Ma che bella partita, Pazienti: di qualità e non solo di quantità , di testa e non solo di cuore. Primo tempo della Bosnia, secondo dell’Italia. Alla fine, Italia due Bosnia uno. Se questo è il calcio di giugno, non mi pento di aver marinato la sala parto, cosa volete che siano un paio d’ore…
Il problema non è mai stato la qualificazione all’Europeo (passano le prime due): il problema era la ricostruzione. Mancini e il suo treno sono in perfetto orario. Ciò premesso, ho colto nella Bosnia (fino a quando, almeno, ha retto quello stare tutta rannicchiata per poi aprirsi a contropiede affilati) i tesori grezzi e sprecati della vecchia Jugoslavia. Cito alla rinfusa: Pjanic, Dzeko, Visca, il portiere Sehic; e che nostalgia, in panca, quella balena di Prosinecki, lui che fu talento sfuso.
Ci hanno messo in crisi, soprattutto sulla destra (Mancini), ci hanno spremuto in mezzo, ci hanno asfissiati in attacco (un solo tiro, Quagliarella). Sono queste le partite che aiutano a crescere, non solo o non tanto le gite ad Atene. La bellezza dell’ordalia coinvolge i gol – splendida l’azione della rete di Dzeko, straordinario lo smash di Insigne, felpato il destro di Verrati – e la sensazione di selvaggia precarità che ribaltoni così tambureggianti trasmettevano. Grandi parate di Sehic, e una pure di Sirigu, occasioni di qua e occasioni di là . Tutto e sempre a ritmi da Premier.
Ci sono stati anche errori, come no. Mancini ne ha corretti alcuni (De Sciglio per il suo omonimo, fuori ruolo; Chiesa per Quagliarella, inno al falso nueve); il centrocampo azzurro è cresciuto (Verratti) e quello bosniaco calato; il duello tra Chiellini e Dzeko ha toccato picchi salgariani. La Bosnia era il primo avversario di un certo livello, l’Italia ha sofferto, ha rischiato. Ma proprio questo è il messaggio: trasformare i limiti in risorse. Si chiama maturità .
Sono arrivate le cifre definitive del fenomeno #Vanheusden allo #StanderLiegi (squadra che nella sua storia aveva speso massimo 4,5 milioni per un giocatore, fino ad ora).
Ricapitolando…
#Sturaro al #Genoa per 16 milioni è furto
#Audero alla #Sampdoria per 20 milioni è un furto
#Orsolini al #Bologna per 14 milioni è un furto
#Mandragora all’ #Udinese per 20 milioni è un furto
Vanheusden è stato ceduto dall’ #Inter per 25 milioni (ne incasserà effettivamente 20 perchè lo Standard vantava il 30% sulla futura rivendita, ma a bilancio finiscono 25 milioni). Ed è tutto regolare.
APPLAUSI
“pensare che certi sentimenti si possano affibbiare esclusivamente a determinate categorie” Quindi mi sta dicendo che la “categoria” al quale appartiene la partita Italia Bosnia le ha suscitato i medesimi sentimenti di italia Brasile 1982 o Italia Germania 2006, o anche Italia Brasile 1994, sempre per rimanere in tema di nazionale e per non celebrare solo le vittorie, prima che attacchi la flebo, “lei cita e ricorda solo le vittorie, mentre invece anche le sconfitte devono provocare sentimenti profondi e significativi”. Mi sa che deve mettere ordine nei suoi sentimenti
Gentile Riccardo Ric, rispetto la sua opinione, per carità , ma secondo me commette un errore di fondo: pensare che certi sentimenti si possano affibbiare esclusivamente a determinate categorie. Mi sembra uno strutturalismo esagerato. C’è sofferenza in un clochard sotto un ponte così come su un barcone in balia dell’oceano, c’è bellezza in una grande attrice così come in una zia che nessuno conosce al di fuori della cerchia parentale.
Mi ero accostato a Italia-Bosnia con l’aria di un Rocco Siffredi che guarda l’Angelus: molto sulle mie, molto sospettoso, molto esigente. Improvvisamente mi sono piombati addosso tre gol bellissimi, un ritmo pazzesco, un Pjanic che se giocasse sempre come nel primo tempo sarebbe da Juventus, uno Dzeko che non le dico, eccetera eccetera.
Come se il cielo mi avesse porto stelle che non si decidevano a cadere.
rido, no, le assicuro che non sono sconvolto. Comunque sta saltando di palo in frasca e pure lei, come i suoi pazienti, (del resto si sa..la testa del pesce ecc ecc) va a parare sull’ex allenatore della Juventus, pure se si discetta di Nuova Zelanda-Isole Far Oer, o di Italia-Bosnia. Se ha cosi tanta smania di parlare con me di Allegri e argomenti attinenti lo dichiari esplicitamente, non partendo da Italia Bosnia. “Se è corretto pesare gli avversari ecc ecc”. Bene pure i titoli andrebbero pesati, “Sofferenza e bellezza” è esagerato rispetto ad Italia Bosnia. Ecco, per Italia Brasile del 1982 sarebbe stato congruo….
Gentile DinoZoff, buon giorno. Non esiste un solo modo per preparare una partita di calcio o per scrivere la storia o per entrarvi. Come ha scritto, restando nel calcio, c’è l’allenatore che non si cura degli avversari e il tecnico che, viceversa se ne cura. A volte, non sempre, dipende anche dall’esercito che puoi opporre. Spesso, dall’idea che hai allevato.
Poi ognuno sceglie il tipo di calcio, di allenatore, di gioco che più gli garba. La Nazionale bearzottiana del 1978 rimane la splendida sintesi fra qualità tecniche ed equilibrio tattico, più ancora di quella vincente di quattro anni dopo.
Ric
Un idiota come te dovrebbe essere onorato di imparare qualcosa da superciuk,invece nada non capisci un caso e accumuli figure da giullare del blog.
Poveraccio.
Buongiorno gentile Beck. Entro nel tema sul tener conto degli avversari avversari si/no.
Pensa che i grandi allenatori che hanno rappresentato epoche di gioco entrate nella storia come Sacchi, Zeman, Michels, Lobanowsky, Guardiola e via dicendo, dal punto di vista ideologico si preoccupassero molto dell’avversario di turno, forti delle proprie idee spesso integraliste e dei loro uomini?
Oppure si può entrare nella storia anche sbirciando nel campo avversario quasi adattando il proprio gioco come spesso hanno fatto Trap, Bearzot, Capello senza comunque snaturarlo all’accesso?
Credo che il discorso sia sempre quelle: trovare il punto di equilibrio.
Penso a Nils Liedholm.
Gentile Riccardo Ric, finalmente una frase di buon senso: tenere conto degli avversari. In Italia non li consideriamo mai, quasi fossero cornice e mai quadro. Certo, a volte sono mediocri a volte no. A volte lo sono in assoluto, a volte per una sera o un pomeriggio.
Nello stesso tempo, il solo azzardare i paragoni che lei ha fatto, mi fa capire come la partenza di Allegri l’abbia sconvolta e necessiti (lei, non Allegri) di un supplemento di cure. I paralleli che pone non sono offensivi, sono eccessivi.
Nel dettaglio: occhio a trascurare la Bosnia, costola di quella Jugoslavia che fu il disordinato Brasile d’Europa. Dzeko, Pjanic sono fior di giocatori. E non è che di fronte avessero l’Italia del 1982, tanto per tornare a uno spicchio di storia caro al gentile Teodolinda: l’Italia di Tardelli, di Paolo Rossi, di Scirea, di Bruno Conti, di Cabrini, di Graziani o Altobelli eccetera. Se è corretto pesare gli avversari, senza ridurli a mera zavorra o innalzarli a combriccola di geni assoluti, è sempre corretto – a maggior ragione – dare un’occhiata alla bilancia, per evitare che si esageri nel caso opposto.
Grazie.
Cabrini Beck, come qualcuno ha scritto proprio stamani, “bisogna pur tener conto degli avversari”, (a proposito, strano che negli ultimi cinque anni non se ne sia tenuto conto). Nel romanzo l’avversario era di quelli ostici, l’avversario era l’animo umano, non certo la Bosnia. Era il Brasile del ’70 o il Barca di Guardiola…
Ma l’opposto di “mai essere schiavi di un’opinione” è per caso il famigerato cerchiobottismo?
Quello per il quale i giornalisti cadono sempre in piedi (o meglio in ginocchio)?