Il problema è sempre quello: gli attimi di evasione che prendono la Juventus dopo aver spaccato l’equilibrio e disarmato l’avversario. E’ stato un rigore «varista», questa volta, a riaprire una partita che i gol di Cristiano e Ramsey, senza trascurare l’abisso di censo, le avevano consegnato in pompa quasi magna. Insomma: il solito 2-1, le solite pause e un po’ di insolite luci (Ramsey, finalmente mezzala).
E così, di fronte alle rughe sapienti di Sacchi, colui che, con i lanzichenecchi olandesi, invase il nostro calcio e gli impose una nuova mentalità, la Juventus di Sarri non ha fatto né passi avanti né passi indietro. Sempre lì, a metà del guado, capace di fanciullesche amnesie e di ricami squisiti, come le azioni dei gol, il palo fuori schema di Dybala e la traversa del marziano.
Da Semplici a Di Biagio, la Spal ha opposto la dignità del cuore e delle gambe. Petagna, dopo una pedatina di Rugani a Missiroli, l’aveva recuperata dal dischetto, costringendo i campioni, «fuggiti» in branco a Lione, a tornare in fretta in caserma, ai posti di combattimento. Rientrava titolare, nel bunker di Madama, capitan Chiellini. Ancora arrugginito, certo, ma potrà sempre dire: uscito io, ecco l’immancabile frittatina.
Il possesso palla ha sfiorato la noia del possesso. Spazi permettendo, non si trascurino le scorciatoie: alludo ai due passaggi che hanno portato alla rete di Cristiano. Il primo, verticale, di Ramsey; il secondo, orizzontale, di Cuadrado. Non aveva mai vinto al Mazza, la Juventus: un pari e una sconfitta. Bentancur vice Pjanic incarna ormai più di una alternativa, anche se l’uruguagio e la squadra tutta devono migliorare la velocità di pensiero e il nitore dei tocchi.
Sotto, adesso, con Lione & Inter: le idi di marzo hanno fame.
Fabrizio
La grancassa mediatica viene concessa a quei pochissimi che si esprimono in favore di una pandemia. Gli altri virologi, e sono la.maggior parte, che invece sostengono il contrario li trovi nelle ultime pagine del giornali.
Gentile Fulvio, buon giorno e scusi per il ritardo. Ieri sono stato a Bologna, viaggio che, ai tempi del Coronavirus e post deragliamento del 6 febbraio, non è più facile o dolce (per me, almeno: e soprattutto per altri motivi) come una volta. Specialmente al ritorno: «deviato» a Verona dopo la chiusura della stazione di Casalpusterlengo per motivi sanitari. Ho trovato grande comprensione dall’equipaggio di Treniitalia. Mi ha aiutato a non smoccolare. Buon segno…
A noi. Lei si interroga, allarmato, basito, sul caso del giorno e sul mio silenzio e poi, con la classe che la contraddistingue, si dà la risposta. E che risposta:: «Beccantini, tutti parlano ormai dello stesso argomento (senza saperne nulla), ma da parte sua noto un fragoroso silenzio. Suvvia, non faccia il paraculo e ci dia il suo autorevole parere». Non pago, cita Manzoni: come ho fatto io, più volte, fra zone rosse e gialle, untori e gestori.
Essendo primario di questa piccola Clinica, e avendo giurato a suo tempo su Ippocrate, non posso e non devo diffondere un virus ancora peggiore del virus from China: la paura dell’ignoranza, la paranoia della supponenza. Dunque, ho lasciato campo libero a voi, fra tamponamenti e tamponi, fra passamontagna e mascherine. Quante volte vi ho scritto in passato, ricorda?, «Vi conosco, mascherine»… Noi italiani siamo fatti così, sposiamo le regole e andiamo a letto con le eccezioni, abbiamo una classe di dirigenti senza classe. Ci piace rimbalzare da un eccesso all’altro.
Scherzi (e pastoni) a parte, lo sa: non sono un virologo e meno che mai un tuttologo, sono un pocologo. Sorrido a questi corsi accelerati di scienza fatti in casa. Sono rimasto all’amante di Marilyn: «Non chiederti mai quello che lo Stato può fare per te, ma chiediti sempre quello che tu puoi fare per lo Stato». Tra tutte le frasi fatte, mi sembra quella meno «para-sedere» (o più?).
E poi mors tua vita mea, gentile Fulvio. Sotto casa, hanno aperto un piccolo Pam schiacciato fra una gigantesca Esselunga e un altro supermercato operativo 24 ore su 24. Vado sempre lì, in quel piccolo Pam, a fare provviste per voi pazienti e lo staff della Clinica. Non c’era anima. Adesso, non si entra dalla ressa.
Sorrido anche nel leggere come, a volte, il Destino si sveglia e capovolge i suoi umori. Quante volte l’arrivo del Napoli al Nord era stato sottolineato da striscioni volgari, rozzi e sozzi sul colera eccetera. Oggi, la Nemesi ha rovesciato gli estremi. «Non si affitta ai settentrionali», si legge sotto il Vesuvio spesso invocato per i motivi più beceri: evviva l’ironia. Come scrive Francesco Merlo su «la Repubblica» a proposito di quella filastrocca (napoletana, of course) sui vantaggi dell’«o’ cinese coa tosse» per snellire le file agli sportelli o ai ristoranti, con tanto di tariffario adeguato.
Sorrido. Come per il calcio, c’è chi tifa per Burioni e chi per la dottoressa del Sacco. ça va sans dire, pure io mi domando perché sì agli affollamenti (spalmati) sui treni e alle metro e no alle porte aperte negli stadi. E perché all’estero meno – morti, infettati – e da noi di più. E così ritorno al suo bellissimo incipit: «Tutti parlano ormai dello stesso argomento (senza saperne nulla), ma da parte sua noto un fragoroso silenzio».
Senza saperne nulla (loro).
Fragoroso silenzio (il sottoscritto).
Non poteva farmi complimento più bello. Grazie, di cuore.
Il Primario
Questo è un paese che non sa essere diverso da quello che è.
Una situazione gestibilissima, osservando le raccomandazioni minime, sta animando vergognosamente un dibattito politico coprente le vere emergenze e necessità di questo paese.
Un qualcosa che si propaga come un influenza sta diventando una pandemia, più che altro nelle menti delle persone che devono vivere quotidianamente con i sensazionalismi e le psicosi.
Un giorno è il nord contro il sud, un altro è viceversa, con tutti chi più, chi meno, ad alimentare il fuoco della polemica.
Un paese serio non genererebbe allarmismi nella popolazione, anzi, lo inviterebbe in un momento particolare a stare unito, a produrre di più, a mettere più entusiasmo nelle cose che fa anche quelle più banali e quotidiane.
Un virus che è aggressivo tanto quanto una normale influenza, che per ora pare (e vivaddio) non abbia colpito i bambini, bensì solo persone che non hanno o hanno sviluppato naturalmente gli anticorpi adatti.
Si chiude tutto, stadi, teatri, uffici, città, dando un bel calcio nel culo alla nostro economia in maniera inverosimile .
Ma un paese che sa solo autofustigarsi, gridare allo stato di calamità naturale per un temporale, e nominare commissari e sub commissari anche per un mattone che cade non potrà mai essere diverso da quello che è.
La storia ha avuto ragione…..non abbiamo saputo neanche vincere una guerra.
Bonucci infine promuove il metodo Sarri: “Mi ha sorpreso per l’intelligenza umana e calcistica. Quando parli con lui capisci perché è arrivato alla Juventus dopo aver fatto un lungo percorso. È uno che sa migliorare le sue squadre. Da noi il contesto è diverso, la pressione anche, ma si è rimesso in discussione e noi abbiamo accettato un altro modo di vedere il calcio. Il nostro gioco è cambiato molto. Per esempio in difesa giochiamo ormai solo a zona. Ma ci adattiamo. Non è facile, ma le cose difficili non mi hanno mai fatto paura”.
Intanto adesso sui media cominciano a far capolino non solo le statistiche sul numero di nuovi contagi, ma anche quelle sulle guarigioni… primo piccolo segnale di rinsavimento generale?
EC: arrivare
Mah, premesso che per arrivare al solito risultato (la vittoria), come veniamo dicendo qua da 4 o 5 anni, la gente vuole vedere un calcio organizzato, aggressivo, coraggioso (e non le sbobbe vigliacche di un cuoco che con ingredienti comunque di primordine cucinava un ovetto al tegamino), la parte estetica ha la sua piccola-grande rilevanza. Soprattutto proprio in termini di brand, appeal e di qualsiasi altra parola inglese ci venga in mente, perchè il calcio è business o no? Decidiamoci.
Lo abbiamo sempre detto, e secondo me, lo sa benissimo anche AA (ed i suoi sponsors) ma ovviamente la retorica celodurista di cui il presidente è intriso, non gli permette di scalfire questo nostro mantra.
Però, insisto, spiace infinitamente constatare come in Coppa dei Campioni/UCL questi risultati non si riesca mai ad arivare ad ottenerli fino in fondo.
Se faccio delle merendine oggettivamente buone, la gente le apprezzerà e comprerà, ma per raggiungere nuovi clienti e nuovi mercati, avrò o non avrò comunque bisogno di metterla in una confezione più attraente? Oppure di lanciare una campagna pubblicitaria più indovinata, con uno slogan, una canzoncina, una faccia (o più spesso un culo) più attraenti?
No, lo dico perchè sennò rimaniamo ai 500 milioni di fatturato mentre Barcelona, Madrid e Man U si attestano sul miliardo.
La terminologia non ha nessuna importanza.i contenuti e la loro comprensione sono importanti e qui tu vai spesso in oggettiva difficoltà.
Tu le palle le Trapani costantemente paragonando quei concetti a “spettacolo”non rendendoti conto che nel calcio lo spettacolo e’solo una questione di gusti,assolutamente indipendente dal concetto di calcio organizzato.
Esattamente come il giornalista.
Beh a parte che la terminologia e’ importante, di sicuro non sono io quello che da anni trapana quotidianamente i coglioni per il giUoco, o l’organizzazione, o la propositivita’ o altre balle simili o accostabili.
Il giornalista capisce di calcio quanto te ed infatti ha parlato di spettacolo,come tu fai da sette anni,seppur usando terminologia diversa.