La Juventus doveva ricominciare; il Napoli, continuare. Ha vinto, con merito, la Juventus perché, a volte, per andare avanti bisogna tornare indietro: al tutti per tutti, all’occhio di tigre, a quelle armi, mentali e fisiche, che, domenica sera con l’Inter, un po’ aveva nascosto e un po’ le avevano sottratto. E’ la nona Supercoppa, il primo trofeo di Andrea Pirlo.
Gli episodi, certo. Il miracolo di Szczesny su Lozano nel primo tempo, il rigore sbagliato da Insigne, l’altro miracolo del polacco agli sgoccioli. Per carità. Eppure Juventus due Napoli zero. Cristiano in mischia, quando la partita sembrava Laocoonte ingessato dai serpenti; Morata in contropiede, quando puoi prendere alla gola chi ha l’acqua alla gola.
Che finale è stata? Lenta, grigia, accesa dai falò degli attimi, con il torello di Madama a segnare la rotta, con il Napoli timido, forse troppo, aggrappato all’attesa. Sono mancati i tenori: Insigne (ben oltre il penalty), Zielinski, Lozano, Chiesa, Kulusevski, a tratti persino il marziano. Non mi aspettavo il ritorno di Cuadrado. E’ stato cruciale. Lì, sulla fascia destra, in combutta con McKennie, a frenare Insigne o chi per lui. Solo Szczesny gli ha tolto l’onore del podio più alto.
Ci sono stati pochi tiri, a conferma del predominio dei pacchetti difensivi (Bonucci-Chiellini da una parte, Manolas-Koulibaly dall’altra). A centrocampo, Pirlo ha proposto un trio – McKennie, Arthur, Bentancur – che ha sequestrato il cuore del ring. Arthur, già: il brasiliano imbuca di qua e imbuca di là, avrebbe bisogno di «cartoline» che gli dettano il lancio, merce rara. Bernardeschi al posto di Chiesa sembrava il classico cerotto ad alto rischio. Invece no: e non solo per il gol sfiorato in avvio di ripresa.
Ha chiuso, Gattuso, con Mertens, Lozano, Insigne e Llorente. Alla Mourino. Un giro di roulette. La pallina è schizzata fra Szczesny e Morata, dal possibile uno pari al fatale e tombale raddoppio. Come se il destino avesse preso a pugni un tavolino.
Pensierini della notte: non basta «questa» Juventus per andare all’attacco di Milano, ma è già una Juventus meno imbelle, più sul pezzo. Durerà? Per esempio: già da domenica con il Bologna quale vedremo, la Thatcher di Reggio o la Lady Vaga delle serate sbadiglianti? Il Napoli, al quale andava il mio pronostico, mi ha deluso. Come se Gattuso avesse avuto paura di Pirlo: avrei giurato sul contrario. Fermo restando il vecchio detto: «Assumiti dei rischi. Se vinci, sarai più felice. Se perdi, sarai più saggio».
Vale per tutti. Dai pirla a Pirlo.
Intervengo
se vai al ralenti poco prima del sesto si vede il gomito sulla schiena, e il torso di mckennie che si gira per effetto della spinta.Mertens riesce a mettere il piede davanti solo per quello. Se no non avrebbe potuto penetrare il corpaccione dell’americano. A meno che non sia un ologramma.
Gentile Alex Drastico, grazie a lei. Mi fa piacere che anche lei abbia apprezzato il Bayern di Jupp Heynckes, al di là delle etichette che peraltro convergono (almeno per quello che mi riguarda). Con Walker, ex terzino (se non ricordo male), le sovrapposizioni non sono poi così rare. Fatte le debite proporzioni, pensi al Danilo quando “diventa” per metà centrale e per l’altra metà “resta” terzino. Appoggia e avanza anche lui.
Il calcio, dal punto di vista tattico, è come un armadio, pesantissimo (per via della zavorra conservatrice). Per spostarlo – effettivamente e non demagogicamente – di pochi centimetri servono anni e anni e fior di studiosi. Fermo restando la giungla dei cambi di regolamento che hanno accompagnato le grandi svolte, da Herbert Chapman all’epopea del fuorigioco, e che spesso trascuriamo.
poco meno del sesto minuto del video , se qualcuno me dice dove starebbe il fallo di Mertens
https://www.youtube.com/watch?v=nvod1CYkM7I
Si e no robertson.
Quest’anno ha preso Rodrigo e Rubén Dias e rispolverato Stones.rispetto al passato si fa meno problemi ad aggiungere kg e cm dove servono.
mais ouis sig beck.dissento solo sul Titi Kaka panzerato di Jupp H.
Per me trattavasi di precursore del gegengen pressing di klopp,il football heavy metal.Secco e diretto.
Klopp che peraltro ho avuto modo di sentire oggi all’ora di pranzo su Sky e ho trovato molto interessante proprio quando ha parlato di Pep.
Verissimo,Pep è prima di tutto uno studioso,proprio ieri sera notavo come stones e walker,esterni dei tre dietro,andavano a sovrapporsi alle mezzali e alle ali.un’idea che ho visto per la prima volta applicata da chris wilder,manager dello Sheffield United,lo scorso anno.
Grazie.
Secondo me il gioco guardiolesco chiama la presenza nell’11 di numerosi normobrevilinei rapidi e molto tecnici. Mal si sposa con la canonica fisicità delle squadre tedesche. Il paradosso è che il Bayern aveva ed ha diversi o alcuni brevilinei tedeschi come lahm e poi kimmich, tutti e due giocatori eclettici e totali.
Ma gli altri crostoni, mmmmmhhh…
Avere mascherano per Boateng è diverso.
Ohhhhhh….. finalmente.
Gentile Alex Drastico, buona sera a lei. Seguo spesso la Premier e, dunque, anche Pep Guardiola. Nessun dubbio che, oggi, sia il tecnico numero uno al mondo. Bravissimo nell’allenare, bravissimo nel narrare il suo modo di allenare. La grandezza di Pep, infinitamente più grande dei suoi trombettieri, è che non ha inventato niente ma ha studiato tutto, tutti e, così facendo, si è cambiato e ha cambiato, adattandosi alle squadre che gli danno (anche perché, spesso, ottiene le squadre che vuole) e facendo adattare le squadre che gli danno alla sua filosofia. Il Barcellona del tiki taka era più orizzontale, il Manchester City più verticale.
«Il mio centravanti è lo spazio» è uno slogan che dà la paga a tutti e contribuisce a trasformare gli esperti in devoti. Il falso nueve costruito su misura per Leo Messi, altro non è stato che l’evoluzione di Ferenc Puskas, con la differenza che Nandor Hidegkuti arretrava mentre Eto’o, Henry e Villa si allargavano. Il calcio dello spazio da occupare e da coprire, che coinvolge la fase di difesa e di attacco attraverso il pressing possibilmente sempre più veloce, rimanda al calcio totale dell’Ajax di Rinus Michels/Stefan Kovacs e Johan Cruijff, che abolì il ruolo fisso e, poggiando sull’eclettismo tecnico e la prestanza fisica, portò il calcio fuori dai confini tradizionali e dentro al nuovo mondo, chiamiamolo così.
Per quanto Johan Cruijff resti il riferimento sommo, se c’è un giocatore dl City che Pep ha portato nei suoi paraggi, a debita distanza, è Kevin De Bruyne, un’ala che, piano piano, si è spalmato per tutto il campo, in lungo e in largo, fra gol e assist, con i muscoli capaci, all’occorrenza, di consentirgli di interpretare persino il ruolo di mediano. Il «tuttocampismo» di Pep è l’ultimo capitolo di uno splendido libro, non un nuovo libro. Come credo lo stesso Guardiola pensi di sé stesso e sorrida di certi cantori.
Le rammento una splendida definizione di Michel Platini, secondo il quale l’Ajax fu totale e il Barcellona (di Messi, Xavi, Iniesta, eccetera) totalizzante. Con il confine della tecnica pura, a favore del modello catalano. Non a caso, Guardiola è stato allenato da Cruijff e ha allenato Messi e c. La consecutio temporum (e «tatticorum) è perfetta.
Solo il suo Bayern non mi trasmise le emozioni che provo ricordando «quel» Barcellona e ammirando «questo» City. Il Bayern più perfetto e moderno che ricordi fu quello del 2013, allenato da Jupp Heynckes, un tiki taka «panzerato» e verticale, molto intelligente, molto interessante.
Tornando al City, i padroni, certo, non lesinano in acquisti, però Phil Foden è stata un’intuizione, non un’operazione di mercato. Se mai arrivasse alla Juventus, immagino il terremoto a livello di mercato. Poi, è chiaro, in campo vanno i giocatori, sempre, e Pep ha vinto due Champions «solo» con Messi. Ma questa è un’altra storia. Che, a meno di sconquassi, finirà a Istanbul, a maggio. Si fidi.
Grazie per lo spunto.
Lo dico senza polemica.chi parla di gomito nella schiena a mckennie vada a rivedersi il filmato.
Io l’ho appena fatto.
Sig beck buonasera
Ha recentemente visto il city di pep?qui siamo difronte ad un’utopia ancora più radicale del”il ns centravanti è lo spazio”(cit pep).in pratica si e’arrivati al “il modulo non esiste.esistono spazi da occupare e spazi da coprire”(cit.alex).
Penso che i suoi ex colleghi inizieranno a parlarne a marzo/aprile,per ora stanno cercando le formule giuste per descrivere l’utopia.