Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile. Lo disse Cruijff, mi è venuto in mente nell’ammirare, estasiato, i suoi «nipotini» prendere in giro il Bernabeu. Real uno, Ajax quattro: e così Real fuori già negli ottavi e Ajax ai quarti. Il sentimento va oltre i dati, che pure sono enormi. La meglio gioventù è andata al potere in una notte di marzo che, almeno alla vigilia, sembrava prigioniera della solita retorica. Alla faccia dei pronostici: persino il re deposto e umiliato ne ha riconosciuto i meriti.
E’ proprio vero che per ordire una rivolta basta un capo, mentre per fare una rivoluzione serve un’idea. E l’idea dell’Ajax, anche dopo la sentenza Bosman e gli alti e bassi delle generazioni, tale è rimasta: calcio verticale, veloce, ricamato, non più ossessivo e possessivo ma sempre bello, coraggioso, leggero.
Tadic – due assist, il secondo con ruleta, e un gol – sembrava Messi, poi De Jong la bussola, De Ligt il pilone, Ziyech e Neres le frecce. L’allenatore si chiama ten Hag, e un genio non risulta che sia. Là dove la scuola pulsa, i geni in panchina non servono (più).
L’impresa dell’Ajax restituisce il calcio a una dimensione quasi giocosa, da strada: sono scintille, queste, che in cenere non si ridurranno neppure in caso di eliminazione. Si sapeva che il Real di Solari fosse in crisi, ma non al punto di implodere. Il destino, già benevolo all’andata e probabilmente disgustato dall’autosqualifica di Sergio Ramos, il capitano, questa volta se n’è lavato le mani. E così: i due pali, l’infortunio di Vinicius, fin lì il più pimpante, il Var sulla rete di Tadic, il rosso a Nacho. Pagliuzze in una foresta di travi.
Era il Real delle tredici Champions, delle quattro vinte nelle ultime cinque edizioni, il Real campione in carica. Senza Zidane e Cristiano che, a naso, qualcosa dovevano aver fiutato.
Comunque con più o meno qualità ci provano tutte, TUTTE le squadre agli ottavi a giocare in velocità e in verticale.
Ormai siamo rimasti gli unici a fornire un gioco pavido, lento e orizzontale. Siamo gli unici a giocare così, gli unici fuori forma in questo momento della stagione.
Però. Il manu ce la può fare
Cioè il Porto, mica Barca City PSG, ma neppure la tradizione olandese dell’Ajax. Il Portoooooo…gioca a pallone, intensità , tecnica, densità , movimenti a memoria. Non è che uno chiede chissà cosa è.
Bravi. Nessuno che pensi all’udinese!
Se si vuole tentare di cambiare la storia del club, Guardiola.
Se si vuole continuare nel solco, uno vale l’altro (di quelli da lei citati).
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Scritto da Roberto Beccantini il 6 marzo 2019 alle ore 16:31
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Se devo proprio cambiare Nick (ma lo annuncerò ufficialmente) il primario mi ha fatto un bellissimo assist …
X il Beck – Mi sembra che lei non disdegni chi predica bene e razzola male. ma questa è una consuetudine molto diffusa alla quale nessuno, ripeto nessuno, riesce a sottrarsi.
Comunque con Peppino in passato siamo stato molto severi. Bisogna dire che ci sta facendo ricredere. Prima ha ridotto la quotazione di maurito a due noccioline e un mars, ha fatto esplodere lo spogliatoio, sta pilotando con mano sicura la spallettese al quinto posto, per poter godere anche nell’anno prossimo di bersheva e altre gloriose compagnie nel suo torneo di elezione, la Carpazi.
E per prendersi avanti sta pure mestando per portare alla pignattina il suo sodale e compagnetto di mille minchiate.
Impagabile (ah no… Pagare si fa pagare) diciamo prezioso. Grazie, grazie e ancora grazie.
Gentile Beck, mi sta diventando prevedibile. Ci avrei scommesso che mi avrebbe risposto così. Ma ribadisco che quel Liverpool era più forte di quel Siviglia.
Gentile Dindondan, certo. Io mi riferivo alla corrente di pensiero, non alle formazioni.
X il Beck delle 18;45 . Ma per vincere l’ultima CL non mi sembra che si sia avvalsa solo di italiani.