Si spera sempre, anche quando il silenzio fa pensare, e temere, più del rumore. Pietro Anastasi se n’è andato a 71 anni, era nato a Catania, la Catania di Massimino, di un altro secolo, di un altro calcio. E’ stato attaccante di razza, come si scriveva un volta, dallo scatto rapace, il tiro lampo e non tuono, gli stop a «inseguire» che, senza scalfirne la fame e la fama sotto porta, si trasformarono in una sorta di allegro marchio: di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno.
Giocava nel Varese, una tripletta alla Juventus lo portò proprio a Torino quando sembrava già dell’Inter, e con l’Inter stava disputando un’amichevole. Intervenne l’Avvocato, che rifornì di compressori i frigoriferi di Giovanni Borghi, l’allora presidente del Varese. Motori e milioni: 400. Giocò, nella Juventus, dal 1968 al 1976, vinse tre scudetti, litigò con Parola, Boniperti lo girò all’Inter in cambio di Boninsegna: e la storia s’impennò. Poi Ascoli, poi Lugano. Poi la tv.
Fu campione d’Europa nel 1968, con tanto di gol nella finale-bis contro la Jugoslavia all’Olimpico. Uno scherzo in ritiro diventato incidente lo escluse, d’improvviso e proprio in extremis, dalla spedizione messicana del ‘70. I tifosi lo chiamavano «Pelé bianco». Lo cantò Vladimiro Caminiti, siciliano come Pietro, ma di Palermo. Come Causio, leccese, Anastasi era figlio di quel sud che negli anni Sessanta accompagnò il grande flusso migratorio verso Torino, verso la Fiat, verso la Juventus, in un’operazione che unì amori e rancori, difficoltà d’inserimento e senso di appartenenza.
Non aveva le pupille schillaciane, Pietro, ma lo ricordava. Era un centravanti d’area, piroettava in un fazzoletto, la sua polvere da sparo era l’istinto. Lascia il vuoto dei compagni di viaggio che ci hanno regalato un sospiro, un sorriso, un’avventura.
bastardi
maiali
infami
e ti pareva, l aiutino è puntualmente arrivato
Il Lecce gioca troppo bene. Cazzeggiano come la Juve davanti l’aera di rigore e quelli prima o poi ti castigano
Comunque a Tonio cartonio va dato il merito di avere inventato il gioco semplice. Ogni pedina ha un compito semplice da eseguire e ciò gli permette di trovare rapidamente la quadra. Quando attaccano lo schema è semplice : palla in area per quello alto che ha sempre accanto la seconda punta e due centrocampisti a rimorchio se non di più vicini e prima o poi gli avversari, anche a difesa schierata, sbagliano. E non si fanno problemi a tirare da fuori. Noi, oltre a non tirare mai da fuori, quando crossiamo, in mezzo c’è al massimo un giocatore perché dobbiamo sempre maledettamente sfondare centralmente
ah no
attenzione, arriva l aiutino
C’è ancora gente in serie A (che negli anni 70/80/90 sarebbe stata al massimo in C) che calcia di piatto una palla a mezzo metro di altezza dal prato.
Tipo Mancosu.
nom solo, si sono mangiati un gol a porta aperta
Incredibile. Dopo 4 minuti il Lecce non ha ancora capitolato
Allan, 29 anni, in calo????