Nel fare gli auguri a Giovanni Trapattoni, che oggi compie 80 anni, si rischia di parlare più di «Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco» e di «Strunz», cose così, che non del grande allenatore che è stato. Ha covato e accompagnato generazioni di cronisti, ha vissuto il calcio con la laboriosità ruspante dell’artigiano che, a corte come a bottega, non si è mai creduto unto del Signore, neppure quando avrebbe potuto (alla Juventus, all’Inter, al Bayern, eccetera eccetera).
«Figlio» di Nereo Rocco, mediano elegante, marcò Eusebio e Cruijff e non si è mai vantato di aver annullato Pelé zoppo: dai titoli dei giornali ne avrebbe avuto facoltà. Il suo calcio è stato italianista per convinzione e non per ruffiana convenzione, ma il catenaccio non l’ha inventato lui, e piano con le etichette, visto gli attacchi che schierava: Bettega, Tardelli, Paolo Rossi, Platini, Boniek. Ha frequentato i trionfi e le sconfitte, «questi impostori», come Rudyard Kipling suggeriva al figlio.
Il suo pregio è stato la sincerità; e il suo marchio, un pragmatismo che piaceva a Giampiero Boniperti, il primo a fiutarne la sapienza contadina. Ha vinto in Italia, Germania, Austria e Portogallo. Non ha avuto fortuna con le Nazionali, Leo Longanesi l’avrebbe definito, parafrasando l’Italia democristiana, «metà acqua santa e metà acqua potabile». Ha polverizzato record (con la Juventus, con l’Inter), pensava al bello come a un’opzione e non come a un obbligo, diventò il custode della tradizione e fece in tempo a misurarsi con Arrigo Sacchi, che di quella scuola fu accanito eversore.
Se solo potesse, allenerebbe ancora. I giovani, magari: come sempre aveva sognato di fare, «un giorno». L’ultimo Trap si piace macchietta, cybermister, ma questa è cronaca. La storia è quell’altra; e la colonna sonora, dal trombone della banda del paese a un fischio.
Ad oggi non h memoria di trasformazioni sensate da parte dell’acciuga, tranne forse quella di marione tornante di sinistra, peraltro sconfessata quest’anno.
Pjanic migliore centromediano del mondo è’ esperimento fallito. Continua ad essere una buona mezzala punto.
Dybala tuttocampista lasciamo perdere.
Emre can, tantomeno, visto che se l’e ricordato, meritoriamente, all’ultimo momento.
Prima di associarlo a trap, per carità.
Ah, vidal trequartista una cazzata mondiale. L’anno dopo reggeva da solo il centrocampo iper offensivo del Bayern, facendo schermo davanti ai centrali di difesa.
@massimo.
Il primo platini fu un errore, ammesso fosse errore, dovuto al forte peso dei campioni del mond e degli storici bianconeri restii a dare le chiavi ad un foresto. Francese per giunta. Mesi perdonabili.
Vialli centrocampista un disperato tentativo di recuperare un giocare che si era avvitato.per mascherare la sua sterilità offensiva. Perdonabile pure questo.
Invece ebbe grandi intuizioni. Tardelli da terzino a mezzala incursore. Il più grande, punto, del periodo che va dal 76 all’85. La fiducia a scirea. Il centrocampo muscolare del 7677 con in creativi al 7 e 11, la crescita (felice) di Claudio gentile, prima solo rozzo mazzolatore, più eclettico difensore centrocampista. Che la fine crossava di sinistro enormemente meglio di come quel cazzone di Alex Sandro crossi di destro.
Chapeau, nel complesso. Anche per come riuscì ad incidere a Milano, in una piazza strutturalmente incapace di pianificare a fare calcio stabilmente ad alti livelli. Lui li due tre anni buoni li fece.
Concordo con Dylive.
Purtroppo spesso la differenza la fa una strusciata di testa. il triennio lippiano avrebbe potuto essere epico, fu “solo” grande. Continuo a pensarla comunque come il grande bob paisley: La differenza la fa stare per tanti anni a grandi livelli. Certo qualche ciliegiona in più avrebbe fatto bene.
lo scudetto dei record 76/77 con la doppietta in UEFA, vinta con soli giocatori italiani. Gli scudetti 81 e 82 vinti al filo con giovani sbozzolati da lui. (Fanna, Marocchino, Galderisi, Prandelli) poi gli anni di Platini, e se non fosse stato per Atene e per ….l’Heysel…sarebbero stati ancor piu “storici” e lo scudetto 86, vinto di nuovo al filo con una squadra largamente rinnovata. E poi il resto e poi quel che ha vinto in altre squadre. Eppure non ha mai goduto di “buona stampa” con l’etichetta di difensivista appiccicata addosso. Additare il Trap di difensivismo è incompetenza volgare. E poi settantanove ottanta, al termine del girone di andata in zona retrocessione, proprio in quel momento Boniperti gli rinnova il contratto, e la squadra chiude il campionato al secondo posto. Quanto meno ha avuto la fortuna di non allenare in epoca social, altrimenti sarebbe stato pure ricoperto di insulti. Molte analogie tra Trap e Allegri, e non a caso sono tra i miei preferiti. Tanti auguri ancora Trap.
A proposito a scanso di equivoci: la differenza fra il Trap e Allegri l’ha menzionata Robertson, ovvero ognuno al suo posto e secondo le sue caratteristiche (con alcune eccezioni come il primissimo Platini e Vialli a centrocampo). Poi aggiungo io: seppur di rimessa, immediata verticalizzazione sfruttando sempre la gente nel proprio ruolo. Infatti nn per niente il Beck ribattezza Allegri come un “Rino Marchesi moderno”, non come un Trap moderno.
Grande Trap. To ho voluto bene e te ne vorrò per sempre.
Vabbè, auguri al Trap, ma nessuno che pensi al Genoa.! La notizia brutta non può essere l’anno permanenza del minestraro per prossimo anno. Quella sarebbe una notizia catastrofica.
Gentile Dylive, buon giorno. Certo. E direi anche la Juventus di Atene, che aveva strameritato di vincere quella coppa e strameritò di perdere quella finale.
E riguardo alla cattiva notizia, punto dieci centesimi sul rinnovo con ritocco già pronto per Allegri, con il beneplacito di CR7. Che magari non vede di buon occhio l’eventuale arrivo di Guardiola.
Gentile Beck, vorrei dire la mia sulla piccola polemica sorta in conseguenza del suo precedente editoriale (l’Ajax degli anni settanta, il Milan di Sacchi, ecc.). Sarebbe bastato vincere le due finali 97 e 98, ampiamente alla nostra portata, e con tre Champions consecutive ecco “la Juve di Lippi”.