Abbiamo un portiere, Donnarumma, ma in due partite non abbiamo mai tirato in porta, se non su rigore. E così, tra Polonia e Portogallo un pari e una sconfitta. Eppure Mancini ne aveva cambiati nove. Eppure era passato dal 4-3-3 al 4-4-2. Eppure questa volta abbiamo sempre giocato in undici, senza il Balotelli prima zavorra e poi alibi.
Non c’era Cristiano, il torello portoghese ci ha tenuto «vivi» fino alla fine. Il nuovo ct potrà sempre dire di aver perso «solo» con i campioni del Mondo e d’Europa. Il gol l’ha segnato André Silva, il pacco del Milan. William Carvalho, Bernardo Silva e Bruma sono stati i più incisivi. Il duello tra il deb Lazzari e Bruma è stato impari ma salgariano.
In generale, ogni palla persa era un contropiede. Da qui auto-traverse, parate di Romagnoli e Donnarumma, mischie, brividi. Senza mediani d’appoggio, Jorginho sembrava un naufrago. L’arrosto di Zaza ha, se non altro, infastidito il truce Pepe. Non il fumo di Immobile e tanto meno di Chiesa, già promosso a «predestinato». Piace anche a me, ma piano con l’enfasi.
Si è chiuso con Berardi, Belotti e il 4-2-4, con una squadra stracciata in avanti e i rivali sin troppo casti sotto porta. Al di là dei lisci di Caldara (nessuno nasce imparato), il problema rimane il gol. Per segnare, bisogna tirare; per tirare, bisogna ricevere munizioni. L’eccesso di zero costò il mondo a Ventura. il capro espiatorio che il popolo aspettava con sadica libidine.
La Nations League – di cui, ripeto, non sentivo la mancanza – ha il torto o la ragione di trasformare la benché minima sconfitta in un mezzo dramma. Cappio che le amichevoli, viceversa, non stringevano al collo dei risultati. Non si discute lo spirito, sempre forte: si discute la carne (dal centrocampo in su), ancora troppo debole per resistere a certe tentazioni.
Bit
Concordo con intervengo. I dubbi più grossi per me riguardano verratti e belotti. Ma il primo non è’ possibile sia il nulla visto fino ad oggi in nazionale. Belotti non sarà Mr 100 milioni. Ma il ragazzo ha qualcosa.dopo ha avuto un’annata negativa, ma ha fatto vedere cose non banali.
Se questi due tornassero ad essere quello che possono, nelle mani di uno bravo sarebbe una squadra in grado di mettere in difficoltà anche le forti. Non è’ mediocre. La difesa non lo è’ gli esterni non lo sono e via dicendo.
Certo ciuffetto non sembra il più adatto a farlo.
Ripensandoci il giorno dopo,direi che Mancini ha esagerato.ha testato 20 giocatori ,bruciandone parecchi e creando malumori ,e adesso cosa rimane? Poco.bisogna avere il coraggio di scegliere ,a torto o a ragione,quelli che si ritengono funzionali e proseguire.
Bit, te lo riscrivo , quel 343 di qualche post fa, dallo ad un mister serio, poi vedi che cosi scarsa non e’ , ovvio che non e’ il brasile anni 70 , ma nemmeno tutto sto schifo
Scritto da bilbao77 il 11 settembre 2018 alle ore 16:04
Eh, Bilbao, il punto è che la Juve era GIA’ stata rifondata tra il 1969 e – appunto – il 1974, con giovani che sarebbero stati l’ossatura ANCHE della nazionale dal 1978 al 1986.
Un paio d’anni fa, in questo spazio, si ipotizzava una Juventus italianizzata con (cito a memoria)
Scuffet (ma Perin adesso è meglio)
un terzino destro (poi De Sciglio), Rugani, Romagna (poi Caldara), Spinazzola
Sturaro (allora ancora con margini di crescita), Marchisio (che stava recuperando dal ko), Mandragora,
Berardi, Immobile, forse Bernardesch.i
Oltre a qualche ulteriore giovane (allora ancora di più).
Di questi, in rosa restano Perin, De Sciglio, Rugani, Spinazzola, Bernardeschi, oltre a Bonucci e Chiellini.
Non so se Romagna, Mandragora e Kean possano arrivare al livello superiore.
Bilbao ,vedo che continui ad avere problemi con la lingua italiana.
Si possono criticare tutti a partire da Marotta, AA, JE ecc. ecc ma tacciare questa dirigenza di incompetenza e coglionaggine non ha nessun senso, se non il fatto di essere prevenuti.
Quasiasi società al mondo vorrebbe un gruppo dirigenziale in grado di portare i risultati di questi 4 scalzacani.
E i risultati fortunatamente sono ottimi dal punto di vista sportivo, tecnico, economico e dalla sostenibilità del progetto nel lungo termine.
A memoria, una situazione di questo genere del calcio italiano non la ricordo.
Se non, forse, vagamente quella del post Germania 1974.
Allora però le frontiere erano chiuse e la Juventus aveva cominciato a prendere i migliori giovani in circolazione e ad insegnare loro il calcio a livello internazionale.
Oggi di giovani ce ne sono pochini e si dà loro pochissimo spazio (a meno che non esca un Maldini, Del Piero o Buffon) per crescere e nemmeno li si forma a dovere sotto il punto di vista tecnico.
In quell’autunno 1974 e per un paio d’anni circa (ovvero fino a quando la Juventus occupò la Nazionale) sotto l’interregno di Fulvio Bernardini si videro in maglia azzurra figure anche un po’ imbarazzanti, quasi come quelle che da Arrigo Sacchi in poi si sono “ammirati”, nell’idea che si dovesse per forza provare chiunque in Nazionale, anche chi avesse messo in fila 3 partite decenti.
Ricordo Moreno Roggi, Zecchini, Orlandini, Caso, Re Cecconi, la riesumazione di Totonno Juliano. Poi certo anche qualche giovane di belle speranze come Rocca ed Antognoni. Ma insomma le prime 2 partite furono un turbillon di facce come anche Ciuffetto ha fatto in queste 2 gare.
Alla fine, ma ci vollero appunto 2 anni, tra Bernardini e Bearzot la quadra venne trovata.
Questa volta però, senza un blocco forte e di talento, come quello della Juventus (integrato da altri ottimi giocatori di altre squadre) la vedo durissima.
tecnica, creatività, fantasia + solidità mentale
bisogna ripartire da qui.
quel poco della partita che ho visto ieri è stato imbarazzante.
Matuidi è veramente un giocatore particolare. Se di fianco hai gente molto tecnica, è come avere un coltello a serramanico pronto ad ogni uso. Ma se gli altri sono appena buoni, e poco dinamici, non può fare tutto, perchè è un operaio altamente specializzato. fisicamente un mostro. Anche perchè non troppo pesante, il che lo aiuta, probabilmente.
“Oggi Vieira e Makelele, Toulalan e Diarra non indossano più la casacca dei Blues e in Nazionale – nonostante Deschamps non faccia molto per nascondere il suo legame con Jacquet – la capacità di creare gioco è sempre più importante. La Nazionale francese non è che un riflesso di questo processo, con i giocatori tecnici e creativi che sono diventati la regola (Pogba, Griezmann, Lemar, Mbappé, Coman, Dembélé, Payet) e quelli fisici e d’interdizione come Kantè (che ha avuto un percorso atipico e per via della bassa statura è rimasto fuori dai radar fino all’esordio nelle categorie inferiori) quasi l’eccezione.
In questo senso, il sistema francese è stato precursore di quello catalano e tedesco, che oggi sono presi a esempi in tutto il mondo, almeno nella capacità di indirizzare un intero movimento verso idee innovative. «Il Barcellona ci ha copiato» dice Merelle. «Hanno replicato quello che noi abbiamo iniziato a fare anni fa. Il loro responsabile era sempre qui, a guardare come si allenavano i nostri ragazzi».”
“per sopravvivere all’interno dell’INF la solidità mentale è più importante della sensibilità tecnica. Neanche il ragazzo più talentuoso può sopravvivere alla quotidianità dell’INF senza sacrificio e impegno.
L’esempio da seguire, per Lafargue, è quello di Blaise Matuidi, allievo di Clairefontaine nella “Promo 87”. Al suo arrivo all’Institut, il centrocampista della Juventus non aveva doti tecniche sopra la media ma era spinto da una motivazione straordinaria. È in casi come questo che si nota di più il lavoro dei tecnici dell’INF. Matuidi viene reimpostato da attaccante a centrocampista per sfruttarne la resistenza fisica e il tempismo negli inserimenti offensivi e, grazie all’intuizione di Lafargue, diventa uno dei centrocampisti più forti della sua generazione.”