La notizia della positività al coronavirus dello juventino Daniele Rugani, primo caso in serie A, entra nella carne del nostro calcio con il sibilo, secco, del pugnale. E la squarcia. Irrompe poco dopo una delle partite più palpitanti di una stagione allo stremo, il Liverpool che in un Anfield pieno zeppo porta l’Atletico ai supplementari, con Wijnaldum, lo «elimina» con Firmino ma poi si fa rimontare dalle forze fresche che il Cholo sguinzaglia dalla panchina, doppietta di Llorente e contropiede di Morata. Sono stati i portieri a orientare il risultato: Oblak, con le sue parate; Adrian, con il goffo rinvio che ha innescato il primo gol. Il Liverpool campione d’Europa, del Mondo e padrone della Premier fuori già agli ottavi di Champions: e così sia.
In un Parco deserto, nel frattempo, il Paris Sg cancellava l’1-2 di Dortmund con le reti di Neymar e Bernat. Vi avrei parlato di un Haaland abbandonato e sterile, del rosso a Emre Can dopo una rissetta con Neymar. Il comunicato della Juventus ci precipita, di peso, nella realtà più dura: quella che, per due ore di evasione, eravamo disposti, il sottoscritto in testa, a barattare con l’emergenza. A volte si pensa che lo sport (il calcio, soprattutto) possa essere un’isola a sé, ma anche i suoi campioni, controllatissimi entro i recinti sacri dell’agonismo, vivono di relazioni, da persone normali, con persone comuni.
Con il ritardo del sognatore – e, spero, non del complice – mi arrendo anch’io. Al diavolo i calendari. Penso a quella salute che gli eroi dello sport ci hanno spesso «aiutato» a immaginare intangibile e contagiosa, felici (noi) di poterla sventolare come bandiera delle nostre crociate quotidiane.
Auguri a Rugani e a tutti i Rugani anziani e giovani del mondo. E a tutti i medici, infermieri e soldati Ryan che per loro combattono e rischiano infinitamente più dei miei polpastrelli.
«Da metà febbraio si è diffuso tra i reparti» Così iniziò il contagio ad Alzano e Nembro
Il rapporto della direzione dell’ospedale Pesenti: «I malati ricoverati tra gli altri pazienti per giorni»
Quei weekend sulle montagne piene di sciatori: «Qui sembrava Ferragosto, andava fermato tutto»
di Riccardo Bruno
Il presidente della Comunità montana di Scalve: «Il 7 marzo qui sembrava ferragosto». I gestori degli impianti: «Noi cercavamo di fare rispettare la distanza, la gente ci rideva in faccia»
(corriere della sera)
Stesse scuse usate per la bergamasca con i risultati che conosciamo:una ecatombe
purtroppo l’ecatombe bergamasca, come stiamo imparando a conoscere in questi giorni, ha ben altre cause…. gente che andava a sciare nel w.e. e errori di gestione e procedurali in ospedali e case di riposo…
Tutto il mondo ha smesso di produrre,la scusa della concorrenza e’ridicola….
nessuno dei nostri concorrenti nè in germania, nè in cina, nè negli stati uniti ha chiuso un solo minuto…….
Senti, senti, senti…
https://it.businessinsider.com/il-disastro-coronavirus-in-lombardia-era-gia-scritto-in-un-audit-del-2010-mai-applicata-anzi-una-delle-colonne-su-cui-si-basava-asl-e-stata-smantellata/
Capisco non sia facile avere una prospettiva storica ed economica. Bisogna conoscere e studiare. Ma non siamo all’asilo
.
Buonasera Primario, so che no c’è oggi ma glielo dico uguale il mio pensiero che è lo stesso di ieri, anche e soprattutto dopo il suo articolo di oggi. Non capisco la sua ostinazione a parlare di rigori ed arbitraggi a favore della Juventus, rasenta il ridicolo. A cui aggiunge un inappropriata e inopportuna definizione dell’operato di Zaccheroni ( guidato soltanto dal culo secondo lei), non le può venire in mente che chi c’era prima era una sciagura una delle più tremende che ci potesse capitare (continua a non esprimersi a proposito, mi inizia a sorgere qualche dubbio), e che questo tecnico stia coprendo con dignità il suo ruolo, in un posto in cui di dignità ne era rimasta ben poca (Bettega). Comunque e d ovviamente, ognuno ha la propria idea.
scritto da Luca G. 15/2/2010 19:51
Eh già , perché la «furbizia» e l’«irresponsabilità » vengono tirate fuori solo in maniera strumentale. Piuttosto, perché non facciamo un elenco delle 12mila aziende lombarde che in 24 ore, dopo la chiusura delle produzioni non «essenziali», si sono precipitate a chiedere una deroga ai prefetti, pur di restare aperte? Non soggetti generici: non «i furbetti», non «la gente», non «gli italiani»… No, un elenco di nomi, azienda per azienda, tipo di produzione per tipo di produzione, giusto per farsi un’idea. Dodicimila anche in Veneto. Per non parlare di quelle che sottobanco hanno modificato il proprio codice Ateco pur di rientrare nella categoria delle essenziali.
Dopo la revisione dell’elenco delle attività indispensabili, i lavoratori potenzialmente attivi in Lombardia sono scesi da 1,61 milioni a 1,58 milioni. In pratica, il Dpcm del 22 marzo ha messo a casa solo trentamila persone, tutte le altre hanno continuato a lavorare, e in molti casi a contagiarsi.
Questi sarebbero numeri significativi, e rivelatori. Invece ogni giorno se ne sparano di altalenanti e dalla dubbia affidabilità , si delira sulla curva, sul «picco», ma nessuno vede una prospettiva e si continua a rinviare l’avvio di una nuova fase. È per sviare l’attenzione da questo che si colpevolizza la gente.
A scanso di equivoci: non c’è stato nessun Piano congegnato in anticipo da potenti tanto malvagi quanto geniali e in grado di prevedere tutto. L’attuale strategia incentrata sul lockdown si è imposta a tentoni e non senza conflitti: basti ricordare come le classi dirigenti hanno reagito nelle prime settimane di epidemia, con fortissime tensioni tra governo centrale e regioni, tra segmenti di classe politica a loro volta rappresentanti di interessi diversi, spezzoni di capitalismo che si sono giocati la partita tra #chiuderetutto e l’#Italianonsiferma. Si sono scontrate diverse narrazioni, con un’altalena tra terrore e rassicurazione, e anche adesso ci sono tensioni tra chi vorrebbe stringere ulteriormente e chi invece vorrebbe allentare. Le misure, poi, sono state prese in modo incongruo, con continui rattoppi sui buchi fatti in precedenza(cit wumingfoundation).
Dai Ezio scherzo non c’è l’ho con te ci mancherebbe ma la storiella della necessità vitale di riaprire tutto dopo un mese e mezzo sennò e’la fine non sta in piedi.
Intanto, rinverdendo quell’adagio famoso secondo il quale “chi indossa la maglia dell’inda ha l’animo sporco di merda” Giuseppi Murrigno è stato pescato a violare il divieto di fare attività sportiva in luoghi pubblici, particolarmente delicato in una città come Londra, dove appena esce un raggio di sole la gente di solito tende a tuffarsi in uno dei numerosissimi parchi della capitale.
Proprio un bell’esempio di coglionaggine che piacerebbe assai a Lotito.
https://www.bbc.com/sport/football/52208509
Fabrizio, il punto del ricominciare….. un ristorante, un negozio, un bar…. sono in difficoltà perché non incassano, hanno le spese, devono pagare le forniture pregresse che non rendono, in più magari gli stessi titolari devono tirare la cinghia, perché l’ assioma commerciante/ricco non è che funzioni proprio automaticamente, anzi, ma almeno il problema è uguale per tutti, non hanno competitori cui sia permesso lavorare…
Altri, oltre ai problemi di cui sopra, hanno anche il problema di perdere il mercato a favore della concorrenza, soprattutto estera…..
Pasqua, va bene, è un periodo comunque di calo perché alcuni mercati si fermano, Nord Europa e Spagna, per esempio, ma tirare il 15 Maggio, sarebbe totalmente insostenibile, anche perché i margini della manifatturiera, soprattutto meccanica non é che siano quelli degli orafi….
Scritto da ezio maccalli il 8 aprile 2020 alle ore 19:58
Stesse scuse usate per la bergamasca con i risultati che conosciamo:una ecatombe.
Tutto il mondo ha smesso di produrre,la scusa della concorrenza e’ridicola.se un’azienda non si può fermare per due mesi significa che era già marcia di suo.se un pezzente come me si può fermare un anno e sopravvivere,lo possono anche fare fior di aziende che danno lavoro a 65 dipendenti con i pacchettini ups.
Stare a casa e non rompere i coglioni per il solito italiota tornaconto personale.