Immagino la mestizia di Fusignano e dintorni, là dove dai tempi di Sacchi si banchetta a intensità e avanti popolo: sempre, comunque. L’Inter di Conte ha battuto l’Atalanta di puro catenaccio, con un tiro in mischia di Skriniar, lo stopper che si chiama Milan. L’ha invitata, l’ha soffocata, l’ha abbracciata: anche troppo, almeno una volta (Bastoni su Romero, senza se e senza Var). Dicono che gli scudetti si vincono anche così. E’ vero. E non bisogna vergognarsi. I campanili, la palla lunga a Lukaku nella speranza che forzasse il lucchetto di Djimsiti, Eriksen mediano dopo l’uscita di Vidal, l’infornata di crocerossine, Darmian, D’Ambrosio, Gagliardini: altro che pazza Inter.
La partita l’ha fatta la Dea, certo. Lentamente, però, e con Ilicic, quando è entrato, in versione «nonna». Avrebbe meritato di più, di Sportiello non ricordo una parata, di Handanovic almeno due (su Zapata, grandissima, e su Muriel), e una persino di Brozovic. Non era facile destreggiarsi in una boscaglia così fitta, nel cuore della quale Skriniar, De Vrij e Bastoni presidiavano ogni sentiero, ogni cespuglio. Il duello fra Hakimi e Gosens ha sollevato il fumo delle attese tradite: capita. L’ordalia è stata di una fisicità estrema, a Gasp è mancata la scintilla. Quella che si aspettava da Ilicic e, in passato, gli dava il Papu. Sette vittorie di fila: Conte l’ha impostata all’italiana, fregandosene delle rime baciate, care ai loggionisti che servono la causa finché la causa serve a loro, attento a non offrire le spalle ai pugnali atalantini, sicuro che dalla miniera dei corner prima o poi qualcosa avrebbe ricavato.
All’estero avranno sbadigliato, non io: sono nato con questo calcio, che porto sempre fra i violini della memoria, anche se Guardiola e Klopp ne insegnano un altro, più avvincente e, in Europa, più vincente. Però: la Juventus scarica Allegri perché giocava male, licenzia Sarri perché non giocava né bene né male, recluta Pirlo nella speranza che venga «quel» giorno, mentre l’Inter marcia verso lo scudetto con Conte che gioca come Allegri. Qualcosa non torna. O sì?
Certo che il Cristianesimo è una religione, e ci vuole fede, si sa, nelle religioni. Perché con la ragione e gli occhi stiamo giocando in dieci, forse.
non merita incazzarsi per il gol subito che risulterà ininfluente in quanto giocando alla dopolavoristi un gol a loro non lo facciamo manco se si gioca fino alle 3 di notte
E inverti chiesa e Ronaldo che hai rotto i coglioni.incompetente cronico.
… monnezza… ma non é una novita quest anno…stiamo raccogliendo cio che abbiamo seminato. Agnelli ha cacciato Sarri per compiacere la squadra, che non aveva voglia di correre, e ha messo uno stagista loro amico… per i miracoli si va in chiesa non allo stadio..
Vergognosi… anarchia, disordine sterile e nulla di più. Il Porto gioca come una grande rispetto a noi, d’esperienza e determinazione, sanno quello che vogliono, noi zero proprio. O si fa il miracolo nel secondo tempo, oppure…
Una non squadra contro una squadra.inferiori fisicamente e tatticamente ma quello che fa demiral è roba che non si vede nemmeno nei campi di prima categoria.
Questi siamo…il nulla!
Questo perché tanto avevamo 95 minuti per segnare un solo gol. La verità è che la partita mister Tesina l’ha preparata così. Poi basta prendere gol, e va tutto in vacca.
Tre palle goal nitide concesse nei primi cinque minuti di partita!!!!
male, malissimo, senza condizione, fuori posizione, senza idee, senza gambe e senza grinta.
atteggiamento e linguaggio del corpo che non fanno presagire a nulla di buono.
anzi.