Con i rigori, che per agitare il dibattito chiamo ogni tanto «lotteria», il Mondiale ha scoperto d’improvviso l’esistenza dei portieri. Non quelli gialappeschi dei primi turni, loro sì un terno al lotto, ma i professionisti del poker, gli specialisti del gioco d’azzardo. Akinfeev (2 parati), Subasic (3, addirittura) e lo stesso Schmeichel, figlio d’arte (1 + 2). La citazione del danese non è un omaggio alla «salma»: se si è arrivati al poligono del dischetto, molto lo dobbiamo proprio a Schmeichel, che ne aveva neutralizzato uno, nei supplementari, a Modric (che poi, da uomo di ghiaccio, si prenderà la rivincita).
E così è la Croazia a raggiungere i quarti. Una Croazia subito sotto (M. Jorgensen) e subito in parità (Mandzukic), gol rocamboleschi, con flipperate di schiena e di grugno. Una Croazia che, zavorrata dal pronostico, ha patito la fisicità e il cambio di marcia degli avversari: da cassa di risparmio a piccolo esercito im missione.
Quando i migliori sono i guerrieri come Mandzukic, è difficile (non certo per colpa loro) che il livello tecnico tocchi vertici sofisticati. Modric ed Eriksen hanno cercato di prendere per mano le squadre, riuscendoci solo in parte. Il talento croato è stato, così, sgonfiato braccio di ferro dopo braccio di ferro.
Dalic e Hareide sono allenatori «di mezzo», cognomi e non ancora nomi, eppure il loro calcio non mi è parso né vecchio né nuovo: mi è parso calcio. Sono i fuoriclasse, e in campo non ce n’erano, tranne Modric, che portano al salto di livello.
Era la Danimarca di Kjaer e Cornelius, lontana dalle vetrine dei Laudrup e degli Elkjaer. Della Croazia mi ha colpito Rebic, non Perisic. Rebic si è costruito il rigore che avrebbe potuto evitare gli altri. Sui quali, poi, Subasic ha speso molto dei suoi riflessi e molto incassato dalle tensioni altrui, lui che era stato il primo a cadere, non senza qualche peccatuccio.
altrettanto contestabile è il concetto che “puoi far soffrire l’avversario anche senza il possesso palla”, fermo restando che nel caso di allegri quello che soffre non è tanto l’avversario quanto il tifoso che guarda la partita (e non solo senza ma anche con il possesso della palla).
x Teo e Salvo…Naturalmente niente titoli sulla “carta rosa avvolgi pesce fitusu”! :-)))))))) leo
Gentile Salvadore, che orizzonti limitati, tristi… Per fortuna, non di tutti.
Scritto da Roberto Beccantini il 2 luglio 2018 alle ore 11:47
Ma si, Salvo, la Juve è la Juve. Noblesse oblige. mai lamentarsi…
Facciano come ca..xo credono, facciano in barba alla legge, ai principii morali, a quelli etici o a quelli legali, insomma agiscano come meglio credono, tanto poi noi vinciamo solo grazie ad Orsato….
Che popolo di miserabili e pecoroni….
forse c’è stato qualche problema di traduzione, ma credo che nessuno dica che “chi fa più possesso crea più occasioni”, la cosa non è automatica. certo senza la palla è impossibile creare occasioni, ma qui si entra in quel territorio alla “catalano” che tanto piace al nostro mister.
Quello a cui abbiamo assistito quest’anno in serie B neanche nella Russia dell’era Stalin…
Pezzenti e imbroglioni nei secoli…
Le capre perdono il pelo ma non il vizio…
Pasqualì ancora non è tempo per uscire la testa dalla tana, a cuccia.
Pensare ai fegati spappolati degli indaisti mi fa volare over the rainbow
A lavare piatti, Salvadore.
Altrimenti il panino e la visione dei mondiali nella tv del bar sotto casa se li scorda.
E zitto.
La situazione Parma, invece, tutto ok?
Telefonate e messaggi (ora), non valgono più?