L’atterraggio di Cristiano Ronaldo sul pianeta Italia è stato sobrio, da sei e mezzo, in linea con una partita che la Juventus ha rischiato di perdere per eccesso di confidenza, dal gol-lampo di Khedira ai colpi di tacco, alla sensazione che per ubriacare l’avversario bastasse un bicchier d’acqua.
Il Chievo si era messo lì, tutto indietro appassionatamente. Se è riuscito comunque a fare due gol – il primo con Stepinski, di testa, su cross di Giaccherini, il secondo con lo stesso Giac, su rigore, per fallo di Cancelo – lo deve a un avversario che, dovendo celebrare un «battesimo», si era dimenticato di controllare, se non proprio il parroco, almeno i chierichetti.
Cristiano mi è piaciuto più nel secondo tempo, da esterno, che nel primo, da centravanti. Ha tirato molto, ha impegnato Sorrentino, ha sfiorato il gol e avrebbe meritato un Dybala meno vago. Era la sua prima Juventus, la Juventus del dopo Buffon, Marchisio e ci metto pure Higuain. E’ scivolata da cavallo quando sembrava felicemente e facilmente lanciata al trotto, se non proprio al galoppo. Si è rialzata in extremis.
Pjanic e Khedira più Cuadrado e Douglas Costa, Cristiano e Dybala, Cancelo e Alex Sandro necessitano di automatismi che andranno oliati in fretta. Palla al piede, ci si diverte: e su Cancelo mi è parso che ci potesse stare un penalty. Palla agli altri, i (rari) pizzicotti del Chievo hanno dimostrato che non bisogna mai dare nulla per scontato. Neppure se hai Cristiano e una panchina dalla quale estrarre, a turno, l’uomo della provvidenza: oggi, Bernardeschi.
Bonucci, dopo aver dormito su Stepinski, aveva propiziato l’autogol di Bani. Un brusco impatto con Cristiano ha sottratto a Sorrentino, fin lì tra i migliori, gli ultimi, fatali, minuti. Sono i risultati che non piacciono ad Allegri: troppo grassi.
Leggi meglio, indignato a comando.
Certo Sandro. Non lo ha fatto lui come non lo hanno fatto gli altri. Tutti al rogo per quanto mi riguarda. E invece no. Le bombe le fanno esplodere solo a danno di innocenti.
All’inutile urlatore con la faccia truce sono dovuti servire 43 morti per scoprire che esisteva quel contratto con Autostrade? A lui che aveva partecipato a “pomparlo” in favore dei Benetton? Perchè l’altro inutile urlatore non gliene chiede conto? Ah dimenticavo, non puo’, ci ha fatto l’inciucio, scusate, il contratto?
Ah perché invece Del Rio merita fiducia incondizionata. Proprio perché leggo, e diverse fonti, non solo l.ordine del giorno stilato dal compagno funzionario, stupido sciacallo. Sono stati desecretati pochi mesi fa, e non totalmente.
A proposito di benzina Franzo’. L’inutile urlatore con la faccia truce, in campagna elettorale annuncio’ (annunci, annunci) che ne l primo consiglio dei ministri avrebbero cancellato le accise che gravano sul prezzo della benzina.
Basta parlare della benzina. Quando in Spagna era ad 1,40, in Francia (in autogrill) la pagavi 1,60. Italia: 1,85. Ladri, come al solito.
La Consob, interpellata, si tira fuori dalla questione: ritiene che la pubblicazione o meno del Pef sia un fatto privato fra MIT e concessionaria e che non ci siano norme afferenti a Consob che vietino o impongano tale pubblicazione. Si fa altresì notare che non è prassi pubblicare i piani economico finanziari di concessionari in altri settori, anche a valenza locale, per esempio l’acqua o l’elettricità o i rifiuti.
Prima di pubblicare leggi Riccardo Ric. Eviteresti di darti la zappa sui piedi.
L’Italia del Partito Unico del Malaffare (PDue+Zozza Italia)
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La tragedia del Ponte Morandi di Genova sta portando alla luce uno dei più grandi scandali del nostro Paese, quello legato ai contratti sulle concessioni autostradali a beneficio esclusivo di pochi gruppi industriali privati.
Ma come funziona nel resto dell’Europa?
Quello italiano è un caso unico: le nostre autostrade sono le più care d’Europa. In Germania, Olanda e Belgio le autostrade sono pubbliche e parzialmente gratuite. Dal primo luglio scorso la Germania ha deciso di inserire un pedaggio solo per i camion, che consentirà di investire entro il 2022 circa 7 miliardi di euro nelle infrastrutture stradali. Per inciso, il governo tedesco ha da poco risolto un contenzioso con alcune aziende a cui aveva dato l’appalto per l’inserimento dei pedaggi per i mezzi pesanti. Il ritardo di 16 mesi nella realizzazione dell’opera, rispetto a quanto previsto dal contratto, è costato alle società una multa di 3,2 miliardi di euro, denaro che è finito nelle casse dello Stato. Esattamente l’opposto di ciò che è accaduto in questi anni in Italia, dove Atlantia si è permessa per anni di non realizzare gli interventi previsti e assolutamente necessari facendo cassa a scapito dei cittadini senza che lo Stato muovesse un dito. E ora, davanti alla devastazione e ai morti, ha ancora il coraggio di parlare di perdite per gli azionisti, contratti e penali, sostenuta in questa campagna scandalosa dal Partito Democratico e da Forza Italia.
Ci sono poi altri Paesi come Austria, Svizzera e Slovenia che hanno autostrade a pagamento, ma con prezzi decisamente più convenienti rispetto a quelli italiani. In Austria l’abbonamento alle autostrade costa 87,30 euro l’anno, in Svizzera 40 franchi (circa 38,12 euro), in Slovenia 110 euro. Con questi soldi in Italia si percorrono appena 1.200 chilometri.
Regno Unito, Spagna e Francia hanno affidato la gestione delle reti a società private tramite contratti di concessione. A differenza dell’Italia, però, nessun segreto di Stato e soprattutto più gestori, dunque più concorrenza. Nel nostro Paese il 70% delle concessioni per la rete autostradale se lo spartiscono da anni due gruppi: il Gruppo Atlantia (Benetton) che con Autostrade per l’Italia gestisce oltre 3.000 chilometri, e il Gruppo Gavio, che gestisce oltre 1.200 chilometri.
Nei pochi Paesi dove la concessione è in mano ai privati, inoltre, sono stati stipulati contratti fortemente vincolanti. Nello specifico, in Spagna il pagamento del pedaggio è previsto soltanto sul 20% della rete e viene definito dal ministero dei Lavori pubblici. Nel Regno Unito il guadagno degli operatori viene vincolato alla qualità del servizio, al livello di sicurezza e alla capacità di gestire al meglio la circolazione. In Francia sono ben diciannove le società concessionarie, le quali a fronte della riscossione dei pedaggi devono assicurare “la costruzione, l’estensione, la manutenzione e il funzionamento della rete”. Ogni cinque anni o in caso di necessità vengono stipulati accordi di piano tra lo Stato e queste società per finanziare ulteriori investimenti inizialmente non previsti.
Perché la gestione di un bene pubblico, come la rete autostradale, non deve e non può essere una rendita finanziaria. Chiunque lavori al servizio dello Stato – e dunque dei cittadini italiani – deve garantire una gestione etica di quel bene, ponendo in cima valori quali efficienza, trasparenza, legalità e sicurezza.
Se i Benetton hanno potuto lucrare su un bene pubblico indisturbati, però, è perché un’intera classe politica ha offerto loro per anni una sponda politica. I precedenti governi – da Prodi a D’Alema, passando per Berlusconi e Renzi – hanno prima regalato sin Benetton e poi prorogato per periodi sempre più lunghi gran parte della rete autostradale nazionale, senza pretendere investimenti in manutenzione e una compartecipazione degli utili. Tra il 2008 e il 2016, secondo dati del Ministero dei Trasporti, mancano all’appello 1,5 miliardi di investimenti preventivati sulla rete autostradale, a fronte di un incremento dei pedaggi del 25% (lievitati addirittura del 65,9% dal 1999 al 2013). Insomma, meno investi più guadagni, a scapito della sicurezza.
Ma non solo. Oltre a favorire guadagni miliardari, il contratto prevede che, in caso di decadimento della concessione per gravi inadempienze da parte del concessionario, quest’ultimo venga indennizzato di tutti i profitti che avrebbe conseguito per gli anni residui di concessione. In sostanza, un risarcimento per i danni provocati dallo stesso imprenditore negligente. La classica privatizzazione della vecchia politica collusa con le lobbies: del resto, se si può fare un favore a un amico, quest’ultimo poi ricambierà. E in questi casi abbiamo imparato che per certi personaggi le regole non contano, conta solo fare profitti con i soldi dei cittadini italiani (e anche sulla loro pelle). È questa la logica che ha spolpato questo Paese negli ultimi trent’anni.
Frega un cazzo delle ricostruzioni de Il Giornale. Del Rio in persona, in un convegno tenuto pochi giorni fa, presente anche Giorgetti, che non ebbe niente da obiettare, ha risposto a precisa domanda che non esistono segreti, sono tutti atti pubblici consultabili da chiunque. Le uniche parti mancanti sono inerenti alla privacy di una azienda interessata (credo Aiscat), che fece precisa richiesta di riservatezza ma che non comprendono parti importanti del contratto.
Meno male Mike.