La cronaca ha fatto pace con la storia, il Liverpool è campione d’Inghilterra. Non succedeva dal 1990: era appena caduto il muro di Berlino, doveva ancora nascere la Premier. Trent’anni. Un secolo fa. Da Kenny Dalglish, scozzese, a Jurgen Klopp, tedesco. Dai gol di Ian Rush alle reti di Mohamed Salah. La proprietà è diventata americana, i docks non sono più quelli, macilenti, dei romanzi, il Mersey scorre sempre placido e noioso, la Kop non è più un antro, il mondo del calcio (e non solo) era cambiato e volato via, con «destino» Manchester.
I Reds erano rimasti là (eh già ): ai dribbling di Kevin Keegan, alla leggenda e agli slogan di Bill Shankly e del suo cerchio magico (Bob Paisley, Joe Fagan); alla strage dell’Heysel e alla carneficina di Hillsborough; alla scivolata di Steven Gerrard contro il Chelsea di José Mourinho.
Il Liverpool degli anni d’oro, passing game al ritmo dei Beatles, le Coppe dei Campioni del 1977, 1978, 1981, 1984, più quella di Rafa Benitez ai rigori sul Milan (2005), con Jerzy Dudek santo per una notte, fino al tripudio del Wanda, 2-0 agli Spurs. Diciotto «scudetti» e poi a dieta. Posti d’onore, al massimo, quando non mercati del disonore. Con tanta confusione, con tante delusioni. Sir Alex e ciao Pep, Arsène Wenger e Mou. Persino il Leicester di Claudio Ranieri: e i rossi sempre lì, in bilico sui cornicioni di Anfield, l’archivio (e l’Europa) come unica corda alla quale appendersi per vedere il vuoto con la rabbia dell’orgoglio.
Improvvisamente, Klopp. Un pressing feroce per strappare la saga dal sortilegio prima ancora che la palla agli avversari. Un calcio verticale, profondo, e quel tridente là (eh già ), Sadio Mané, Roberto Firmino, Salah. Anche se la svolta è arrivata da un portiere (Alisson) e un difensore (Virgil van Dijk). Non erano mai stati soli prima, figuriamoci adesso. «At the end of a storm there’s a golden sky». Sempre. Trenta e, finalmente, lode.
Dino bluff non è scemo completo semplicemente si diverte a trollare.
Diciamo che se prendiamo Arthur, servono ancora un tuttocampista incursore col vizio del gol, 2 terzini e, se parte il Pipita, 2 attaccanti dei quali almeno uno dovrà essere preso in funzione di Cristiano e Dybala.
Scritto da bilbao77 il 26 giugno 2020 alle ore 01:43
Magari! E se resta qualcosa, anche un mojito per me…
Pare sia stato Dani Alves a convincere Arthur a trasferirsi a Torino.
« Posto perfetto per svernare: te ne stai nella villa in collina a fare video idioti, e poi ti basta passeggiare in campo, che la velocità é quella » sarebbero state le argomentazioni decisive.
x bit, ciao….penso che Sarri vada aspettato…quanto meno la fine “calcistica di quest’anno”.
Infatti penso che se si punta al campionato interno difficilmente si vince in Europa! leo
Vero, gentile DinoZoff, 30 anni senza scudetto è un grave vulnus, ma attenzione. Negli stessi 30 anni:
2 Champions League
3 Coppe d’Inghilterra
4 Coppe di Lega inglese
2 Charity Shields
1 Coppa Uefa
3 Supercoppe d’Europa
1 Mondiale per club.
ops….scordavo la Coppa del Mondo x Club , ex intercontinentale
cinque anni DinoZoff , tanti ne sono passati dall’arrivo di Klopp, ergo : studi Lei , e nel mentre si aspettava una Premier , hanno messo insieme svariate Coppe UK , Champion , finale di Champion ed EL .
Gentile DinoZoff, buon giorno. Oh Dio, non è che Lippi abbia espresso concetti sconvolgenti. L’equilibrio, ça va sans dire, è fondamentale in tutti i settori, dai matrimoni al lavoro allo sport. Il calcio, certo, è uno sport di squadra che ha nei piedi l’elemento «produttivo» e distintivo e, dunque, più di altre discipline può sfuggire alla normalità degli argomenti, dei paragoni.
L’equilibrio del Liverpool kloppiano, certo. Sì, un po’ più marcato del City guardiolesco, per quanto siano due allenatori – Jurgen e l’ultimo Pep, non quello del tiki-taka – che praticano un calcio d’alto livello, verticale. Mi sembrava bilanciato anche il Liverpool di Kiev, ma poi Karius… Con Alisson, invece.
Non mancano le eccezioni. L’Atalanta del Gasp, per esempio. Una squadra tutto meno che equilibrata, eppure croccante, divertente, indicata come modello europeista. Applica il sistema puro, marca a uomo avanzando, per questo lascia spazi dietro, Atalanta-Sassuolo poteva finire 5-3, Atalanta-Lazio 4-2, 3-3, 2-3.
Gasp preferisce, evidentemente, il timbro, l’attitudine, la personalità . Già nel Genoa praticava un calcio british. A Bergamo, l’ha perfezionato. Equilibrata negli eccessi, cicala con l’elmetto: l’Atalanta si piace così. Occhio alla Champions. Tutto sommato, il suo spirito si sposa bene (meglio, addirittura) proprio con la partita secca.
Beh….trent’anni senza vincere un campionato inglese, con il loro blasone…. non c’è che dire…un ottima programmazione!
Almeno rileggetevi quando scrivete….