Dopo gli 80 di Pelé, ecco i 60 di Diego Armando Maradona. Le notizie sulla sua salute mi fanno sempre sobbalzare: eppure dovrei conoscerlo. Diego ha vissuto le vite di tutti i frequentatori della Clinica messi assieme. Si è speso e spremuto fino all’ultima goccia, ci ha regalato molto meno di quanto non si sia tolto con la droga, anche se a noi sembra comunque un’enormità. Non ha senso chiedere o chiederci cosa avrebbe fatto se si fosse fatto di meno. I geni, e lui lo è stato, considerano la banalità del bene una camicia di forza, ed è così che si perdono, a volte, dopo averci sedotto e frequentato. Noi, peccatori non meno di lui.
Ho avuto la fortuna e il privilegio di seguirlo ai tempi del Napoli e dell’Argentina «campeon». Le opinioni sono soggettive, e mai vanno considerate giudizi universali: a maggior ragione, se legate a epoche diverse, a pianeti lontani. In attesa che Leo Messi e Cristiano Ronaldo concludano la carriera e si presentino in sala «peso», Diego per me è stato il più grande. Più grande anche di Pelé, che pure ha vinto tre Mondiali (a uno) ed era più completo. Maradona era più «totale»: leader, uomo-chiave e uomo-squadra, etichette che non sempre combaciano. Senza Nilton Santos, Didì o Garrincha a reggergli lo strascico.
Fidatevi: sul campo era un esempio. In caso contrario, i primi a ribellarsi sarebbero stati i compagni. La punizione indiretta contro la Juventus al San Paolo; la ladrata di mano e l’esplosione atletica, estetica e tecnica contro gli inglesi in Messico: se dovessi fissare dei confini, traccerei questi.
Però quel ragazzo ne ha fatta di strada, canterebbe oggi Adriano Celentano riandando alle catapecchie di Villa Fiorito, Buenos Aires, dove nacque e da dove salpò. Chi scrive, ha sempre avuto un debole per i numeri dieci, da Omar Sivori in su. Molti di voi sono giovani, e Omar non lo hanno conosciuto. Era un uomo «di sinistro», il papà di Diego, il nonno di Leo e il bisnonno di Paulo Dybala: un chierichetto, paragonato ai suoi rostri, al suo ghigno. River Plate, Juventus e poi Napoli: il tunnel come via di uscita dall’esistenza, e non già (o non solo) come ingresso nello sberleffo.
Maradona è stato fuoriclasse assoluto, «fuori» da tutto e da tutti, persino da Sepp Blatter e i suoi maneggi, puntualmente denunciati in largo e chiassoso anticipo sui blitz dell’Fbi. Il suo ruolo è in crisi, la fantasia è stata deposta e deportata, comandano le lavagne, la propaganda incombe e incanala, il Covid ha chiuso il mondo dentro tanti, piccoli mondi. Siamo prigionieri di un «assassino» che gira libero.
Penso ai ritmi della Premier: restano pazzeschi, e aiutano a cementare il coraggio. Proprio a Wembley ricordo un cammeo di Maradona, il Maradona del maggio ‘80, il più selvatico, il più onnivoro. Amichevole Inghilterra-Argentina: a un certo punto Diego dribblò un paio di «maestri» e disegnò quello che avrebbe poi dipinto nel 1986. Il tiro non gonfiò la rete: sfiorò il palo. E per questo, paradossalmente, gonfiò lo stadio. Tutti in piedi. Come se avesse segnato, come se avessero sognato.
Detto che il Maradona allenatore fu puro marchettificio e dunque non mi interessa, vi lascio una immagine che, geloso, porto nella memoria dal 1985. Ero a Buenos Aires per le eliminatorie dell’Argentina. Sfruttando il fuso, dopo aver dettato il pezzo correvo in taxi al quartier generale della seleccion a Ezeiza, vicino all’aeroporto. Amico di Carlos Bilardo, il ct, e Raul Madero, il medico. Lavoravo, allora, per la «Gazzetta». Le sei, sette di sera. Diego palleggiava, solo, con le nuvole, i compagni già sotto le docce. Bilardo lì, serio, felice della sua felicità. La palla saliva e si perdeva, sembrava un aquilone. Poi tornava docile, in base all’effetto – e, penso, anche all’affetto che non poteva non provare – ai piedi del Pibe.
Era un altro secolo, quando anche un umile scrivano, termine caro al grande Camin, poteva avvicinare un dio senza essere cacciato dai suoi sacerdoti.
Grazie Beck.
Ribadendo tutte le perplessità su epoche e gioco di squadra, il giochino qui è semplice: considerando il calcio “moderno” a partire dai settanta, e le anche quello che ho potuto vedere direttamente, c’è un solo ed unico numero uno che lei ha raccontato nel suo bellissimo articolo.
Sono anche d’accordo con Marco Poli (si, può succedere), sul discorso “fuori dal campo”. Stiamo parlando di professionisti che vanno valutati esclusivamente per i risultati sul “posto di lavoro”. Inorridisco al ricordo della nazionale di Prandelli.
“La palla saliva e si perdeva, sembrava un aquilone. Poi tornava docile, in base all’effetto – e, penso, anche all’affetto che non poteva non provare – ai piedi del Pibe.” È una bellissima immagine e la invidio profondamente per aver avuto la possibilità di viverla, anche se le sue belle parole stemperano l’invidia donandoci il suo ricordo di quei momenti, racchiude quella sensazione che avevo quando lo vedevo giocare, di essere un tutt’uno con l’universo… Bukowski avrebbe potuto aggiungerlo nel suo monologo sullo stile.
PS anch’io sarei curioso di sapere quello che chiede Giovanni, la storiella dell’avvocato e di Boniperti.
Maradona è stato un grande, senza dubbio.
Pele’, ogni oltre ragionevole dubbio, è stato il più grande, valutando completamente entrambi a 360 gradi oltre la tecnica e le loro gesta.
Pelè è passato tra due ere: è partito da quella in cui la televisione non esisteva, portando le sue gesta in un periodo dove in pochi cominciavano ad averla.
Maradona si è trovato in un mondo completamente diverso, dove le sue gesta sono state amplificate a livello planetario.
Più difficile essere Pelè, più facile essere Maradona.
Anche per questo Pele’ è, e resta, il più grande.
El Diez
Buongiorno Primario,
Maradona “il più grande” : mi ero permesso di avanzarlo come ipotesi nel mio modesto commento al suo post di celebrazione di O’Rey…Lei, in gentile risposta , condivise sostanzialmente addirittura il mio podio: Maradona davanti, nell’ordine, a Pelé e Cruijff, con la riserva da parte sua di Di Stefano ex-aequo al terzo posto con Cruijff e quella, più generale, relativa alla difficoltà di “misurare” enormi fuoriclasse appartenuti ad epoche diverse in uno sport che rimane di squadra…
Bene, la mia curiosità sul Pibe de Oro è questa: l’Avv.Agnelli affermo’ circa 30 anni fa “ che la Juve aveva in mano il giovanissimo Maradona, ma Boniperti preferì farne a meno…”
Le chiedo: era soltanto una delle amabili uscite con le quali l’Avvocato di tanto in tanto si divertiva a “stuzzicare” Boniperti, peraltro da lui invece sempre stimatissimo, e quindi era una boutade, a quanto le risulti, o c’è del vero?…Perché se ci fosse del vero…Lei capisce Primario che con Diego ( sì, capisco, non avremmo avuto a quel punto il Divino Michel…) il nostro Libro d’oro in relazione soprattutto alla Coppa dei Campioni sarebbe stato un “filino” più ricco….
Qualcuno conosce l condizioni della rescissione di masSarri? Curiosità. Ma potrebbe anche dire qualcosa sul prosieguo.
Bilbao , il post di ieri , non e’ un mio amico , ma un copia incolla da Juvengers su Facebook .
Su Cr7 credo sia una provocazione definirlo un problema
Sul resto invece io credo abbia ragione , troppi esterni , troppi mancini , pochi e mal assortiti in mezzo la campo , il tutto gestito da un Mister VISIONARIO . E aggiungo , altre tre , max cinque partite , poi se Pirlo non trova la rotta , lo si accomodi alla porta e andiamoci a prendere Spalletti .
Chi, come me, ha vissuto quegli anni, da tifoso, ma anche da semplice guardone del calcio, non può non commuoversi.
Ho vissuto le stesse sensazioni un pomeriggio d’estate a castel del piano (Gr), con il Napoli in ritiro, e lui, il genio del calcio, la foca, come lo chiamava mio padre, uscendo dall’allenamento, vide un pallone, dimenticato dai magazzinieri: lo alzò, col suo sinistro magico, ed iniziò a palleggiare, in alto, sempre più in alto, di esterno sinistro…. nessuno dei presenti fiatò, come si fosse in presenza di un fenomeno soprannaturale. Perchè lui in un campo di calcio lo era.
Grazie Beck.
Complimenti Beck, bellissimo articolo.
Roberto buongiorno
Bravo come sempre a “raccontare” i maghi.
Esistono ancora persone che credono alla leggenda che Diego non sia stato il migliore di sempre.
Codeste persone si muovono tra noi criticandolo per la sua vita fuori dal campo.
Ognuno è libero di pensarla come meglio crede, ma mi chiedo se sia giusto che quelle persone abbiano potuto vederlo “nel campo”
Saluti
?