, eccitati, come ogni volta che un popolo lascia le zuffe domestiche per trasferirsi in quei teatri in cui «recita» la storia, non la cronaca.
La Premier è più ricca, ma non sempre più forte. Nei confronti diretti devono stare in campana anche loro. Del Tottenham mi piace la coralità martellante, un po’ meno la fase difensiva. Immagino gli applausi che lo Stadium tributerà a Fernando Llorente, la torre basca che infiammò molti cuori non meno di quanto fecero gli Abba con un altro «Fernando».
I luoghi comuni che in Europa è diverso e la Juve di venerdì non basta li conosciamo a memoria, e magari proprio comuni non sono. Che atmosfera. So di essere vigliacco ma dico partita da tripla.
x domani prevedo una partitaccia senza fine , la solita minestra rigirata del Mister , della serie tutti dietro e vediamo che succede, occhio pero’ che Pochettino non e’ scemo .
Gentile Robertson, m scusi. Me l’ero persa. E’ chiaro che la squadra riflette le disposizioni dell’allenatore, e le disposizioni la mentalità del medesimo. Poi – è chiaro – in campo vanno i giocatori e può succedere, è successo, che qualcuno esca dal seminato, la qual cosa non sempre è un difetto. Ricorderà la finale del 1963 a Wembley tra Milan e Benfica, quando furono i giocatori – e non Rocco dalla panchina – a cambiare un paio di marcature, Trapattoni passò da Torres a Eusebio, Benitez da Eusebio a Torres. Il Milan risalì dallo 0-1 al 2-1 e alzò la coppa.
Sfatiamo un altro luogo comune: che con Allegri si giochi sempre male. Non è vero. Lei ricordava il primo tempo di quella edizione fra Juventus e Barcellona, potremmo aggiungere molti altri scampoli, per esempio le due partite con il Borussia Dortmund, quelle con il Real, la prima mezz’ora di Bergamo in campionato.
Non dimentichi l’età media abbastanza alta. Non dimentichi inoltre che neppure il Barcellona di Guardiola si impossessava dell’intera torta per 90 minuti su 90. Solo che, difendendo alto, sembrava che proprio così facesse. Allegri vive di mordi e fuggi, va a fasi, difende basso, difficilmente potrebbe ottenere di più di quello che ottiene, partita per partita, ma spesso, probabilmente, potrebbe far meglio. E’ questo il grande punto di confine e di scontro tra risultatisti e prestazionisti, tra Allegriani e nin Allegriani. Senza dimenticare che neppure questa Juventus ha fuoriclasse, Buffon a parte. E se in Italia talvolta non si nota, in Europa si nota di più.
Allegri è il classico allenatore italianista, geniale nell’azzeccare ogni tanto il cambiamento di modulo, qualche mossa, eccetera. Pacato, normale nel gestire le partite. Per questo, penso che difficilmente troverà un posto all’estero: felicissimo di sbagliarmi, naturalmente.
Tornando ai giocatori: secondo me, l’importanza smodata che diamo agli allenatori può creare in loro una sorta di reazione invidiosa: tipo tutti i meriti a “lui”, e a noi? Da qui una sufficienza che, a volte, può portarli inconsciamente o meno a sbagliare passaggi elementari, “tanto se è merito suo quando vinciamo, sarà anche colpa sua quando perdiamo”. Un ragionamento così. Prenda il buon vecchio Trap: se un giocatore, uno qualunque, gli avesse dichiarato guerra e se ne fosse rimasto quatto quatto in difesa, chi mai si sarebbe scagliato contro di lui? Ci saremmo scagliati tutti, a Cliniche unificate, sul bieco difensivismo del Trap.
Riguardo sempre le partite della Juventus, mi deve credere: ci sono degli errori tecnici, di misura, di tocco, di fondamentali, che neppure il più sinistro avversario di Allegri li attribuirebbe ad Allegri. Il problema è che a volte se non spesso le sue squadre staccano il piede dall’acceleratore, e il problema del problema è: perché? C’entra “anche” il mister, certo. Mister che si dividono in due grandi categorie: quelli che godono ad occupare militarmente il campo (Sacchi, Guardiola e i loro discepoli) e quelli che, di occupare militarmente il campo, se ne fottono (Allegri, Mourinho eccetera). Da questa scelta ideologica, in base ai gusti personali, e al RISULTATO, discende la fedeltà per Tizio piuttosto che per Caio. Lei mi rimproverò la metafora, mirata esclusivamente al concetto di estetica, ricorda? Quando scrissi che se giochi male ma vinci, è come passare con il rosso senza che il vigile se ne accorga, mentre giocare male e perdere è come passare con il rosso ed essere beccati dal vigile. Ne resto convinto.
Spero di non averla annoiata.
A fare rumore anche il giudizio dell’ex giocatore, ora opinionista, Grame Souness: “Paul Pogba è capace di grandi cose ma è molto lontano dall’essere un grande calciatore. Non è uno in grado di prendersi le responsabilità che spettano a un regista. E’ un centrocampista centrale ma non sa prendere la sua squadra per mano, sembra scappare dalle responsabilità . Quando gli viene chiesto di giocare centrale, lascia costantemente la posizione per spostarsi verso la linea laterale e chiedere la palla. Abbandona troppo facilmente la zona centrale. E’ in grado di essere determinante nella trequarti avversaria, ma nella sua posizione è spesso assente. Ha 24 anni ed è stato pagato 89 milioni di sterline ma ancora non ha capito cosa viene chiesto a un calciatore che gioca nella sua posizione. E’ come uno scolaretto che gioca al parco, corre dietro la palla senza concretezza”.
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qualcuno spiegasse a sto cretino di Souness che Pogba il regista forse lo potra’ fare a 30 anni quando non avra’ piu’ la forza e la corsa di ora , ad oggi il suo ruolo preferito e’ mezz’ala destra in un centrocampo a tre .
considerato che: gigi, chiello,benatia, desciglio, sandro, pianic, higuain sono disponibili, alla fine le assenze, almeno nell’undici titolare, sono di due giocatori. Non è che dybala, cuadrado, costa, matuidi possano giocare tutti contemporaneamente. Sarebbe stato meglio averli certo, ma le assenze non diventino alibi.
Primario,
non mi ha risposto sulla cosa che mi interessava di più. Se può:
quanto c’è, secondo lei, nelle diversità di atteggiamento della squadra e dei giocatori, dell’allenatore?
Io fatico a pensare che dietro i primi 30/35 minuti di Juve Barca, o di Juve Real del 2015 ci sia un Allegri che arringa il il suo 11 inculcando e ordinando pressing, pressing e aggressività sui portatori di palla.
Piuttosto, grandi giocatori, che ad un certo punto spingono sull’accelleratore (perchè ne hanno ancora), arrivo anche a dire, “nonostante” il credo dell’allenatore.
Ma magari sono prevenuto io (anche Carlitos lo era, però…)
Gentile Dino Zoff, buon pomeriggio a lei. In effetti, sono assenze che in Europa potrebbero pesare. Vedremo. In due stagioni su tre, Allegri è arrivato in finale. Bisogna fidarsi.
Buonasera primario. Troppe assenze pesanti in questa Juve per fronteggiare un Tottenham che va a mille. Credo che la partita si vincerà (se si vincerà ) sulla qualità e l’organizzazione delle difese. La linea dei tre dietro Kane contro la nostra difesa e, viceversa, la loro difesa contro Mandzukic-Pjanic-Costa dietro Higuain. Peccato per l’assenza di Dybala e Cuadrado. Specie il colombiano sarebbe stato un martello in più sulla fascia. Non so se è d’accordo ma il Totthenam per il gioco che esprime la definirei la più “spagnola” tra le inglesi. Un mezzo Real…
Gentile Dino Zoff, grazie per il supporto tecnologico. Non sono convinto della santità del rigore. Non sono convinto fino in fondo delle immagini. Sarebbe un po’ diverso, ma fa lo stesso. Rizzoli si è espresso, evviva.
Gentile Robertson, grazie per il supporto statistico. Ciò premesso, Allegri è un grande allenatore che incarta. Non incanta. Lo sappiamo. In tre anni, è arrivato alla fine di tutto in ben due. Poi ha perso contro una squadra di marziani e contro la squadra di un marziano. Allegri è questo, rientra nella storia della Juventus, fondata sulla produzione-fabbrica dei trofei. Prendere o lasciare. Milano ha un’altra storia, il Milan stette 44 anni senza vincero uno scudetto (1907-1951), ma è la società che afferrò per prima, e meglio di tutti, l’importanza dell’Europa. La storia non gioca, ma ci accompagna: sempre. Da noi le rivoluzioni non hanno mai fatto presa, dal 4-2-4 di Amaral al movimiento di Heriberto, che pure fruttò uno scudetto e una Coppa Italia, alla zona-champagne di Allegri. Dovendo fare un paragone politico, gentile Robertson, direi che la Juventus riassume e incarna una destra storica, conservatrice, qui e là aperte al nuovo, consumata dalla smania di vincere scudetti-scudetti-scudetti. Paradossalmente, con Sacchi, una sorta di rivoluzione la fece Berlusconi, dichiarato uomo di destra. Poi, è chiaro, subentrano tanti fattori (in Europa): i giocatori, gli avversari, gli episodi.
Alla Juventus il più ibrido per me è stato Lippi. E uno degli anni più “diversi”, nel senso di “belli”, aggettivo che non ci ha mai eccitato, il primo anno di Conte. Senza coppe europee, però.
https://www.youtube.com/watch?v=6zUFOZRG0vQ
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Con buona pace degli antijuventini, dei complotti pro-juve….e del primario che è convinto della santità del rigore.