Napoli contro Milano. Non ancora una sentenza, ma una traccia che porta lontano: e lontano da chi insegue. Sabato, l’Inter aveva rimontato il Sassuolo. Un rosso non dato a Handanovic, poi la solita ripresa e i soliti cambi: Dzeko, gol e rigore. Non è Lukaku, ma 6 reti in sette partite aiutano a sentirsi forti. O i più forti.
Sette su sette, il Napoli. Spalletti ha raffinato l’eredità di Gattuso. Veniva dalla botta con la Spartak, Firenze è campo minato, ha reagito di forza al guizzo di Martinez Quarta. La dorsale Koulibaly-Anguissa-Osimhen funziona. Osimhen è un centravanti che avvicina il passato al futuro. Nei casi d’emergenza, lancio lungo. Ci pensa lui. Va via di fisico, ti sradica o ti costringe al penalty (Martinez Quarta, again). Limpida la genesi, tribolato il resto: doppia parata di Dragowski su Insigne e rasoiata laterale di Lozano.
Dopodiché: o i calci piazzati (sono già sette, l’ultimo «tradotto» da Rrahmani) o il palleggio degli elfi: Insigne, Lozano, Politano, Ounas, il redivivo Mertens. Per tacere, in mezzo, dei violini di Zielinski e Fabian Ruiz. Ovunque, indizi di maturità.
Rimane il Milan. Non ha fatto respirare un avversario che, di solito, non ti fa respirare. Ha vinto per questo, a Bergamo. Gol-lampo di Calabria, su tocco di Theo e leggerezza di Musso, «rapina» di Tonali a Freuler, raffica di Leao. In mezzo, briciole di vecchia Atalanta, con «Maignarumma» provvidenziale su Zappacosta e Zapata. I moccoli di Gasp, già: ma il Papu non c’è più, Pessina è andato k.o. e Ilicic non c’è ancora. Hai voglia. Il 3-2 a referto, siglato da un rigore di Zapata, il migliore, e dal fioretto di Pasalic, è falso. Pioli ha moltiplicato i primi 20’ anti Atletico. La mobilità di Brahim Diaz; i cingoli di Theo; un Kessié meno distratto e il Tonali che mi aspettavo: nessuno nasce imparato, nulla cresce per caso. I 40 anni e le ferite di Ibra sembrano un segno dei tempi, non più del destino.
Se non è indaista un figlio di zoccola in cancrena che schiuma rabbia perché NOI juventini abbiamo avuto il privilegio di vedere CR7 con la nostra maglia, non lo è nessuno.
Ora questo mongolo multinick indaista di Sputacchiera è capace di uscirsene con un “In fondo cosa ha vinto Cristiano Ronaldo da calciatore”.
Questo ha veramente merda e segatura al posto del cervello.
Ah, come vanno gli incassi di quelle bagasce di tua mamma, moglie e figlia?
Si notano i primi segni della ripresa?
Magnaccia parassita indaista.
Sputacchiera che sparge cancro, su centrocampisti ed attaccanti…i tuoi sono Pinna Marini e Muraro.
Portiere? Ça va sans dire, Ivano Bordon…ahahah PAGLIACCIO MULTINICK.
Se tu sei juventino…Cicciolina è ancora vergine.
Vi” chi? Guarda che come gusti calcistici sono mica un tifoso del “corto muso”, che lascio volentieri a Solskjær e alla sua Pro-Cristianese… quando vuoi ne parliamo
Scritto da Luca L. il 4 ottobre 2021 alle ore 12:53
Beh visto che ti piace l’idea di calcio del cialtrone livornese ti contraddici.
Scritto da Alex drastico il 4 ottobre 2021 alle ore 13:40
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Sono gli incerti del mestiere di multinick.
Si va facilmente in cortocircuito.
I livorosi piccoli fans della Proallegrese si affannano ad sssicurare la sua non esistenza. Come per la mafia, pari pari. Poracci.
Messi è il calcio…Ronaldo è una industria di cazzi suoi, in primis.
Poi viene il calciatore che tecnicamente è indiscutibile.
È diverso.
Non so neppure chi allenava quella Juve ma vederla giocare era poesia,a prescindere dai risultati!Oggi il calcio è corsa atletismo e botte non c’è paragone con quell’epoca.
Io ho voluto bene a chiunque ha giocato alla Juve persino Bernardeschi.Uno su tutti?OMAR ENRIQUE SIVORI!!Vederlo con quel testone nero ed i calzettoni abbassati mi ha fatto diventare juventino(1961)!!
E così Manfredi, il nuovo sindaco di Napoli, è uno juventino dichiarato e De Laurentiis s’è congratulato con lui tracciandone le benemerenze politico-amministrative. Giusto e ben augurante perché la politica e lo sport non devono avere frammischiamenti.