E’ stata, per dirla con il dottor Pangloss, la migliore delle Juventus possibili. E un Cagliari strano, spaventatissimo, nonostante la classifica, il fattore campo e le altrui assenze gli permettessero una trama più coraggiosa, più spensierata.
Non ricordo, nell’isola, una vittoria così rotonda e così placida: ululati a parte (sic transit becerume mundi). Un gol per tempo, di Bonucci su corner e di Kean su assist di Bentancur, e tanti saluti all’infermeria strapiena, ad Allegri genio e Allegri telodoio, ai dubbi che aleggiavano dopo il primo tempo con l’Empoli.
La rosa decimata ha ristretto le scelte del mister, e spesso l’emergenza aguzza l’ingegno, l’impegno. In panchina e in campo. Nulla di memorabile, ma tutti sul pezzo, un possesso all’altezza, un Pjanic che a quei ritmi sembrava Deyna, una squadra padrona e l’altra schiava. Sia chiaro: una Juventus che concede all’Atletico la miseria di un colpo di testa di Morata, può tranquillamente lasciare ancora meno briciole a un Barella confuso, a Pavoletti e Joao Pedro prigionieri.
Maran ci ha capito poco, e poco ha potuto: anche con i cambi. Ribadito che mi aspettavo un altro Cagliari, passiamo a Kean. Mi ero schierato per una «titolarizzazione» fissa. Sono queste, le partite che aiutano a crescere: notti di sofferenza, di munizioni scarse (e comunque: un gol, il quarto, e due «quasi») e di atteggiamenti che vanno limati: la simulazione, l’esultanza sotto il covo dei tifosi avversari.
Il Cagliari l’aveva messa sul fisico, la Juventus sul palleggio. L’infortunio muscolare di Caceres si aggiunge a una lista già chilometrica. L’ha «rimpiazzato» un Emre Can sempre più a suo agio nel doppio ruolo di stopper e mediano. E Bernardeschi? I grandi giocatori cominciano dall’ultimo passaggio: e lui lo sa.
Buon pomeriggio a lei, gentilissimo prof. Che bella sorpresa! Tutto ok down under? Vincere l’oblio senza vincere sul campo: mica facile (poi, è chiaro, ognuno si porta dietro i propri gusti personali).
Spero che il “suo amico” le abbia portato anche e soprattutto i miei saluti. Ci incontrammo alla cerimonia dei 50 anni di giornalismo.
Un caro saluto a lei e alla sua terra.
Buon pomeriggio Roberto,
anch’io qualche giorno fà , tra me e me, facevo simili considerazioni. Nella storia del calcio vi sono delle società , delle squadre, anche nazionali, che hanno vinto poco o niente, penso all’Ungheria di Puskas o all’Olanda di Cruijff, ma che hanno lasciato una traccia profonda.
Piccola nota personale
Qualche giorno fà un mio amico, in occasione di un incontro culturale di giornalisti,a Milano ha scambiato qualche battuta con lei. Mi ha raccontato del breve scambio..
Buona serata
giuseppe torchia
Gentile Riccardo Ric, altro discorso. Anche chi non vince può restare nella memoria. Questo in assoluto. Citavo l’Olanda del calcio totale, la Grande Ungheria di Puskas. Un concetto abbinato non solo al Napoli di Sarri ma anche, appunto, a quelle squadre che pur non vincendo continuano a “esistere” nei cuori e/o nella memoria. Penso, per esempio, alla Ternana e al Palermo del gioco corto di Viciani. Il gentile Robertson citava il Perugia di Castagner, imbattuto dietro al Milan della stella del 1978-’79.
In certi toni di Sarri, e nel suo, coglievo invece un paragone anche tecnico. Giammai. Tutto ciò premesso, il Napoli di Sarri lo ricorderò.
Robertson, io da “fiammingo ad honorem” non dovrei tifare Olanda, ma sinceramente é un ingiustizia che non abbiano vinto un mondiale!
a proposito il 10 saro’ ad Amsterdam a vedere la partita, speriamo bene,
prendo atto Beck, ma ricordo anche suoi commenti, in relazione al Napoli di Sarri, sul “fare la storia anche senza vincere, come l’Olanda”
Alef,
si dice che anche che Piet Keizer fosse un poco geloso del talento del divo Cruyiff, e che la scelta del CT olandese di mettere all’ala sinistra Rensenbrink al posto di Keizer fosse anche alimentata da una ripicca dell’immenso 14.
Poi non si sa mai se questi sussurri siano veri…
In quegli anni Kezier stava all’Ajax come Jupp Henynckes stava al Borussia. Tutti e due 11. Tutti e due cattivelli.
Se poi questi discorsi e argomenti non piacessero al farneticante bartolomeo (furinazzi), non fa altro che disimpegnare le sue dita unte dallo scaccolamento compulsivo e chiudere la connessione. Sa sapesse come si fa. C’è sempre il bar spor, con rutti, metanolo e flatulenze varie, con l’un orifizio o l’altro, cambia poco.
O il Perugia di Castagner, ecco. Va.
Il problema do Napule, e di altre squadre come dei loro sostenitori, è di scegliersi scelleratamente, e senza senso del ridicolo, i nemici. Atrribuendosi una rivalità che sentono solo loro.
E’ come quando un gatto di campagna dice di sfidare una tigre del bengala.
Senso delle proporzioni, cribbio.
Gentile Riccardo Ric, scusi per l’intrusione. Lei scrive: “ANCHE dal nostro Primario”, a proposito del paragone Napoli di Sarri / Olanda del calcio totale. Nella mia rubrica sulla “Gazzetta” del 1° marzo 2018 scrivevo:
“Il 2-0 di Lipsia ha moltiplicato i rimorsi per l’1-3 del San Paolo. Dai «cialtroni» dell’andata al «vi ricorderete di noi come dell’Olanda degli anni Settanta», Sarri ha mescolato metafore estreme e, in un certo senso, estremiste. Capisco la forza delle suggestioni e il fascino dei paragoni, ma avrei evitato di disturbare i padri del calcio totale. Sarebbe bastato recuperare «vinti» gloriosi come il Napoli proto-zonista di Luis Vinicio o il «Real» Vicenza di Gibì Fabbri e Paolo Rossi”.
alef
già Feyenoord…
beh attenzione, l’immagine “Olanda bella da fare storia anche se ha vinto niente” era il refrain mediatico, accostato al Napoli di Sarri, scorsa stagione, ANCHE dal nostro Primario. L’Olanda, con l’Ajax, in quegli anni, vinse eccome…..pure la Germania eh, con la Germania e con il Bayern…