In un mese, dall’11 luglio all’11 agosto, è cambiato il mondo. Il nostro, almeno. Siamo diventati campioni d’Europa con la Nazionale di Mancini. Ci siamo scoperti nazione multietnica all’Olimpiade: gli ultimi saranno i primi. Abbiamo espresso, per la prima volta, un finalista a Wimbledon: Berrettini. Ha annunciato il ritiro Valentino, che delle moto era diventato il centauro più seducente (nomen omen). Dopo 21 anni, Lionel Messi ha lasciato Barcellona per Parigi. La fine di un’epoca. E l’inizio di chissà quale «cosa», alla Nanni Moretti.
Se n’è andato, Leo, a parametro zero. Ha 34 anni, è un pittore e non uno scultore come Cristiano, arrivò da Rosario che era un nano, l’hanno curato e cresciuto sino a farne «més que un Club»: nei trofei, nei soldi. Tanti ne ha prodotti, tanti ne ha ricevuti. E’ successo, al Barça, quello che Alessandro Bergonzoni ha raccontato in «Aprimi cielo», con la malinconica ironia che lo caratterizza: «Nel curare qualcuno, si diventa qualcuno da curare». Appunto. Un debito qua e uno là, fino all’implosione (sotto la gestione Bartomeu, soprattutto).
Tra fondi di pace e sfondi di guerra (la Superlega fallita, il Fair play finanziario svuotato dalla pandemia), comandano sceicchi e russi. Se la storia siamo noi (Mattarella), il mercato sono loro. La «tipo» del Paris Saint-Qatar mette paura. Sulla carta. Sul campo, citofonare Lille. Leo abbandona il diletto 10, indirizzo dell’amico Neymar, per trasferirsi al civico 30. Più umano di Diego, ci ha abituato alla bellezza del dribbling, a quei conati (di genio, di vomito) che ne hanno resa unica la carriera. E’ mancato, all’epilogo di domenica, il calore del popolo. E non chiedetemi se fossero, le sue, lacrime di caimano mascherato da coccodrillo o viceversa. Si è liberato di una patria che sentiva ormai come una cella. Se il «final» non è stato proprio lieto, lietissimo è stato il «durante». E allora: Messì beaucoup.
A Superciuk…nu ce sta na lira!
Mah gian-carlo, non lo so, il gas naturale sta aumentando, ma il petrolio sta scendendo e andrà anche lui progressivamente sostituito. Praticamente prima ancora del nucleare, che conta per oltre il 10%, ci si dovrebbe preoccupare di petrolio e carbone. Anzi in Europa il nucleare corrisponde circa al 30% mi pare, se non di più. Per cui è semplicemente utopistico pensare di sostituire tutto quanto con solare, eolico e biomasse, che contano per pochi percento. Senza contare il fatto che tappezzare enormi superfici di pannelli solari o piazzare pale eoliche dappertutto non è esattamente impatto ambientale nullo.
La fusione nucleare è ancora lontana (ottenuta in laboratorio ma non utilizzabile su scala industriale) e con svariati problemi di sicurezza da risolvere, soprattutto la gestione del trizio. Per cui ribadisco che sarà difficile “liberarsi” del nucleare – che conta oltre cento reattori in costruzio e nel globo – con buona pace di tutti quelli che non ne vogliono più sentir parlare.
I riommers in tre giorni prendono un attaccante da 40 pippi e mettono clausola di contro riscatto a 80. In tre giorni. Partemale e cherubini si facessero qualche domanda