Vince e si qualifica, la Juventus a Mosca. Vince con il risultato caro all’azienda (2-1), dopo che Semin aveva aspettato Sarri come Kutuzov aspettò Napoleone. La paperissima di Guilherme e il tap-in di Miranchuk, giovanotto di talento, avevano fissato un pari che sembrava roccia. Di qua, insalata russa; di là, insalata lenta. Con una gran parata su Higuain, un paio di spari del Marziano e un salvataggio di Bonucci su Joao Mario.
Poi Douglas Costa. Aveva rilevato un Khedira spremuto. «C’era Guevara» l’aveva sistemato nel mezzo, scelta che accentuava gli ingorghi senza offrire scorciatoie. Perché sì, la Juventus portava la torta e la Lokomotiv cercava di strappargliene un morso, una fetta, ma non è che, sotto il diluvio, Pjanic dirigesse con il piglio del vigile ispirato. E gli altri? Rabiot si arrangiava, idem Rugani su Eder; Ramsey si sforzava di «trequarteggiare»; e Cristiano, udite udite, non c’era più, sostituito da Dybala.
Ignorava le fasce, Madama. Sia Danilo sia Alex Sandro. E così per gli avversari non era un’impresa stringersi attorno a Corluka e smorzare i cross, i fraseggi. A un certo punto, Douglas Costa è finito a destra. Poi a sinistra. Non più al centro, o meglio: meno al centro. Buona idea. Chi scrive, lo preferisce nel movimento esterno-centro, piuttosto che centro-esterno. Il gol che ha firmato, è stato di rara bellezza. Triangolo con il Pipita al limite, dribbling e sinistro affilato sull’uscita di Guilherme.
Il brasiliano fu colui che, alla prima stagione con Allegri, partiva dalla panchina e spaccava le partite. E’ un tipo strano, cagionevole, che si beve i terzini (e non solo). Ha però un pregio, come già emerso fra Parma e il Napoli: la velocità, il cambio di marcia, il gusto del duello. Ingredienti che contribuiscono a fare del menu juventino un ristorante da cento euro.
L italia è il paese dei Caressa…
toro
simulato
Su Amrabat mi pare che vari indizi (almeno 3) facciano una prova.
Intanto cade il fortino, di sabbia, dell’Hellas.
Anche Lazaro è un lazzarone che si tuffa.
Occhio è, avvertite il Niguarda che sta vicino allo stadio, se finisce così Tonio Cartonio va diretto in terapia intensiva.
Lautaro simulatore.
Certo che il macigno è il macigno.
Solo che nn mi ricordo più….il macigno c’è se giochi prima o dopo? No, perché bisogna vedere se questo calendario è regolare, eh?
@ Lovre 51.
Vedi, il punto non è la papera di Costa Pereira, ma il fatto che il campo fosse impraticabile.
Ricordo ai più giovani: pari pari un caso Perugia.
Ma alla fine non sono affari nostri, personalmente però mi sono scocciato di sentirmi rinfacciare i vari Muntari, Turone e Ronaldo (quello grasso), e quando altri le combinano come a Moenchengldbach passano pure per eroi.
Comunque non ti preoccupare, la storia siamo noi, e paradossalmente se ne sono resi conto tutti proprio l’anno che abbiamo giocato in B.
Ciao.
Fulvio.
Cade facilmente questo Toro Lautaro…
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Gentile Beccantini, che delusione. Non avrei mai potuto pensare che non mi avrebbe risposto. Per non rispondere alla sua adorata sartina, immagino il livore, veleno e attorcigliamento di budella.
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Ritardo, se permette, soprattutto del gioco, dell’applauso degli avversari. In quel senso lì.
Scritto da Roberto Beccantini il 8 novembre 2019 alle ore 13:56
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Gentile Robertson,
All’estero, quando si parla di squadre italiane, si citano l’Inter del Mago, il Milan di Sacchi (soprattutto), di Capello, di Ancelotti.
Scritto da Roberto Beccantini il 8 novembre 2019 alle ore 15:07
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in Europa mi piacerebbe poter vincere giocando in modo che i primi ad applaudire siano i tifosi avversari, meno “trinariciuti” delle curve domestiche.
Scritto da Roberto Beccantini il 8 novembre 2019 alle ore 15:16
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Gentile Robertson,
….. Le cinque coppe del Real, i tanti Milan, l’Inter del Mago,
Svegliaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
Scritto da Roberto Beccantini il 8 novembre 2019 alle ore 17:22
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Signor Beccantini, non so se ha: Svegliaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!to Robertson,
Ma ha Svegliaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa to me!!!
E’ per svegliare me, non serve una trombata tanto lunga.
Senza pudore lei scrive: “All’estero, quando si parla di squadre italiane, ecc.ecc.”.
Appunto, senza pudore. Si perche’ avrebbe dovuto aggiungere, almeno una piccola perla
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Padronissimo di non credere a Brian Glanville, ma al suo, da lei decantato maestro: Gianni Brera.
Se lei e’ disposto a comentare il, da lei, decantato triplete della sua squadra di famiglia, ‘mi faccia un fischio. Al Milan ci arrivo dopo.
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Ferruccio Mazzola: “Se avessi voluto davvero fare del male all’Inter, in quel libro avrei scritto anche tante altre cose. Avrei parlato delle partite truccate e degli arbitri comprati, specie nelle coppe. Invece ho lasciato perdere…”.
http://espresso.repubblica.it/attualita/cronaca/2005/05/16/news/quelle-pillole-che-ci-dava-herrera-1.578
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s.mazzola:
…tanti trionfi, ma quei caffe (oltre a pozioni e intrugli dello staff del dott. Quarenghii!)
https://www.corrieredellosport.it/news/calcio/serie-a/inter/2015/11/07-5658541/mazzola_linter_di_hh_la_staffetta_e_quei_caff_/
http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/11/10/news/inter-aveva-ragione-ferruccio-mazzola-1.238101
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GIANNI BRERA E LA GRANDE INTER DOPATA
Testimonianza di Gianni Brera nel suo “Storia critica del calcio italiano” pubblicato nel 1975 da Bompiani. Ecco qualche brano tratto dall’edizione del 1978:
“E quando era avvenuto il reciproco giuramento, a uno a uno il mago chiamava in disparte i suoi prodi e gli ficcava in bocca qualcosa che pareva contenuto in una bustina di zucchero. Anche di questo non si doveva chiedere nulla: o credergli o restare fuori. Il dottor Clerle, che presiedeva al servizio medico della squadra, ha preteso di sapere ed è stato tolto di mezzo”(pag.304)
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“…il suo calcio era tutto trafelato: correndo molto non si doveva inventare nulla: a questo miracolo era pervenuto con i riti di spogliatoio e, dopo quelli, con le stesse bustine che nei bar si ricevono per dolcificare il caffè.” (pag.305)
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stagione 1963/64 .
“Consacratasi campione d’Europa il 27 maggio, l’Inter dovette far vela per Roma. Lo spareggio era fissato per il 7 giugno . I nerazzurri erano stremati. Sicuramente avevano abbondato in additivi per sopportare il campionato e il torneo continentale… Fatto è che ormai si reggevano a stento in piedi, e Accaccone (Helenio Herrera), giustamente preoccupato del Bologna, avrebbe voluto ricorrere ai subdoli riti d’una volta, per i quali era già stato estromesso dall’Italia. Un mago suo amico, mezzo olandese mezzo africano, certo Wanono, gli aveva garantito da Parigi che le tracce anfetaminiche scomparivano del tutto con un infuso di picciòli di ciliegia: era deciso a tentare. Lo seppero i medici dell’Inter e gli opposero dapprima l’obiezione dell’antidoping. Caduta la ridicola gherminella dei picciòli di ciliegia, Herrera ebbe quest’altra gaia trovata: entusiasti per la vittoria, i tifosi interisti avrebbero invaso il campo dell’Olimpico, malamente protetto da un vallicello non più largo di un fosso, e avrebbero rapito i loro benamati, portandoli subito fuori dalla portata dei medici anti-doping. Moratti gli domandò se per caso era diventato matto. Herrera si rassegnò a perdere. Queste rivelazioni debbo al medico analista Manlio Cipolla, mio amico papiensis, che faceva parte con Klinger e Quarenghi dello staff sanitario dell’Inter.” (pagg 341,342 )
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stagione 66/67.
“Il Celtic prevale per 2 a 1. Io scrivo: è bastato l’Aubisque; il Tourmalet verrà dopo. Accaccone accusa il medico Quarenghi di aver sbagliato le pozioni. Molti interisti, rivela, hanno vomitato. Ma guarda! Dopo Lisbona viene Mantova. E’ l’ultima partita di campionato. L’Inter ha ancora un punto di vantaggio sulla Juventus, alla quale il fiero Accacchino (Heriberto Herrera) ha energicamente vietato di rassegnarsi. Mi dirà un giorno Ivanhoe Fraizzoli, successore di Moratti all’ Inter, che i mantovani avevano dato a Helenio Herrera piena facoltà di procedere alla formazione (loro!) che più gli facesse comodo. Il general manager dell’Inter, Italo Allodi, è di Mantova e proprio lui e Fabbri avevano pilotato la squadra in serie A… Può darsi pure e nessuno può smentire dopo quanto si è visto. La derelitta Inter è scesa in campo asfittica e stralunata. Un tiruzzo di Di Giacomo che poteva sembrare un passaggio è stato messo dentro a palme aperte da Sarti, che per la disperazione ha poi battuto la testa contro il palo. Così la Juventus si è trovata campione quasi a dispetto dei santi.” (pagg.366,367)
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Il Times getta fango sull’Inter degli anni 60
https://www.repubblica.it/2003/k/sezioni/sport/calcio/timesinter/timesinter/timesinter.html
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