Gigi Simoni se n’è andato proprio il giorno in cui la «sua» Inter celebra il decennale del Triplete. Aveva 81 anni, combatteva dal giugno scorso contro un ictus. Era bolognese di Crevalcore, era stato, in carriera, un’ala duttile, più di raccordo che di rifinitura (62 gol, comunque). Vestì le maglie di Mantova, Napoli, Toro, Juventus (una stagione sola, 1967-’68: doveva arrivare Gigi Meroni e invece, per evitare moti di piazza, arrivò lui), Brescia e Genoa. Vinse una Coppa Italia con il Napoli. Da allenatore, girò mezza Italia, ottenne sette promozioni dalla B alla A, forgiò il miracolo della Cremonese, fu il primo tecnico di Ronaldo in Italia, all’Inter, con la quale si aggiudicò una Coppa Uefa e perse uno scudetto che sanguina ancora.
Per me era rigore, il contatto tra Iuliano e il Fenomeno, per Ceccarini no. Domenica 26 aprile 1998: Gigi sbroccò, invase il campo, fu squalificato. Finì 1-0, gol di Del Piero. E da quel pomeriggio, apriti Triade.
Non appartiene alla casta degli scienziati. E’ stato un artigiano che praticava un calcio senza fiocchi fusignanisti ma anche senza forzature retro. La quiete ben oltre la tempesta: «quella». Sapeva destreggiarsi fra i campioni e i gregari, lui che aveva vissuto il calcio con la semplicità dei «normal-one» che vedono nella bottega un valore e non sempre, ed esclusivamente, un prezzo o un limite. Moratti, in versione ultrà, lo bocciò in estetica dopo due vittorie, la prima addirittura contro il Real in Champions, 3-1 (e la seconda, con la Salernitana in campionato, 2-1). Glielo comunicò Mazzola: Gigi era a Coverciano, gli avevano appena consegnato la panchina d’oro.
Soffrì la tragedia immane della perdita di un figlio giovane. Ebbe meno di quanto avrebbe meritato. Era un uomo che ha cercato sempre di essere sé stesso. In Italia, un’impresa.
Ma quindi Arthur non vuole andare alla corte e gli blocca la plusvalenza. Gli segano le gambe.
Anche il ciclo della fc Juventus si chiuse all’ Heysel .
Coppa dei Campioni. Se la dovrebbero giocare solo i campioni dei rispettivi campionati nazionali.
Scritto da Alex drastico il 27 maggio 2020 alle ore 16:51
Completamente d’accordo.
Prima e seconda classificate in Champions, le altre in UEFA o al mare
A roma intimidi dall’inizio i romanisti, in casa loro. Cicli da 8-9 anni, altroche.
Scritto da Robertson il 27 maggio 2020 alle ore 16:40
Io ricordo che la Roma gioco’ una grande e generosa partita e fu molto sfortunata altro che Liverpool
Concordo.quella fu la più grande differenza tra liverpool e forest.la durata del ciclo.il forest fu una storia assurda,durata tre anni.il liverpool in quegli 8 anni mise le basi per la sua leggenda.
Va anche detto che a quei tempi contava saper costruire una squadra mentre oggi è sufficiente comprarsela.
Basta vedere i tabelloni delle partecipanti di allora,c’erano squadre competitive a tutte le latitudini:Austria belgio Scozia Svezia Olanda Grecia Portogallo spagna persino la Svizzera con il servette e il grassopher diceva la sua.
Il livello tecnico dei giocatori e’scaduto incredibilmente ma ancor di più lo e’quello di allenatori,scouts e dirigenti.ormai il calcio è nelle mani di 7-8 clubs che lo hanno reso una cosa di cattivo gusto.
Squadre che partecipano per dieci anni alla coppa campioni senza essere campioni di una fava se non di bilanci farlocchi e plusvalenze drogate.pippe assurde che diventano multimilionarie in tre anni.
Roba brutta,bruttissima.
Già. La finale del 77 fu l’avvio del ciclo del grande liverpool che era iniziato peraltro un poco prima con la uefa mi pare e che si chiuse all’heysel (in realtà si chiuse pure qualche mese prima quando la juve vinse largo la supercoppa europea a torino con la neve). Ma era ancora una grande squadra con una personalità totale. A roma intimidi dall’inizio i romanisti, in casa loro. Cicli da 8-9 anni, altroche.
Sounesss arrivo nel 1977 con dalglish dopo che era partito Keegan per Amburgo.
Per me fu diverso perché il forest fu la prima squadra inglese che “capivo”in quanto prima ero troppo piccolo e ne rimasi folgorato.gemmil,come no,un sinistro fatato e un dinamismo folle,un davids bianco insomma.Poi McGovern,il governatore di ccampo e ian bowyer mezzala col vizio del gol,gran ccampo,insomma.
Shilton nella finale dell’80 fece una partita straordinaria,fu man of the match e vivi Anderson era un terzino eccezionale per corsa e tecnica.gli altri della difesa,Clark burns e Lloyd erano dei mestieranti.davanti fortissimi tutti:woodcock birtles Francis lo stesso o’neill.gente che andava a mille all’ora e dava del tu al pallone.eppoi robertson:mai avevo visto e mai ho rivisto crossare in corsa con i due piedi come lo faceva lui.
All and all assolutamente non forti come il Liverpool che citi giustamente tu,meno fuoriclasse assoluti ma segnarono comunque un’epoca.la fortuna li aiuto’ma se la andarono a cercare con un football totale basato sulla costante compatttezza nelle due fasi da parte di tutti gli undici.
“We defend from the front and we attack form the back.there is nothing else to it”(brian clough).
Alex
Io ero innamorato di due squadre oltre alla primissima Juve di Trapattoni (quella che senza il vergognoso arbitraggio di Bruges sarebbe arrivata anche in finale di CC nel 78).
Uno è il Liverpool del 77 (soprattutto) e un altra è il Borussia monch. che era una squadra veramente tremenda. Nel 77 già in leggero calando ma ancora fortissima. Il forest mi piaceva meno ma era una squadra rognosissima. Aveva dei vecchi arnesi come gemmil anche, mi pare. Un accrocchio strano.una sporca dozzina, pure un poco fortunata devo dire. Avessimo avuto la metà del culo del forest ne avremmo due tre in più.
Ma l’11 reds del 77 era straordinario.nn ricordo se ci fosse già Grahame souness, centrocampista sontuoso. Ma sapevo e so l’11 quasi a memoria.