Mondiale o no, non si può non correre a Madrid, sempre a Madrid, per celebrare il primo italiano e il terzo bianco d’Europa sceso sotto i dieci netti nei 100 metri. Il 9″99 del ventenne Filippo Tortu entra di diritto nella storia del nostro sport. Non c’era riuscito nemmeno l’immenso Pietro Mennea, fermo al 10″01 stabilito a Città del Messico nel 1979. Pietro, pugliese. Filippo, brianzolo di origini sarde. Si fermano qui, i paragoni, in attesa che la pista faccia il suo corso: e Filippo, la sua corsa.
Livio Berruti – l’uomo che, all’Olimpiade del 1960, trasformò i 200 metri in un romanzo popolare – gli aveva dedicato questa frase: «Ho visto correre la bella copia di me stesso ed è stato un piacere. Sono felice che Filippo Tortu mi somigli, soprattutto nel modo di affrontare la gara, l’agonismo, lo sport che poi è lo stesso in cui, credo, io e lui affrontiamo la vita: leggeri». (da «La Stampa» del 25 maggio scorso).
Dato a Filippo quello che è di Filippo, il salto triplo che ci porta a Serbia-Svizzera è quanto meno stravagante. Le costole della ex Jugoslavia vanno di moda, o spingono per tornarci. La Croazia aveva demolito Messi, Mitrovic aveva subito buttato giù, di testa, il fortino di Petkovic. Ma la Serbia non è ancora la Croazia: a parità di forza (Matic), solo Milinkovic-Savic e in parte Kolarov possono avvicinarne il talento. Ci sarebbe Ljajic, ma non decolla. E anche l’equilibrio, ogni tanto, barcolla. La Svizzera l’ha rimontata e, con Shaqiri, bucata addirittura in contropiede. Segno che, al di là di un rigore sfilato al solito Mitrovic, si voleva vincere a troppi costi.
E così Brasile-Serbia diventa una lotteria. Di solito i brasiliani dispongono di più biglietti (l’ultimo, Douglas Costa), ma occhio ai serbi: a volte ne sprecano mille, a volte gliene basta uno.
SMS a 150 milioni é una follia, d’accordo, ma consideriamolo un asset e consideriamo l’indotto che potrà generare nei prossimi dieci anni in termini di risultati sportivi (e quindi premi di qualifica e superamento turni Champions), merchandising, sponsorship, ecc.
Ed ecco che i 150 milioni diventano un po’ meno follia e un po’ più investimento.
Gaia Piccardi, Corriere della Sera 22/3/2013, 22 marzo 2013
BERRUTI RIMANE SOLO: «TROPPO TORMENTATO PER ANDARCI D’ACCORDO»
«Mennea era abituato a vincere, ma ha perso la battaglia più importante: quella per la vita».
Livio Berruti, indimenticato oro nei 200 a Roma ’60, antesignano e nemesi di Pietro Mennea, 74 anni il 19 maggio. Perché lei e Mennea non vi siete mai piaciuti?
«Perché appartenevamo a mondi diversi e antitetici. Io con il sorriso e la gioia di fare atletica, lui sempre tormentato e sofferente: il più grande masochista della storia della velocità ».
Rispetto tra voi, però, c’era.
«Da parte mia, senz’altro: rispettavo la sua dedizione e il suo atteggiamento maniacale. Lo sport, però, deve essere esempio per i giovani e io ancora oggi mi chiedo: quanto è stato utile tramandare quell’immagine di sofferenza?».
Che severità , Livio…
«Sara Simeoni a Mosca ’80 trasudava gioia. Ma lui no: non ha saputo trasmettere un esempio positivo…».
Nel 1979 il fattaccio. Poi non avete più voluto ricucire.
«Mennea rinunciò ad andare a correre a Zurigo. In un’intervista al Giorno dissi che aveva paura di essere battuto dagli americani. Si offese. Dopo qualche giorno, a Formia, venni fisicamente assalito dal fratello di Mennea, mentre lui mi insultava con la bava alla bocca. Schivai un pugno, poi intervenne Azzaro a separarci. Capii che eravamo rette parallele, destinate a non incontrarci mai».
E infatti l’ultima volta quando accadde?
«Molti anni fa, in Rai. Gianni Minà cercò di farci riappacificare. Mennea in quell’occasione mi regalò una maglia incellophanata, dicendo che era quella dell’Olimpiade di Mosca. A casa, quando la aprii, mi accorsi che non era vero: era una qualsiasi maglia azzurra da gara…! Raccontai a un giornalista che non aveva mantenuto la promessa, e quello lo scrisse. Mennea mi querelò».
Incomunicabilità totale, insomma.
«Era chiuso e scontroso. Incredibilmente suscettibile. Io ero Platone, lui Aristotele: agli antipodi. Del tormento ed estasi di Michelangelo, Mennea era solo tormento».
Nessuno sapeva che fosse malato.
«La sua chiusura era caratteriale. Considerava il mondo un nemico e per dare il meglio doveva sentirsi solo contro tutti. Lo sport è bello e ti fa vivere meglio, però purtroppo non ti allunga la vita».
Invecchiare non lo aveva ammorbidito?
«Ho la sensazione che negli ultimi anni avesse un po’ modificato il suo sguardo ascetico verso lo sport, aprendosi a una maggior comprensione dei valori ad esso connessi».
L’avvento di Usain Bolt, con la sua straripante gioia di vivere e vincere, potrebbe averlo influenzato, secondo lei?
«Penso di sì. Bolt lo ha aiutato a capire che lo sport non è solo macerazione nella sofferenza: è stato l’esempio eclatante che si può trionfare e fare record con quel sorriso che Mennea non si è mai permesso. Era proprio un limite fisiologico, il suo».
E se vi foste affrontati in pista, nei 200, come sarebbe finita…?
«E chi lo sa? La verità è che ognuno è campione del suo tempo: io vivevo di slanci dilettantistici, lui portò all’esasperazione il concetto di professionismo. Io correvo sulla terra battuta, lui sul sintetico. Io ero per lo sport come divertimento e lui come affermazione del proprio ego».
Berruti, andrà al funerale di Mennea?
«No. Per coerenza con me stesso. Vivrò un cordoglio a distanza, come distanti siamo sempre stati».
Ma le mancherà , Mennea, almeno un po’?
«Sono d’accordo con Hegel quando diceva che il progresso è la dialettica degli opposti. Da ieri, ecco, mi mancherà il mio opposto».
Gaia Piccardi
GAIA PICCARDI
Scritto da bilbao77 il 23 giugno 2018 alle ore 10:51
Beh, non poco direi, i punti uno due e tre…sulla chiusa “a fronte di risultati seppur lusinghieri “. E stop.
“Il Minestrello passò a 4 a centrocampo perchè voleva passare a 4 in difesa, semmai, e non c’erano interpreti adatti a fare un 433 per esempio.”
è quel “semmai”, in contrapposizione al mio “anche”, come se la scelta di schierare il quadrilatero a centrocampo fosse una mera conseguenza del voler schierare la difesa a 4.
Sandro c’è da capirlo. Non dorme da settimane a causa dei fastidiosi cani della vicina, non sa come fare, sta uscendo pazzo ed attacca Salvini perchè invece di preoccuparsi dei suddetti cani, parla di rom ed immigrazione clandestina, quindi illegale
Con Bilbao sono d’accordo sul punto 1, solo in parte sul 2 perché pure Guardiola ha adottato la difesa a tre (più questione di atteggiamento in Europa che si difesa a 4 per me), non molto sul 3. Propendo per una mossa della disperazione, rivelatasi però azzeccata. Fino a quando il Manzo ha avuto benzina.
Se il 4-2-3-1 fosse stato il risultato di uno studio e nn si una semplice botta di culo, sarebbe riuscito a proporre quest’anno qualcosa di diversi o di simile per efficacia. Invece ha navigato a vista. A parte l’intuizione di Matuidi e il ritorno conseguente al centrocampo a tre. Intuizione per modo di dire, visto che già qui si scriveva da settembre. Cioè, bastava guardare le prime partite per capire che il centrocampo a due nn dava sufficiente copertura. Ovviamente il mister ci é arrivato a novembre.
Al Minestrello ho riconosciuto:
1) l’essere arrivato umilmente in punta di piedi, senza creare sconquassi nell’ambiente, e sulla falsariga di un indirizzo predeterminato;
2) l’aver portato avanti la svolta della difesa a 4 (e quindi del centrocampo a 4) che, a parer mio, portò benefici soprattutto in Europa;
3) il cambio modulo, sebbene francamente un po’ tardivo, del gennaio 2017. Modulo, per inciso, diverso da quello che personalmente avrei attuato, ma che si rivelò efficacissimo per la disponibilità degli interpreti a sacrificarsi.
Detto ciò il resto, a fronte di risultati seppur lusinghieri che lo hanno mantenuto pertanto in sella, è stata una colata di giocommerda che a confronto Pompei ed Ercolano furono fortunate.
Nessuna persona “vale” quelle cifre.
Siamo alla follia.
Dove si evince dal mio scritto che avrei considerato casuale il fatto che il Minestrello abbia visto bene cambiando modulo verso il 4231? Dal termine “azzeccatissima”?
In linguaggio colloquiale, come spesso si usa qui e non solo, significa “giustissima”.
Se un medico azzecca una cura, mica mi credo che lo abbia fatto per pura casualità .
Riccardo, recentemente hai “frequentato” troppo quel somaro di Sa’Ndrocchia e le sue stronzate semantiche sugli africani ed altro. Lascialo perdere e parla con me, hihihihi.
Volevo ritornare sul pensiero di “dindondan” a proposito di MS e se per davvero vale tutti quei soldi (150 milioni di euro) pretesi da Lotito…Dico di no, ma è il mercato attutale che determina i prezzi..folli Lotito ne approfitta! leo