Ero stato un po’ tirchio, nel leggere Real-Inter: 1-1. Sono andato vicino al pareggio, non allo spirito dell’ordalia, degna in tutto e per tutto del calcio usa e getta post Covid. Anche se mancava Lukaku, l’attacco ne ha fatti altri due, con Lau-Toro (splendido il tacco di Barella) e Perisic (chirurgico, per una volta). Il problema di Conte resta la fase difensiva. Un delirio, in uscita: Vidal, Hakimi (suo l’assist per Benzema); e, più in generale, le operazioni di rientro.
Benzema e Sergio Ramos, di cabeza, avevano portato la trama su un risultato fin troppo obeso. La reazione dell’Inter è stata all’altezza. Poteva tornar sotto, poteva scappare. Poi i cambi di Zizou. Sembravano addirittura avventati, gi ingressi di Vinicius e Rodrygo, ma proprio loro hanno firmato il 3-2: passaggio del primo, rete del secondo. In contropiede, l’arma che più e meglio di un trattato racconta questo periodo storico da avanti Savoia: un po’ perché le porte chiuse hanno seppellito il fattore campo e un po’ perché la pandemia ha trasmesso smanie infantili che travolgono, spesso, la scienza delle lavagne.
Preziosi, gli spiccioli di Modric. Ripeto: partita pazza, come pazzo era stato il cappotto del Borussia allo Shakhtar. Mi ha deluso Hakimi, una delle possibili chiavi per aprire le fasce. E un Vidal così arretrato non mi sembra proprio la soluzione ideale. L’Inter è ultima, adesso: deve darsi una mossa, il girone è un gran casino.
Dal luna park di Valdebebas al poligono di Bergamo. Un piccolo Liverpool ha affrontato il grande Liverpool. Morale: zero a cinque. Il gioco (del Gasp o di chiunque altro) ti porta fino a un certo punto, poi tocca ai giocatori. E se Ilicic resta in panchina, il Papu arranca e dalla gabbia esce solo un leone (Zapata, due traverse), you’ll never walk alone ma bye bye. Brani di aggressione, Klopp, e via di lancio lungo e pennellato (per non usare ripartenza, che detesto, e per non ripetere contropiede). A segno tutto l’attacco: tripletta di Diogo Jota (ecco qua un acquisto mirato, lontano dal borotalco dei rotocalchi), acuti di Salah e Mané.
La Dea – in patria, almeno – è la squadra che corre(va) con più ferocia: Alexander-Arnold e Robertson, tanto per citarne due che nel cuor mi stanno, l’hanno ridotta a una suorina.
Era il tipo di squadra perfetta per questa Juve e il suo tono un po’ Barzotto. Leggera, più scarsà fisicamente e tecnicamente e poco aggressiva. Ma prendiamoci il brodone di dado.
vogliamo il
131°
del mostro
però
Partita da inchiesta
Beh però loro fanno di tutto per risollevare il morale alla Joya
Recuperare uno 0-3 dovrebbe essere impresa proibitiva financo per Bernardeschi.
Tra un tempo e l altro non rientra nei tre slot
L’ANGOLO DEL BUONUMORE
Io mi ricordo quando pareggiavamo coi danesi, che non erano più forti di questi
Scritto da madfool il 4 novembre 2020 alle ore 22:36
Fabrizio poi a chi la passava Bonucci? E Chiellini a chi la passava?
ohi,
c’è anche
federica
Io mi ricordo quando pareggiavamo coi danesi, che non erano più forti di questi