I confini, subito: le parate di Sirigu (su Dybala, Bonucci, De Ligt [!], Cristiano, Higuain, Ramsey contro una di Szczesny, una sola, su Ansaldi) e l’ingresso del Pipita. In mezzo, un Toro in crisi che doveva rialzarsi (e sul piano della lotta, nessuna obiezione) e una Juventus che cerca di imparare la grammatica di Sarri con la paura che le scappi un «vadi» nel compito d’italiano.
L’ha deciso De Ligt, il derby. E questa è una notizia. Proprio lui, il più assiduo paziente del mani-comio, protagonista anche stavolta. Aperta parentesi: domanda per Rizzoli, che differenza c’è fra il braccio di Lecce e il braccio di Torino? Chiusa parentesi. Higuain ha avvicendato un Dybala vivace ma periferico, Belotti aveva fin lì tenuto in piedi il Toro. Più corner per i granata, più possesso (e più tiri) per i campioni. Ma proprio su angolo, dal momento che il calcio è metà arte e metà riffa, la Juventus è passata: con la parabola di Pjanic, la sponda di Gonzalo e la girata del batavo di anni 20 e milioni 75.
Mazzarri aveva dato la carica, petto in fuori e 3-5-1-1, con Verdi, calato alla distanza, dietro il Gallo. Rientravano Pjanic, De Ligt e De Sciglio, decollo da incubo e rotta meno turbolenta. A un certo punto, nel primo tempo, ho colto Cristiano (così così) far segno di avanzare: possibile? Mi è tornato in mente Platini, quando invitava il Trap a uscire dalle barricate. «Certo, Michel, non appena ci porti il pallone».
Fra i cambi, ho trovato azzeccato anche Ramsey al posto di un Bernardeschi che, come trequartista, fatica a orientarsi. Il Toro continua a perdere ma se non altro ha ritrovato l’anima antica. La Juventus continua a vincere di misura, come una formichina con più elmetto che righello. Non chiude le partite, soffre, crea, spreca. Sporca, se serve; in smoking, quando può. Però 11 vittorie e 3 pareggi, Champions compresa. Il calcio gli è semplice, davvero.
Beck si. Direi che la fuoriuscita di hamsik e jorgnho (soprattutto il primo, per la sostanza ma non solo) sia stata un poco sottovalutata. Allan non mi sembra più l’iradiddio di qualche tempo fa, ma potrebbe essere cosa transitoria (oppure riscaldi parigini….). Il resto sono ancora o acerbi oppure un poco fuori ruolo, per quanto,..non mi pare che il giovane spagnolo ruiz abbia il passo per giocare in molti altri ruoli. Zidaneggia, ma zidane era un’altra cosa, ed anche lui per mole inizialmente si pensava di metterlo davanti ai centrali. poi spicco il volo da, sostanzialmente, trequartista-tuttocampista (ma che polmoni…).
Qualitativamente di lorenzo, il 2 nuovo non è male. Mario rui è di categoria. Callejon è super chilometrato, inzigne dice….. pensare che Ancelotti trasformasse Inzigne (29 anni….) in quel che non è mai stato mi pare utopistico.
No, non ci credo all’ipotesi stuzzicante che avrebbe rappresentato napoli per ancelotti.
Penso che sei milioni l’anno non glieli dava nessuno. E nessuno, tranne un caciottaro che mette moglie e figlio nel cda, avrebbe accettato figlio vice e dietologo genero.
Sono cattivo?
Civolani era un personaggio, si.
Scritto da gian-carlo giappogobbo ecc.ecc. il 4 novembre 2019 alle ore 16:46
Gian-carlo,
si e no.
Io credevo che KK fosse un giocatore più intelligente e che fosse cresciuto sino a tal punto da poter fare sia il muscolare che il regista di difesa, gestendo il muscolarissimo, rapidissimo ma un poco troppo marcatore-e-basta di manolas. Infattti qui, eccellentissimo spazio di disamina calcistica, si diceva che forse Manolas era l’unico giocatore a poter sostituire Giorgione nostro.
Facendo qui uno sbaglio, mi rendo conto oggi, epocale: Giorgione nostro non è solo uno straordinario agonista. E’un giocatore capace di posizionamento straordinario (contrario di manolas) e intelligenza calcistica che gli fanno controbilanciare piedi un po cosi (comunque migliore di come sembrano) e una rapidità sul breve che è quello che è. Giocatore dalla grande intelligenza calcistica, e non solo.
Spesso nello sport del pallone si confonde lo stile con l’intelligenza.
Col senno del poi, o forse perchè il napoli si è visto sempre un poco distrattamente, la mente della difesa del napoli era albiol, coi suoi limiti, e non KK. Al quale quest’anno ho visto fare cose dell’altro mondo.
Non è che perchè uno ha i piedi buoni necessariamente può fare Scirea, eh?
Questo quando avanza, spesso avanza a cazzo, altro che a fari spenti come faceva il nostro, solo nostro, divino Gaetano. Spernacchiato fino ai 24 anni (a proposito di deligt vent’anni….) perchè qualcuno pensava che il vecchio giacinto oppure quell’altra pertica bolsa di graziano bini dovessero giocare loro.
Per carità . Avremmo un titolo mondiale in meno.
Grazie, gentile Gian-Carlo. Se non sono indiscreto, dove ha fatto le medie? Io alle Testoni, stessa scuola di un “certo” Alfredo Cazzola… 1972: lei arrivava, io ero appena partito (20 agosto 1970).
Gentilissimo Primario, abito a Bologna dal 1972 (cominciavo le medie).
La mia fede Fortitudina risale ad allora, con il Barone contro Kociss…poi arrivarono Starks & Jordan, Nikolic in panca, ecc.
Ma il Civ era una lettura interessante anche quando (alle elementari) mio padre portava a casa Tuttosport (per quanto – già allora – infestato di torinisti).
Gentile Gian-Carlo, grande Civ. McLombard, Gary Baron Schull. Ricorda o è troppo giovane?
Circa la difficile compatibilità tra due stopperoni come Manols e Koulibaly (così come tra due liberi come Bonucci e De Ligt, se è per quello, ma il giovane batavo è più duttile), in questo eccellente spazio di disanima calcistica (cit.) si era scritto…o no?
Sul Civ (mio vicino di casa): grande appassionato di basket (soprattutto femminile…) e, fino all’ultimo, lucidissimo analista delle vicende calcistiche. Mi mancherà !
Gentile Robertson, eccomi. Come sa, sono più «giocatorista» che «allenatorista» ma spero di saper riconoscere anche le qualità degli allenatori. Spero. Carlo Ancelotti nasce fusignanista, poi si mette in proprio e girando per il mondo attenua l’eretismo didattico del Vate senza disperderne lo spirito, il seme. Il tutto, naturalmente, fra gli alti e bassi che caratterizzano le carriere di ogni mortale, dai Marchionne ai Cipputi.
Un grande, non si discute. Dopodiché, ognuno lo prende e lo colloca nella posizione che più gli garba. Ma nessun dubbio, ripeto, che sia stato e rimanga un grande. Tralasciando le due Coppe dei Campioni che vinse da giocatore, ne ha vinte ben tre da tecnico: 2 con il Milan, 1 con il Real (la decima).
Non so se sia imborghesito. Non penso. E’ sempre il risultato che determina i confini e i destini, e solo per pochi eletti (anche) le sconfitte. Per uno che ha allenato Juventus, Milan, Real, Paris Saint-Germain, Chelsea e Bayern, il Napoli non poteva non rappresentare una stuzzicante sfida. A costo di correre il rischio di arrivarci con la pancia piena e gli appetiti placati, come scrive lei. E darlo da vedere. Tenga presente un dettaglio: negli otto anni del ciclo juventino, senza Madama il Napoli avrebbe vinto quattro scudetti. Il primo con Mazzarri, due con Sarri, l’ultimo con Carletto.
Ha cercato di portare le sue conoscenze in un ambiente difficile con un presidente difficile. Cosa si rimproverava a «C’era Guevara»? Di non cambiare mai. Cosa si rimprovera a Carletto? Di cambare troppo. Nel calcio, sport devoto al Relativismo, hanno ragione entrmbe le fazioni. Lo chiama «principe dei gestori», lei. Mah. Per me saper gestire è una qualità , a patto che non si esageri: come invece fece Allegri da Natale in poi (ma non in precedenza: «solo» gestire, almeno).
Ancelotti ha cercato di allargare la rosa, come voleva il padrone, ma pure i tifosi e i giornalisti, mobili qual piume al vento; ha cercato di reperire schemi alternativi al 4-3-3 di osservanza sarriana. Il Napoli di Champions (con il Liverpool, a Salisburgo) mi è piaciuto assai: classica squadra di coppa e spada, che dà e prende. Meno il Napoli di campionato, già fin dalla prima ora allo Stadium. Anche se poi ha alternato sprazzi di bel gioco. Persino a Roma, dopo il rigore parato di Meret, sabato scorso.
Non ha più Jorginho, non ha più Hamsik: in pratica, trequarti di centrocampo. Gli è rimasto Allan, attorno al quale ha provato a edificarne un altro, con esiti alterni. Faban Ruiz, Zielinski sono mezze punte votate all’attacco, soprattutto. E probabilmente, io per primo, ho sopravvalutato l’avvento di Manolas e sottovalutato la partenza di Albiol. Ci metta inoltre che Koulibaly ha giocato da Koulibaly soltanto contro i Reds: non un dettaglio da poco.
Altra cosa: prenda le formazioni del Milan con cui vinse le Champions del 2003 e 2007, inventandosi l’albero di Natale. Quali e quanti giocatori sacrificherebbe all’attuale rosa del Napoli? Io, a naso, nessuno: l’ho sparata così, senza scartabellare in archivio.
Nessun dubbio che Sarri appartenga più alla categoria degli allenatori-scintilla e Ancelotti alla tribù degli allenatori-legna: che aiuta a ravvivare il fuoco. Però, nel suo caso, restiamo ad alti livelli. Molto alti.
Gentile Robertson, tutti gli uomini hanno un sogno nel cuore. Immagino che il suo, suo di lui, fosse quello di migliorare ancor più gli Insigne e i Lozano. Non dimentichi, inoltre, il Mondiale del 2018: l’ha dovuto gestire Carlo, non Sarri.
Penso che sia un aziendalista come tanti, come quasi tutti. Ecco: nel calcio iper-moderno del Duemila, devo ancora imbattermi in un allenatore «non aziendalista». Prima o poi, per la legge dei grandi numeri, mi capiterà .
Per paradosso, Ancelotti è un mister molto equilibrato al contrario del suo Napoli, oggi squilibratissimo. Gioca sempre almeno due partite in una. Esempio, con l’Atalanta: primo tempo da 3-0, invece 1-1. Pressa poco, spesso impiega Callejon, Mertens, Milik e Insigne. La fase difensiva ne risente.
L’alibismo costa punti, al di là del rapporto torti-favori che i tifosi, persino quelli juventini, girano sempre a proprio vantaggio. Non si devono offrire scuse, sponde, ai dipendenti: sarebbe un autogol clamoroso.
Ricapitolando: il Napoli di Ancelotti è sotto media in campionato e in perfetta media in Champions, al netto dello 0-0 belga. Io non sono pessimsta. Fermo restando che in campo vanno i giocatori. E che «persino» Sarri, sabato scorso, a un certo punto ha dato un’occhiata alla panchina e, sullo 0-0, ha tolto Dybala e inserito Higuain.
Grazie per lo spunto.
Gentile Alessandro, grazie per la testimonianza. Ho ricordato Gianfranco Civolani su “Facebook”. Non solo amico di mio papà , ma anche – e soprattutto – il mio grande maestro.
Alemichel
ma ha più corsa costa, ed è più al servizio degli altri due.
Questo io lo capisco.
Sarri ha detto una cosa molto seria e chiara pochi giorni fa. ronaldo parte da sinistra e si accentra, dybala da destra e si accentra. con gonzalone in mezzo difficile parlare di 433, perchè nessuno ha predisposizione per stare largo, a meno che, non si pensi di aver preso c27 per farli gare i cross.
Da qui il fatto, paradossale, che l’impego di gonzalone assieme agli altre due potrebbe passare in cui proprio gonzalo faccia il centravanti arretrato/regista per gestire le due punte. E alla bisogna il centravanti vero.
E’ una cosa stilisticamente interessante e che sarebbe degna di dumas. Il ritorno di gonzalo.
Che effettivamente è personaggio letterario, dati pregi e difetti.