Nando Martellini avrebbe scandito: campioni d’Europa, campioni d’Europa. Lo è l’Italia per la seconda volta, alla grande, dopo aver rimontato e domato l’Inghilterra, dal lampo di Shaw alla zampata di Bonucci. I rigori, again. Non ha deciso Jorginho, questa volta. Donnarumma: è stato lui, l’eroe. Due parate, su Sancho e Bukayo Saka. Erano entrati, con Rashford, per dare una mano dal dischetto: 0 su 3, come non detto.
Con la Spagna, avrebbero meritato loro. A Wembley no, la nazionale era in largo credito con la trama, con lo spirito e con le occasioni, ma sì, per avare che fossero state. Chi scrive, l’aveva collocata tra i quarti e le semifinali. E’ andata al di là di tutto, e di molti. In cima, Roberto Mancini. Non aveva una rosa eccelsa, l’ha difesa, l’ha selezionata, l’ha migliorata: chapeau./p>
Non dei marziani, questo no, ma dei giocatori con le palle, sempre. Nei periodi in cui la superiorità di giornata avrebbe potuto spingerli a titillare il destino. E, soprattutto, nei momenti in cui bisognava pedalare e soffrire: a ruota del Belgio, dietro alla Spagna.
Una squadra nel senso vero e più «normale» della parola. Tutti per tutti, tutto per tutti. Dai Locatelli e dai Berardi di Roma al Chiesa debordante delle partite secche alla old firm, i rostri e le cicatrici di Bonucci e capitan Chiellini, passando attraverso le geometrie di Jorginho, i blitz di Barella, i ricami di Verratti. Magari ci si aspettava di più dai centravanti, Immobile o Belotti, ma il gruppo – la sua anima, la sua forza – ha coperto i limiti, ha liberato le forze.
Mai vista, in uno stadio che gronda leggenda come Wembley, l’Inghilterra così chiusa a catenaccio e l’Italia di tante vignette (e di «troppo» Lineker) così spavalda da palleggiarle in faccia. Si sono presi, gli uomini di quel fifone di Southgate, solo il primo quarto d’ora e i supplementari. Pochi spiccioli.
La sentenza del mese europeo è corretta. Ha vinto la squadra più squadra, al di là dei baci e degli schiaffi (Spinazzola, fin lì the best) che gli dei le hanno distribuito. In un calcio di club alla canna del gas – parlo «anche» tecnicamente, salvo rare eccezioni – la Nazionale, che di solito era un vagone, e pure fastidioso, è passata in testa, salvando anche le loro.
The italian job. Ben fatto. E dedico l’arbitraggio di Kuipers agli stolti che avevano parlato di mafia, di manovre al soldo di sua maestà.
I voti complessivi, per concludere: Donnarumma 9, Di Lorenzo 7, Bonucci 8, Chiellini 8, Spinazzola 8, Emerson Palmieri 6,5, Barella 7, Jorginho 8, Verratti 6,5, Chiesa 8, Immobile 6, Insigne 7, Cristante 6,5, Acerbi 6, Locatelli 7, Pessina 7, Belotti 6, Bernardeschi 7 (freddissimo dal dischetto, 2 su 2), Berardi 7,5, Toloi sv, Florenzi sv, Castrovilli sv, Raspadori sv, Sirigu sv, Meret sv.
E 9 al Mancio, oh yes. Italia ombelico d’Europa: chissà se sarebbe piaciuta a Raffaella.
Ma quanto rosica Piqué?
Scritto da Fabrizio il 13 luglio 2021 alle ore 00:37
che Verratti poteva diventare quello che e’ diventato e’ roba da mago Otelma , e sicuramente il problema non erano i due milioni , ma il fatto che allora , in quel centrocampo , ogni tanto faceva panca Marchisio tanto x capirci . Su Gigione invece , non e’ l’ingaggio o la stecca a Raiola , ma Scezny che a 7 milioni netti , ultratrentenne , non se lo prende nemmeno la madre . Ripeto , l’errore grave e’ non aver preso i tanti che sono usciti dopo , italiani e non .
Difficile dare torto ad arighe, in queste parole. A parte quando sproloquia perchè gli cade la catena, ha un’etica del lavoro e la esprime.
Il ns problema, purtroppo, è che noi abbiamo a capo del settore tecnico il sacerdote del cazzaronismo, ma mai disperare, magari impara qualche cosa persino da Pasmina, Magari pure i due vecchietti hanno capito che forse, chissa, difendere di squadra, pressando a cinquanta metri dalla porta è meglio che mettersi dietro o fare ti tic ti toc tra bonucci e chiellini a centrocampo con esterni che dormono sulle fasce.
Lo stesso rincitrullito Sacchi, dopo la partita contro la Spagna.
“Gli azzurri sono riusciti nell’impresa di andare in finale grazie a un gruppo coeso, con grande carattere, spirito di squadra, volontà, generosità, capacità di sofferenza e resilienza. Tutti hanno dato tutto, valori importanti che dovrebbero sempre essere alla base”.
“L’incontro con i maestri del calcio ballato, del possesso, del bello e dei grandi risultati, ci ha visti in ritardo e in difficoltà“.
“La Spagna ha avuto tutti gli undici giocatori attivi che hanno partecipato al possesso e al pressing. Purtroppo, noi no. Il movimento continuo, la capacità di scegliere sempre la soluzione migliore e la collaborazione ne hanno facilitato soluzioni, autostima e idee. Quando gli azzurri avevano il pallone, le Furie Rosse aggredivano anche Donnarumma, mentre noi non potevamo farlo perché avevamo quasi sempre uno o due difensori in più del dovuto in difesa. Pertanto abbiamo giocato quasi tutto l’incontro in 9 o 10 contro 11 spagnoli. I loro difensori centrali erano praticamente sempre a sistema puro uno contro uno, mentre noi due o tre contro uno”.
“La fortuna ha voluto che la squadra spagnola sia stata mediocre nelle conclusioni. Gli azzurri dovrebbero essere come un’armata, muoversi tutti a organetto avanti e indietro. Una vera squadra non solo nell’impegno, ma anche nel gioco e nell’organizzazione“.
Arrigo Sacchi, quanto l’ha stupita l’Italia di Mancini?
«Moltissimo. Roberto è uscito dal retaggio del gioco difensivo che fa parte da sempre del calcio italiano. Ha fatto una cosa differente, nuova. Almeno se la confrontiamo con il percorso recente del nostro movimento».
Arrivavamo dalla delusione atroce di un Mondiale al quale non avevamo nemmeno partecipato.
«E non solo da quello, che era stato l’apice della disfatta. La verità è che, da dieci anni a questa parte, avevamo preso batoste sempre e ovunque, con i club e con la Nazionale. Per crescere bisogna esaminare e conoscere la storia, e non solo quella lontana nel tempo. Noi negli ultimi due lustri non eravamo esistiti».
Questione di mentalità?
«Cos’è il calcio per noi? Definiamolo. Quando lo chiedevo a Coverciano, nessuno sapeva rispondermi. È forse uno spettacolo sportivo? No, per noi no: è quello che capitava nell’arena. Abbiamo pensato per tanto tempo che distruggere fosse meglio che costruire, invece è l’esatto contrario. La speranza è che, a forza di perdere, ci sia venuto qualche dubbio. Einstein diceva: solo i pazzi credono che, facendo sempre le stesse cose, si abbiano risultati diversi. Forse noi abbiamo capito che bisogna cambiare per migliorare».
In questo Europeo meraviglioso, l’Italia nel gioco ha davvero sofferto solo contro la Spagna.
«Non è un caso. Anzi. Loro in questi dieci anni, gli stessi nei quali noi ci preoccupavamo di distruggere, lavoravano per costruire. Hanno creato una scuola, una mentalità, e sono efficaci anche quando non hanno interpreti straordinari come adesso, ad esempio, nel ruolo di centravanti. Guardate cosa hanno vinto gli spagnoli di recente: due Europei, un Mondiale e poi in dieci anni addirittura sei Champions League e sette Europa League. L’Italia in questo stesso periodo è rimasta a zero tituli, come dice Mourinho».
Perché Mancini ha affrontato questa avventura in Nazionale con questi principi in controtendenza?
«Perché è stato all’estero, ha lavorato in Inghilterra, è cresciuto grazie a quelle esperienze. Fuori dall’Italia la mentalità è differente, da noi non diamo nemmeno tempo a un commissario tecnico di costruire. Eppure quel lavoro ha bisogno di pazienza».
Pensa che il trionfo dell’Italia, arrivato attraverso il gioco e non con la scaltrezza, possa aprire un’era nuova nel nostro calcio?
«Mi auguro che diventi un modello, del resto noi andiamo avanti per imitazione. Io amo fare lunghe passeggiate dalle mie parti e osservo ciò ho attorno. Se un contadino mette l’uva davanti a casa, i vicini subito lo copiano: qualche giorno dopo, tutti hanno l’uva. Così accade nel calcio, da noi. Speriamo dunque che altri allenatori seguano l’esempio degli azzurri. E comunque c’è già qualcuno che ha la mentalità giusta».
A chi pensa?
«A Sarri, ad esempio, ma anche a Gasperini. E poi ai giovani: De Zerbi, Italiano, lo stesso Juric. Tutta gente che non tiene dietro un uomo in più del necessario, perché altrimenti non ne può disporre quando offende, e accetta di giocare con il sistema puro: un difensore per un attaccante. Sono strateghi, non tattici. Come Mancini. E la differenza non è irrilevante, anzi cambia tutto».
Il suo auspicio è che l’Italia di Mancini si trasformi in un modello di calcio d’attacco come il Milan di Sacchi 35 anni fa.
«Quando noi cominciammo a giocare in un certo modo, anche all’estero, l’Italia vinse quindici coppe europee in appena undici anni. Non fu un caso, ma una questione di atteggiamento, di idee, di testa. Oggi sento ancora allenatori che dicono: in campo vanno i calciatori, noi non giochiamo, che cosa possiamo fare più di questo? Anche il direttore d’orchestra non suona, anche il regista non recita. Eppure ho sempre saputo che Muti e Spielberg facevano la differenza».
https://www.dagospia.com/rubrica-30/sport/che-rosiconi-gruppo-tifosi-inglesi-lancia-petizione-ripetere-276381.htm
Ma poi, anche sti scemi. Sulla base di quale regola del calcio uno che tira una maglia, senza condotta violenta, a centrocampo, avrebbe mai dovuto essere esplulso? E’ come sostenere che Sterling all’ennesimo tuffo in area avrebbe dovuto essere buttato fuori. Peraltro, manco ammonito una volta. E con l’italia ne ha fatte ben più di bertoldo, altro che il trascinamento fatto contro la danimarca.
Ancora sull’insensatezza e la favoletta del fair play albionico. Ridicoli, d’altra parte di hanno un pupazzo biondo a premier eh?
Lasciare andare Verratti per due milioni di differenza fu un errore colossale. E non perchè Verratti sia un fuoriclasse (non lo è), ma perchè nel nostro centrocampo post-big four sarebbe servito come il pane. Molto più di Locatelli che è buono ma che a 40 milioni mi pare un’assurdità.
Perchè poi metterne 40 più ingaggio su Locatelli e poi lasciare andare Donnarumma per non “buttare” 14 lordi di Sczeszny… misteri. Io prendevo Gigio e mettevo il polacco a fargli da secondo fino a scadenza, se gli andava. E se non gli andava che portasse un compratore.
Di Chiellini e Bonucci tutto si può dire tranne che non si impegnino abbastanza in campo per la Juve. Questa è stata però una stagione anomala, anzi due stagioni anomale, anche la precedente, dove certamente hanno fatto un po’ troppo il cavolo che volevano. Al massimo mi viene qualche pensiero quando vedo il recupero lampo di Chiello durante gli europei e certi periodi di convalescenza da noi. Suppongo, oso sperare, che fosse un infortunio meno grave…
Ad ora il problema grande è che la società fa fatica a vendere giocatori, ancora gli unici movimenti che hanno fatto in società sono il riscatto di McKennie e la cessione di Chiellini. Spero abbiano almeno cominciato a imbastire delle trattative per liberarsi di qualche cavallo di ritorno, tipo Rugani/Demiral, De Sciglio, Ramsey/Rabiot. Tutto tace, si sta tornando a lavorare sotto traccia? Non sarebbe di per sé una brutta cosa, purché Cherubini faccia qualcosa. L’Inter per dire si è appena liberata di Joao Mario (e non stiamo parlando di Renato Sanches), Hakimi che aveva buon mercato e ha ceduto Politano al Napoli.
Drastico che problemi hai?
Sai benissimo che la Juve l’ingaggio di 14/16 milioni per Donnarumma non poteva permetterselo, specie se costringi Dybala ad accettarne 10.
Fai meno copia incolla ed accendi l’intelletto cerebrale.
Poi se da Allegri , visto l’ingaggio preteso da Raiola (più commissioni ovvie), ha suggerito che le risorse da spendere per un portiere era meglio destinarle un altri reparti, il discorso quadra.
E non è solo tecnico.
Vediamo se ora hai capito….
Comunque anche secondo me Scezny è meglio di Donnarumma.
Lui iccalcio lo ha imparato al gabbione …