Non ci voleva un genio. Ci ero arrivato anch’io: «Naturalmente, andrà a finire che si metteranno d’accordo». Direte: d’accordo un cavolo. Senza i tackle della politica, senza la rivolta dei tifosi, senza i sermoni roventi dei «santi forse». Tutto vero. Ma occhio a questo passaggio della «Gazzetta», pagina 5: «La Uefa non è rimasta ferma. In queste ore sono partite trattative alla ricerca di nuovi investitori: il fondo americano Centricus sarebbe pronto a investire 6 miliardi dal 2024 per potenziare il torneo. Doveva essere una risposta alla Superlega, può diventare un punto di partenza».
Nel momento in cui si eleggono la quantità e i soldi a unità di misura del sistema, non esistono né cattivi né buoni, come ha scritto Giancarlo Dotto sul «Corriere dello Sport-Stadio». Al massimo, vincitori e vinti. Nessun dubbio che Florentino Perez e Andrea Agnelli abbiano perso. Se una battaglia o la guerra, ci informeranno i posteri. La Superlega è sempre stata una clava che i ricchi mulinavano sulla testa delle istituzioni per ricavarne più quattrini. Era così ai tempi delle vacche grasse (e di Silvio Berlusconi); è così, a maggior ragione, ai tempi (attuali) dei debiti grassissimi. Colpa della pandemia, certo: non solo però. Colpa dei dirigenti, anche: e, in alcuni casi, soprattutto.
Piano piano, a rate, le dodici pecorelle smarrite sono tornate a casa. Odo augelli far festa. JP Morgan chi? Aleksander Ceferin, colui che voleva limitare la Var perché non piaceva alla grandi (Real incluso, ma dai), e Gianni Infantino, di mestiere «ombra», dai tempi di Michel Platini ai morti del Qatar, passeranno per statisti illuminati. «Beati» loro, non noi.
Inter, Juventus, Milan: si ricomincia, dunque. Non prevedo ritorsioni, se non l’implacabile autopsia degli episodi con un bisturi magari un po’ più malizioso. Agnelli ha scelto il rango di Don Chisciotte, lasciando a Perez la penna di Cervantes e agli altri il ruolo di Sancho Panza. Presa la Juventus nel 2010, alla tribolata uscita da Calciopoli, l’ha portata a un ciclo irripetibile. Dal 2019, però, ne ha azzeccate poche. Goffa la battuta sul «perché l’Atalanta sì e la Roma no?» per evitare imbucati alle «feste». Imperdonabile il licenziamento di Maurizio Sarri. Disastroso, sul piano dell’immagine, l’esame farsa di Luis Suarez. Rischioso il reclutamento di «Zero gavetta». Gli inglesi non lo possono vedere (a differenza di sei squadre della Premier, almeno per un po’). Il calcio di Andrea è un calcio post-moderno ed elitario, figlio della dottrina di Antonio Giraudo, con un suo fascino e un suo limite (parlare a sé stesso e non a tutti), riassunto da Gabriele Romagnoli su «La Stampa» di ieri («Alla playstation non gioca il Crotone») e invaso da dati che detestano i dadi (di certe partite, di certi risultati), un catechismo che avrebbe quasi un senso catartico se pensassimo ad alcuni titoli (Milan, Scamacca costa 40 milioni. Scamacca?), ma che cozza, inesorabilmente, con l’iceberg dello ius bacheche.
Anche se il Real, di cui tanto si sparla, battezzò la Coppa dei Campioni con cinque successi di fila (1956-1960) e nel Duemila, secolo che Fifa e Uefa avevano intitolato al fair play finanziario, al rispetto e all’equilibrio, ha in pratica concesso il bis aggiudicandosene quattro su cinque (2014, 2016, 2017, 2018), il sogno del tifoso non va bandito, per quanto infantile possa sembrare. Ecco perché lo stupro dello ius soli – dei meriti, cioè, acquisiti sul campo – non può passare. Punto. L’importante è non scivolare sulle bucce del moralismo. Il basket la pensa in un altro modo. Lasciamo perdere la Nba, un mondo a sè: Parliamo, piuttosto, dell’Eurolega. Ancora dalla «Gazzetta» di ieri, martedì: «Dal 2016-2017 si gioca con un girone unico a 18 squadre. Undici, compresa l’Olimpia Milano, hanno una licenza permanente e sono anche proprietarie di “Eurolegue”. Tre club hanno licenza pluriennale, gli altri posti sono assegnati tramite la promozione dall’Europacup e le wild card».
Non mi risulta che, per questo, i successi dell’Olimpia-Armani, realizzati in regime di palese «numero chiuso» (o molto «socchiuso»), vengano esecrati. E che Giorgio Armani sia considerato uno «terrorista» dell’ideale olimpico per aver accettato di aderire a un progetto così esclusivo, così invasivo.
L’Uefa moraleggiante di queste ore è la stessa Uefa che, in materia di bilanci, ha tollerato i soprusi di Manchester City e Paris Saint-Germain. Sui meriti del campo, però, non bisogna transigere. Almeno su questi. E’ vero che la Coppa dei Campioni venne allargata anche alle squadre «non campioni», ma erano sempre le partite (e non gli albi d’oro) a calibrare il traffico. L’ultimo Piave. E l’ultimo Agnelli?
Lasciamo stare infantilismi e ipocrisie, se la Uefa/Fifa/Federazioni e Leghe nazionali fossero minimamente interessate ai Tifosi/Calciatori/Clubs e avessero un minimo di senso del pudore non avrebbero organizzato il mondiale dove sappiamo, nel bel mezzo della stagione dei campionati nazionali e delle coppe europee, nè avrebbero organizzato lo svolgimento delle gare di qualificazione qualche settimana addietro. Guarda caso, i sudamericani, che consideriamo poco più del terzo mondo, non ci hanno nemmeno pensato……
Questi hanno reagito con virulenza solo perchè hanno sopravvalutato quello che poi si è dimostrato poco più di un bluff, neanche tanto ben organizzato… che siano corsi accordi sotterranei con promesse o erogazioni di danaro è più che probabile…..
Altro che i 4 sfigati che vogliono le serate a Smoke and Stench…..
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/04/20/la-discarica-di-maiali-nel-cremonese-titolare-denunciato-per-inquinamento-ambientale-dopo-il-blitz-de-ilfattoquotidiano-it-la-falla-dei-controlli-sono-inadeguati-per-legge/6171063/
Tu invece eri qui.
Sei quello col riportone catramato.
Ciao core.
“Vogliamo le nostre fredde serate a Stoke”.
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Ecco, questo è il monumento all’ignoranza che quei tifosi si sono autoeretti.
Anche in Italia, come al solito, si è un po’ mistificato il senso della riforma che intendeva sostituire la Champion’s League e non certamente i campionati nazionali, come ribadito dalle tre italiane che hanno affermato di voler restare assolutamente in serie A.
Illuminante, ma parliamo veramente di un coglione (e pure indaista), il tweet di Beppe “Paresi” Servegnini nel quale, con la sua insuperabile banalità e demagogia, chiedeva di poter continuare a portare suo figlio a vedere Inda-Genoa (magari sa che i 3 punti sono garantiti da Preziosi…boh)!
Ma chi te la tocca? Magari però evitiamo di raccontare sempre e solo balle.
Scritto da bilbao77 il 21 aprile 2021 alle ore 12:35
Non me ne frega una emerita cippa dei suoi ululati.
Io ero contrario sin dall’inizio, auspicando severe punizioni per le tre italiane aderenti.
Quindi, nessun opportunismo da parte mia.
Bella giornata, oggi
Da maggio 2019 ne azzecca poche. Assolutamente d’accordo. Da maggio, non da giugno.
Grande Roberto !! Non sò se i fenomeni in questione ( almeno quelli indigeni ) leggano i suoi pezzi, ma credo che – se così non fosse – qualcuno dovrebbe metterglieli sulla scrivania.
Ne ricaverebbero lumi, spunti di pensiero…e qualcosa da imparare.
Grazie ancora per il suo pensiero
C’era anche Bilbao in incognito, cammuffato, tra i prodi tifosi del Chelsea
Gentile Fabrizio, rispetto la sua opinione ma la trovo troppo negativa.
Accolgo l’osservazione che l’organizzazione di questa “avventura” sia sembrata a dir poco improvvisata e dilettantesca, e la posso anche taggare al nostro presidente, che da tempo sembra sotto l’effetto di alcol e droghe (o pilu).
Ma non mi torna che in questo marasma ci sia il volto di Florentino Perez, che la faccia ce la messa eccome, sebbene i ceffoni siano finiti su quella del Giovin Signore, come lo si definiva.
Gentile Marco, per “ius bacheche”, opposto allo “ius campi”, intendo l’albo d’oro, la storia, le partecipazioni alle coppe europee dei singoli club.