Difficile, di fronte a questa notizia, restare neutrali. E forse sarebbe anche sbagliato. Giampiero Boniperti se n’è andato sul filo dei 93 anni, li avrebbe compiuti il 4 luglio. E’ stato giocatore e presidente della Juventus, è stato la Juventus. A suo modo, nel suo periodo, con quel carattere ispido, con quello slogan «Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta», che ne diventò il manifesto e la cella. L’aveva rubacchiato a Vince Lombardi, guru del football americano, ammesso che fosse davvero suo.
Arrivò alla Juventus nel 1946, lo buttarono subito in campo e subito segnò sette gol. Carlin Bergoglio, su «Tuttosport», scrisse: «E’ nato un settimino». La memoria che decora il dirigente non può lasciare indietro il centravanti che fu, capace di laurearsi capocannoniere davanti a Valentino Mazzola. Ripeto: Valentino Mazzola. Il capitano del Grande Torino.
Abile, elettrico, tecnico, rapace. Simbolo della Juventus, dunque degli Agnelli, dunque del potere. Memorabili i duelli e i duetti con Benito Lorenzi, detto veleno, centravanti dell’Inter. «Giampiero, vuoi arbitrare tu?». Quante volte. E poi, al primo fuori onda, ciao Marisa, ciao Veleno. Marisa, perché (versione di Lorenzi) era così biondo, riccioluto ed elegante, o perché (versione bonipertiana), c’era di mezzo Miss Piemonte – Marisa, appunto – con la quale era entrato in campo a Novara, per un’amichevole («Una vita a testa alta», Enrica Speroni).
Poi, con l’arrivo di John Charles e Omar Sivori, arretrò a metà campo, persino all’ala. Mollò il nove, si rifugiò (anche) nel sette, ma che trio, quel trio. Non che amasse Omar, ma ne rispettava il genio ribelle. Vinse e rivinse, arrivò a timbrare una doppietta a Wembley, addirittura, in un’Inghilterra-Resto d’Europa che resta fra gli scalpi più cari. Disputò due Mondiali (nel 1950 in Brasile, nel 1954 in Svizzera), chiuse con 8 gol e 38 presenze in Nazionale: l’ultima, a Napoli contro l’Austria, coincise con la prima di Giovanni Trapattoni.
D’improvviso, il 10 giugno 1961, dopo Juventus-Inter 9-1, la madre di tutte le polemiche, prese le scarpe e le diede al massaggiatore: «Non mi servono più».
Figlio del suo tempo, delle sue zolle contadine, con gli scrosci e gli arcobaleni che solcano le carriere dei Forti. Mezzala, al culmine della carriera, con due mezzali come Giovanni e Umberto Agnelli, privilegio mai occultato. Sapeva che era facile vincere così, con il salvadanaio di «quei due», ci sarebbero riusciti in molti, lui però ci mise sapienza e conoscenza, merce rara già allora. L’unico ruolo dal quale si tenne sempre alla larga fu l’allenatore. Forse perché lo era sempre stato, e continuava a praticarlo in sede, con la malizia del confessore.
Non è stato perfetto, non è stato un santo. La sua Juventus fu coinvolta, e poi assolta, nell’ambito del toto-nero per un pari di Bologna, ma alzi la mano chi. I centimetri con la Roma di Dino Viola, l’amore per un calcio tradizionale, di terra, che trovò in Trapattoni l’interprete più efficace. Ha vinto, rivinto e stravinto in Italia, meno in Europa: un po’ per le frontiere chiuse quando poteva contare su uno squadrone, un po’ per un approccio tattico che oltre confine pagava meno (ah, la fatal Atene del 1983).
Lasciò la Juventus nel febbraio del 1990, dopo esserne diventato presidente nel 1971. E, con Italo Allodi prima e Pietro Giuliano poi, averla letteralmente cambiata. Aveva fiutato l’aria. La Juventus degli anni Settanta: non so se la più bella, di sicuro puro cemento armato (e amato). Il calcio stava cambiando. Venne precettato d’urgenza, già nel 1991, per riparare i danni di Luca Montezemolo. Si portò dietro il Trap. Non funzionò. Troppo forte, il Milan che Silvio Berlusconi aveva affidato ad Arrigo Sacchi e poi a Fabio Capello. Durò tre stagioni, dovette accontentarsi di una Coppa Uefa, mai tornare sul luogo del diletto.
I bilanci non quadravano, Gianluca Vialli era costato un occhio della testa, Umberto Agnelli si buttò sulla Triade: Roberto Bettega, Luciano Moggi, Antonio Giraudo. Figuriamoci. Con Giraudo e Moggi non legò mai, né loro legarono con lui, salvo cercare di recuperarlo – sul piano dell’immagine, almeno – poco prima che scoppiasse Calciopoli.
Detestava le interviste, aveva paura di essere banale, soffriva i derby, scappava via all’intervallo, allevò generazioni di cronisti al culto dei puntini di sospensione, dei saluti improvvisi e diversivi a mamma e papà, ha segnato un’epoca, l’epoca del calcio all’italiana, della tradizione, come i classici che si studiano a scuola. Trattava gli ingaggi in un giorno, a Villar Perosa, uno per uno, dalla A di Giancarlo Alessandrelli alla Z di Dino Zoff, e l’estate in cui il Toro vinse lo scudetto, in rimonta, ricevette i giocatori con dietro, sul muro, la foto del gol di Renato Curi a Perugia, l’episodio che era costato il titolo.
Altri tempi, si dice in questi casi. I suoi tempi. Sulla tragedia dell’Heysel litigò con Candido Cannavò, da duro a duro, sentiva il sangue dei tifosi non patteggiabile con la restituzione della coppa. Le battute con Michel Platini, il rimpianto (e il rimorso, forse) per Diego Maradona. Reclutò Alessandro Del Piero, che gli avrebbe poi soffiato il record juventino dei gol (188 a 178). Con i giocatori, per i giocatori, era papà, sarto, barbiere: spingeva verso le nozze e le cravatte, allontanava dalle barbe, dai capelli lunghi. Giampiero Boniperti è stato uomo del Novecento. Insieme, crebbero e diventarono grandi.
Per nulla, stai facendo una ricostruzione parziale ed incorretta.
Il Sig. Beck, che avete pedissequamente (ancorché legittimamente dal vostro punto di vista) lodato per il suo pippone, non ha mancato di rimarcare quella(secondo lui) “macchia” del presidente.
Altro che Boniperti non c’entrava nulla secondo il Sig. Beck ed altri antijuventini. Sono andati dietro 30 anni a quel poco di buono di Petrini (Scarantino) che affermò SENZA PROVE che Boniperti ed il pres. felsineo Fabbretti si fossero accordati per il pari (mentre Trinca e Cruciani dissero che a loro non risultava) e gli imputano pure di avere messo a tacere il testimone che avrebbe (sempre secondo gli antijuventini) incastrato la Juve.
E soprattutto di aver pagato Cruciani per non essersi presentato all’udienza di Milano, per dire poi cosa non si sa, visto che aveva già deposto precedentemente.
Misteri dell’antijuventinismo incallito.
Non capisco perché si dovesse restituire quella coppa. L’ordine fu quello di giocare, e pure giustamente perché nn oso immaginare come sarebbe finita altrimenti. La giocarono, la vinsero, fine della storia. No fu colpa della Juve ne tantomeno di Boniperti quello che accadde prima. Dopo si seppe pure che ai giocatori non dissero tutto quello che era realmente accaduto, riguardo al numero delle vittime.
e personalmente sono sempre stato fermamente contrario alla restituzione della coppa del 1985.
Orsato scandaloso E mentecatti i 2 commentatori
a prescindere da come la si pensi sulle frasi di Boniperti su calciopoli. Sia chiaro.
Anche perchè nel pippone scritto su di lui dal “vecchio” Sig. Beck (e lodato pedissequiamente dal popolino) c’è ben chiaro come Boniperti avesse uno scheletro nell’armadio dal 1980.
Ma fu ben felice di spargere gratis un po’ di veleno moralistico sulla “sua” Juve. O magari proprio perchè non era la sua Juve.
Scritto da bilbao77 il 19 giugno 2021 alle ore 18:18
No per favore. Non mi sono incazzato con Beck, perchè tanto è inutile. Nel 1980 la Juventus fu tirata dentro, come al solito, senza che vi fosse uno straccio non dico di prova, ma nemmeno di indizio. E comunque Boniperti ci azzeccava niente perchè si parlava di scommesse da parte dei giocatori. Ecco, la differenza con calciopoli fu che nel 1980 la Juventus si DIFESE, venne processata ed assolta dal tribunale sportivo. Peraltro in quella vicenda il ruolo del capro espiatorio famoso, tipico di ogni vicenda giuridico/sportivo toccò al buon e compianto Paolo Rossi, all’epoca giocatore del Perugia, che subì una condanna, assolutamente sproporzionata, come poi è emerso
Anche n questo giorno di dolore e rispetto per tutti gli juventini VERI, c’è gente che dimostra ancora una volta la propria antijuventinita’ e l’ anima sporca di merda.
E poi..la si sarebbe conquistata a tavolino.Squadre inglesi estromesse per anni,quindi?
Su quella coppa si fanno ancora troppe chiacchiere.Calciatori che oggi la negano,Tardelli Boniek…,sono stati i primi ad esultare per la vittoria.Facile col senno del poi,Boniperti e l’avvocato con tutto il dispiacere del mondo hanno dichiarato:abbiamo giocato ed è stato giusto vincere.Questa è e rimarrà per sempre la voce ufficiale della società Juventus e bisogna rispettarla.
Mi sa che una tra Francia e Portogallo uscirà. Probabile che sia il portogallo