Fuori ai quarti con Allegri, fuori agli ottavi con Sarri, fuori ancora agli ottavi con Pirlo. Ajax, Lione, Porto: squadre toste (e gli olandesi pure bellini), non squadroni. Il problema non credo sia l’allenatore. Il problema è la Juventus. Che non riesce a giocare una partita intera, regala spesso l’andata e anche quando torna in sé si butta via di nuovo. Sono tre indizi: troppi.
Juventus-Porto 3-2 dopo Porto-Juventus 2-1 è stata una moneta gettata in aria sulla quale tutti si son buttati, famelici. Tutti, tranne Cristiano: mai così ai margini, mai così «mestiere dell’ombra». A scriverlo, non significa deformare: significa, semplicemente, informare. Se negli altri incroci era mancata la squadra, questa volta è mancato lui. Il balzo di schiena sulla punizione di Sergio Oliveira, ai supplementari, riassume e incarna la sintesi di un regno che, come tutti i regni, per grandi che possano essere, prima o poi declinano. Ha ingannato Szczesny, ha tradito la sua corona. A 36 anni, resta il marziano che è stato, ma rimarrà anche questa notte, sua comunque.
Neppure in undici contro dieci, dal 53’ al 124’, espulso Taremi, nemmeno con un Chiesa di gran livello, in gol di destro e di testa, tre reti in due partite, Chiesa che per un tempo la difesa alta di Pepe, straordinario, aveva nascosto agli schemi. Certo, ha preso un palo lui e una traversa Cuadrado, ma non puoi sempre metterti in condizione di fare acqua, anzi: di farla entrare, come il rigore di Demiral su Taremi – non più netto di quello negato a Cierre a Porto, ma rigore, poi trasformato da Sergio Oliveira – come la traversa scheggiata da Taremi, come quel primo tempo spesso a rimorchio, fra un’incornata di Morata e un movimento senza palla ai minimi sindacali, tendenza allenata cocciutamente in campionato.
In Europa, se tardi ad alzarti dai blocchi, e se ti palleggi sui piedi, la lotteria degli episodi non sempre premia. Il Porto di Sergio Conceiçao ha meritato la qualificazione per aver scartato i regali e per aver saputo soffrire, sempre: soprattutto con l’uomo in meno, e anche dopo l’avemaria di Rabiot. Le due finali di Allegri (2015, 2017) sembrano lontane secoli, non solo un pugno di anni. Al posto di Agnelli penserei più al presente della Juventus che non al futuro della Superlega. Per esempio, persa la Champions sul campo, alla Champions in classifica. Tutt’altro che in pugno. La svolta estetica di Sarri si arenò a metà lavagna. Il guardiolismo di Pirlo è un panorama che fitte nebbie hanno celato a un plausibile compromesso. Cambiare il quarto tecnico in quattro anni? Sarebbe un record: non però, temo, la soluzione.
La Supercoppa e la finale di Coppa Italia sono cerotti che non nascondono la ferita, profonda, di un Cristiano sprecato o sprecatosi, di un ciclo finito e di un altro che si aspettava di aprire subito e invece no. Inoltre: l’Inter in fuga già uscita il 9 dicembre da tutta Europa, la Juventus dei nove scudetti già fuori dagli ottavi. Chissà cosa si inventerà la propaganda.
I supplementari devono essere un’altra partita,uno spareggio!!L’altra sera era un 1-1 e quindi si sarebbe andati ai rigori!!Così’ dovrebbe essere,ciononostante(con pubblico)la squadra di casa sarebbe favorita,ma ci sta!
Ezio,
Perché ritieni:
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. Piú logico (in base a quali motivi)
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. Piú sportivamente accettabile ( in base qua quali motivi)
Qualificare/eliminare a parità di reti complessive, piuttosto che fissare una differenza reti con i rigori?
allora chiudiamola col famoso detto “i pareri sono come i coglioni, ciascuno ha i suoi” :-))))))
Poi, certo, a supporto della tesi di abolizione della regola del gol in trasferta non aiuta il fatto che a subire la regola sia stata in questa circostanza la squadra che raccoglie il tifo su questo rispettabilissimo blog, mentre in caso contrario forse il problema non sarebbe emerso.
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Tuttavia il problema di questa regola arbitraria, senza autentico fondamento, resta.
Non a caso ho citato il doppio derby europeo del 2003, in cui la regola ci favorì, ma che considero, ora come allora, un autentico obbrobrio.
Il goal in trasferta fu introdotto per evitare la ripetizione delle partite o il ricorso troppo frequente a monetina o rigori in vaso di parità .
E mi pare rimanga la soluzione più logica e certamente più sportivamente accettabile rispetro ai rigori.
Nino, essere in netta minoranza non significa avere torto.
L’importante.è fornire le motivazioni a supporto delle tesi.
A favore dell’abolizione della regola dei gol in trasferta e dei supplementari, lemotivazioni, articolate, io le ho addotte.
Chi sostiene che sia meglio mantenere l’esistente lo fa adducendo semplici sensazioni (tipo ormai siamo abituati così…) senza citare uno straccio di motivo verificabile per cui sia più giusto eliminare una squadra a parità di reti, senza andare ai rigori.
constato di essere in netta minoranza, tuttavia resto convinto che in tutte le partite non dovrebbe esistere questa specie di spada di Damocle del gol che vale doppio e può stravolgere l’andamento del gioco
chi segna di più, non importa dove, vince e chiudiamola lì senza alchimie fuorvianti
Ho esagerato nel concetto, ma resta che se dopo 180 minuti due squadre sono in parità , trovo ingiusto che una delle due abbia un vantaggio, in termini di goal da realizzare. E poi nel calcio la “differenza reti” è solo un mezzuccio, necessario, per far proseguire i tornei. La eviterei ogni volta fosse possibile., ancor più quindi eviterei “il goal segnato fuori casa” Le partite si vincono o si perdono o si pareggiano. Sue due squadre dopo 180 minuti sono in parità , quanto a vittorie, si va ai supplementari. Premierei la differenza reti solo se lo scarto, in una delle due partite, fosse superiore a 2.
Scusa hai ragione
ne deve segnare 2, non 3, pareggio all’andata, vittoria al ritorno, mi pare chiaro