Un paziente di lunga corsia, il gentile Teodolinda, mi chiede un pensiero sull’addio di Claudio Marchisio, triste come tutti gli addii che, al di là del tifo, mutilano una passione e chi, non importa la maglia, questa passione ha fecondato. Basterebbero, per rendere l’idea dell’uomo e del giocatore, le righe di Andrés Iniesta, riportate dal non meno gentile Alex Drastico: «Mi è piaciuto vederti giocare, ma ancora di più competere contro di te. Oggi il calcio è un po’ meno calcio».
Lascia, Claudio, a 33 anni, vinto dai ferri del chirurgo, dopo una carriera che tanto gli ha dato anche perché lui le ha sempre dato tutto. Leale, elegante («di profesion bel zovine», avrebbe detto Nereo Rocco), centrocampista di posizione e di incursione, liberato da Calciopoli, membro a pieno titolo di uno dei quadrilateri più forti e meglio assortiti che la Juventus (e, permettetemi, il nostro campionato) abbia mai prodotto: con Andrea Pirlo, Arturo Vidal e Paul Pogba non poteva non crescere, non poteva non farlo crescere (il reparto).
Proprio il Barcellona e la Spagna di Iniesta gli hanno sottratto la Champions e l’Europeo. C’era pure a Cardiff, contro il Real di Cristiano, ma ormai tutto era chiaro. Non sto parlando di un fuoriclasse: scrivo di un giovane capace, dal vivaio al mondo, di offrire il cuore alla squadra dal cuore, società dalla maglia gloriosa, pesante, divisoria. Non solo la fedeltà , naturalmente: anche un certo stile, ebbene sì, e il talento, e quel timing che, in campo, allontana dalla normalità e avvicina all’eccellenza.
Si potrebbe definire, per i gol che segnava e costruiva, un Tardelli più pacato, pronto, in casi d’emergenza, a farsi crocerossina della regia se non, addirittura, mezza punta. Vi (e gli) giro una vecchia massima: grande è l’arte di iniziare, ma più grande è l’arte di finire. Fatene buon uso.
Gentile Riccardo Ric, finì in tragedia anche l’Europeo in cui Tardelli lasciò il marchi contro gli inglesi. Al netto della “parità ” realizzativa, resta indiscutibile il fatto, calcio diverso per calcio diverso, quella sera a Torino Marco segnò e non fece segnare Keegan. La differenza.
anche Marchisio ha lasciato un timbro contro l’Inghilterra, prima partita del girone mondiali in Brasile, ma appunto nessuno lo ricorda, perchè poi finì in tragedia. Lungi da me sminuire Tardelli, un grandissimo assoluto, però ha avuto a disposizione più palcoscenici “epici” di Marchisio, visto che il raffronto è tra i due. Mondiali 78 82, tanto per citarne due. Tutto qui.
Gentile Riccardo Ric, sull’urlo ho appena risposto al gentile Teodolinda. Mi creda: per Tardelli è stata una prigione, non una reggia. E poi, certo, glielo do io l’immaginario popolare. I Primari esistono per questo: per evitare che l’immaginario popolare diventi un reality populista. Viceversa, concordo sul concetto di “mancanza di vittoria epica” (nella carriera di Marchisio). Fatte le debite proporzioni di rose e di epoche, non si dimentichi mai che Tardelli spesso lasciava il timbro (Inghilterra, Argentina, Germania Ovest).
ah beh, certo, ma il calcio rimane gioco di squadra. Nell’immaginario collettivo Tardelli viene ricordato anche e soprattutto per “l’urlo” che lo pose nell’olimpo dei super tra i quali comunque avrebbe meritato di essere collocato. A Marchisio è mancato questo, l’ episodio “epico”, la vittoria “epica”. E’ mancata alle squedre nelle quali ha militato, però.
Gentile Riccardo Ric, ma timbrare una finale mondiale non è mica come cambiarvi una flebo in Clinica. Certo che fa la differenza. Ci mancherebbe che non la facesse..
mah anche io credo che se Marchisio avesse timbrato una finale mondiale o una finale champions tutte queste differenze tra lui e Tardelli non si vedrebbero. La disfatte azzurre in Sudafrica e Brasile mi spiacquero soprattutto per lui. Vero che tra le due disputò una finale campionato europeo. (quando si dice, il calcio…). Avrebbe meritato un alloro, con club o nazionale, ancora più prestigioso. Ed una carriera un filo più lunga.
Gentile Teodolinda, la ringrazio ma mi permetta: ha ragione il gentile De Pasquale, Tardelli è stato un fuoriclasse, Marchisio un buon giocatore tendente all’eccellente. Per me, con alcuni punti in comune. Per altri, fra i quali lo stesso gentile De Pasquale, no. Però confermo: altra categoria. E attenzione: dell’urlo dell’11 luglio 1982 Marco rimase prigioniero, non padrone. Certo, lo si ricorda sempre o soprattutto per quello, un torto enorme, clamoroso che Tardelli non merita. Tardelli è stato molto più che quel grido ossessivo (gooool), quella corsa spiritata. Moltissimo di più.
Tardelli è stato uno dei più grandi giocatori italiani di tutti i tempi e tra i centrocampisti il migliore insieme a Pirlo. Marchsio no.
Gentile Robertson, Tardelli nasce terzino e diventa centrocampista.,Marchisio nasce attaccante e diventa centrocampista. Al di là delle distanze fissate dalla caratura complessiva (Marco fuoriclasse, Claudio no), trovo somiglianze tattiche nel modo di vivere il ruolo, da assalitori, ciascuno naturalmente nella sua epoca. Ripeto: è mancata, a Marchisio, la versione di difensore puro che viceversa Schizzo ha potuto recitare nell’ambito del calcio cosiddetto all’italiana.
Inoltre: Tardelli è stato olandese, cioè duttile, in almeno tre ruoli distinti (terzino, marcatore, centrocampista). Marchisio è stato eclettico all’interno dello stesso ruolo (mediano, mezzala, mezza punta e para-regista addirittura).
Ecco: “più pacato”, Nel senso di meno elettrico, meno abrasivo. Tardelli era un cavo elettrico, Marchisio un cavo. Non meno prezioso, ma meno determinante.
In merito alla conferenza stampa di ieri ho notato con rammarico l’assenza totale delle juventus da questa occaasione.
Capisco che Marchisio non faccia più parte della Juve ma possibile che fossero tutti così impegnati da non poter mandare qualcuno a fare gli onori di casa? La distanza tra la sede è lo stadio è di qualche centinaio di metri?
Boh, ho letto che eera presente solo Sturaro.