Si sapeva che il Barcellona era talmente in crisi da precettare d’urgenza il claudicante Messi. Non si sapeva viceversa, dopo lo Slavia, che Inter avremmo visto. Ebbene: per un’ora, una squadra quadrata e solidale, in puro stile Conte, subito a segno con quel toro di Lautaro (al quale poi ter Stegen avrebbe negato il raddoppio), capace di alternare un catenaccio mobile a contropiede ficcanti, di gruppo, protagonisti – a turno – Candreva e Sanchez, Sensi e Barella, a un passo dal gol. Di Handanovic, a essere sinceri, non ricordo una parata.
Poi, a sabotare la trama della favola, è entrato l’orco. Vidal. Fuori Busquets, De Jong al suo posto, 4-2-3-1, palla a Messi e pedalare. E’ così arrivata, splendida e improvvisa, la firma volante di Suarez su una cartolina dell’Arturo. E, verso la fine, un altro ricamo della premiata sartoria catalana: gran numero della Pulce, palleggio, arresto e sinistro del Pistolero, perso da Godin.
Per lunghi tratti, il Camp Nou sembrava lontano dalla cronaca dei suoi, abituato com’è alla storia della generazione dorata. Assomigliava, il gioco del Barça, a una processione quaresimale, titic e titoc, zero tiri, zero Griezmann, un ingorgo di passaggetti.
Molto ha sofferto, l’atteggiamento interista, l’ingresso del cileno. E Messi, lui, ha capito che le lavagne sono preziose, sì, e il possesso palla (63%) pure, ma i campioni di più, non importa se avulsi (Suarez), incazzosi (Vidal) o acciaccati (Leo).
Conte deve ripartire dal moto perpetuo di Barella e Sensi, dalla garra di Lautaro. Ha lasciato a casa Lukaku (mah), ha sparato sull’arbitro, un classico fin dall’epoca juventina. Se la flessione del secondo tempo non va demonizzata ma neppure trascurata, e se la Champions adesso è fortemente a rischio, la «prima» Inter resta un progetto suggestivo. Anche per questo, il derby di domenica sera, con la Juventus, promette di essere un romanzo salgariano.
Gentile Robertson, Berlusconi fu bravissimo ad azzeccare l’ordine della staffetta: prima Sacchi poi Capello. Se avesse messo in prima frazione Fabio e in seconda Arrigo, chissà cosa sarebbe saltato fuori.
Nel sorrisetto finale di Sarri alla pretesca e viscida chiosa cerchiobottista del parroco di Pieris c’era un fumetto (quello con i pallini, il non detto) con su scritto ma vedi d’annattene affa’…. ecc
Gentile Robertson, grazie per la segnalazione. Ognuno tira l’acqua al suo budino: che, se non ben preparato, prima o poi si scioglie…
Scritto da Roberto Beccantini il 3 ottobre 2019 alle ore 11:40
Capito, concordo. Capriole a gogo’.
Comunque so che non ama, ma le sarebbe piaciuto vedere lo stizzosetto scambio di impressioni tra il mascellato, sarri e condò l’altra sera post juve bayer.
Palpabile la diffidenza antropologica tra il privilegiato figlio dell’italianismo più spinto al secolo capello (benedetto a botte di van basten savicevic maldini nedved ibrahimovic, non sempre ben utilizzati, anzi ahinoi) e il maverick appassionato di calcio, studioso dello stesso, e che assurge al grande calcio per inopinati casi della vita, ovvero maurizietto nostro.
Come acqua e olio.
In mezzo cicciobello condò che per una volta non ci sta a sentire dire che in fin dei conti nostro signore è morto dal freddo. E lo dice al mascellato, che non gradisce. “non intendevo questo!!!” (come no).
Il Ciccione non lo intervistano stavolta?
Gentile Robertson, più che a voi Pazienti era riferito a noi giornalai (con tutto il rispetto). In questo senso: facendo ogni partita storia a sé, è lecito correggersi (duecento misti, specialità olimpica), ma cambiare diametralmente registro critico da un risultato all’altro, da una previsione all’altra (cento stile libero nuotati anche a dorso e/o a rana), no. .
Già iniziati i piagnistei per la designazione arbitrale di domenica.
Che idioti
Gentile Robertson, l’importante, tra una storia e l’altra, è nuotare – al massimo – i duecento misti, non passare, durante i cento stile libero, al dorso o alla rana.
Scritto da Roberto Beccantini il 3 ottobre 2019 alle ore 11:24
Beck,
a me piace pure ogni tatno farmi fraintendere. Ma qui lei è peggio di Conte (Giuseppi, non Cartonio).
Chemmminghia e mmminghia avrà voluto dire?
Per tornare sull’epica e sulle storie. Mi pare che spesso ci si dimentichi che sullo 0-1 di madrid nel (quasi mitologico 1-3 (mancò la fortuna ecc ecc) ci fu pure un goal di isco apparso regolare annullato.
Ridicolo appellarsi al rigore su Vasquez allora (che c’era, comer pure d’accordo quello di cuadrado all’andata), ma ridicolissimo che la gazzetta sprechi una articolessa e strilli isterica per il rigore di sensi (ino ino ino ino ino, anzi per me tuffo olimpico) e glissi sfacciatamente sulla rigorazza a favore del barca (il fatto che fosse stato fischiato un fuorigioco ininfluente è inconferente, perchè sarebbe stato cassato dal VAR; quello si certamente, essendo oggettivo).
La realtà è che sono senza vergogna. Tonio non è nuovo a queste cose, l’aver aggiunto il Cartonio lo sta spingendo ad una deriva patologica.
Gentile Robertson, l’importante, tra una storia e l’altra, è nuotare – al massimo – i duecento misti, non passare, durante i cento stile libero, al dorso o alla rana.