Una sera all’improvviso, dopo 37 partite, tre anni e la corona d’Europa. Italia uno Spagna due a San Siro. Sarà, dunque, Luis Enrique a giocarsi la Nations League contro Belgio o Francia. Non Mancini. Non gli eroi di Wembley. Il 6 luglio, in semifinale, le furie ci avevano nascosto il pallone. Le battemmo ai rigori, solo lì, solo così. La Spagna era più incerottata di noi. Però che palleggio, Gavi (classe 2004), e che dribbling, Yeremi Pino (2002).
Partita bella, di duelli rusticani, introdotta dalla doppietta di Ferran Torres, di scuola guardiolesca, e scolpita dal doppio giallo di Bonucci, il capitano. Era il 42’: un disastro, proprio lui che, sullo 0-1, aveva salvato Donnarumma dalla ghigliottina di un pubblico assetato di sangue. I fischi alla marcia reale: verguenza. I fischi al portiere: de gustibus.
La Spagna ha meritato. Ci ha asfaltato a sinistra (Marcos Alonso, Oyarzabal), ha ricavato dal trio d’attacco pressing generoso ed efficace, ha lavorato di fino attorno alla premiata sartoria Busquets. Immobile e Belotti spesso ci dividono, ma giocare senza centravanti è ancora pù «divisorio». Bernardeschi falso nove è sembrato un ripiego, più che un’alternativa. Per una volta, è caduto il centrocampo. Tutti: Barella, Jorginho, Verratti. Confusi, nervosi. Occasioni? Subito una parata di Unai Simon su Chiesa, poi, fra i gol di Ferran Torres, il massimo dell’avanti Savoia: palo di Bernardeschi, erroraccio di Insigne. Troppo poco.
Il gol di Lorenzo Pellegrini, su assist di «Church», appartiene – come i rostri di Chiellini – all’orgoglio della squadra e all’unica macchia di un avversario che già in parità numerica aveva sequestrato il centro del ring, anche grazie agli itinerari di Sarabia, figuriamoci in undici contro dieci. Mancini avrebbe potuto anticipare le staffette, perché no, ma credo che la sentenza l’abbiano firmata i toreri di Spagna. Olé. Felice per Luis Enrique, uomo grande.
Esimio Beccantini condivido il suo dire tranne nel minimizzare il LISCIO di Bastoni e il ciarpame di Insigne solo davanti alla porta spagnola. Che Bonucci sia quel che è non lo discuto: però i due episodi citati sono propedeutici al suo comportamento. La frustrazione di vedere Busquets comandare il centrocampo può anche aver indotto al gesto malsano. Criticare però il primo giallo per proteste eccessive è una gran fesseria: ha mai visto atteggiamento di Ramos ?? Protesta anche per le semplici rimesse e finisce per condizionare. Purtroppo in Italia non si smette mai di essere tifosi fino all’autolesionismo. Ognuno pensa di dover esprimere il Verbo a prescindere dal contenuto.. Ora pare che De Laurentiis chieda di sospendere il campionato in concomitanza della Coppa d’Africa. Abbiamo accettato la buffonata della ASL di Napoli per il Covid. Cosa altro ci riserva il futuro? Nessuno pensa di ridurre il numero di squadre. Nessuno obbliga a schierare almeno 5 italiani meglio se under. Nessuno invoca scuole calcio di tecnica e non estenuanti giochetti di tattica! Perché gli spagnoli trattano meglio di noi il pallone? Perché spesso i nostri non sanno stoppare la palla? Perché spesso gli avversari arrivano prima sulla palla?Altro che far il tifo per questo o quello: in Italia tante chiacchiere correlate alla “parrocchia” propria. Cosa aspettarsi da un pubblico che fischia inno degli avversari??Quelli a Donnarumma sono vergognosi, quelli all’inno sono Infami. Grazie per ospitalità. Antonio
Grazie per la precisazione,anche storica.
X Bartok – No, il Martinello era un omaggio alla città dove vivo, Legnano, dove, come saprai, c’è il culto del Carroccio e della Martinella, la campana che suonava per avvertire i soldati amici che la battaglia non era finita e sul carro l’officiante, difeso dalla Compagnia della Morte, continuava a dire la messa. A suo tempo io mi ero solo limitato a mascolinizzare il nome della campana per non creare equivoci.
Ma allora sto Tchoumani (o come si chiama) potrebbe servire al centrocampo juventino?
Scritto da Dindondan il 7 ottobre 2021 alle ore 23:16
Lo chiameremo Starnuto :-)))
Caro Giorgio quando eravamo bambini 1 mese sembrava un anno,mentre adesso un anno sembra un mese,vola via che non te ne accorgi.Da ragazzino l’anno di Martino ti è sembrato lunghissimo e l’hai assaporato molto bene.PS.A proposito il tuo nick(il Martinello)era un omaggio a Martino?
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Francesco-Quartieri Spagnoli Carissimo, e Giorgio-Dindondan, dal Canada un sincerio saluto.
Quando ero in Argentina (buenos aires), tante volte mi sono trovato a magnificare “MAMUCHO” (nomignolo datogli da un compano nel san lorenzo) in una famiglia di miei parenti, imparentati con la famiglia Martino di Rosario anni 52-56…many moons ago Frank.
I MIEI RICORDI di MAMUCHO
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Di Rinaldo Martino si raccontava che dopo aver dribato il portiere, a 5 metri dalla linea di porta, vuota, non la butta dentro ma si ferma, si gira verso il centro campo gesticolando a braccia large e lascia l’avversario portargli via la palla, con i compagni estrrefatti che lo raggingono urlando: Perche’ Rinaldo…perche’ non hai fatto gol!?
Ciento muy lindo 100! Romperlo? Nunca!
Si era ricordato che il terzo gol di Boniperti a pochi minuti della fine, avea raggiunto i 100. Per lui numero troppo bello
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In Argentina non ricordo di averlo mai visto, perche’ giocava in Uruguai, se ricordo bene, nel Cerro (ora nacional) dove chiuse lla carriera.
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Ma ricordo quello che si raccontava in una famiglia di miei parenti imparentati con il “rosarino” del ritorno in Argentina dopo appena un anno. Un giorno a Rosario (sua citta’ natale, 400 km da b.a.) ad un parente nostalgico dell’Italia che gli domanda: Pero Rinaldo que paso’, porque volviste tan temprano? La mujer tio, la mujer y l’azado. Queria comer azado. Pero, no podrias comprar carne y leńa y cocinarla? El tiempo tio. En Italia el futbol es profesional, y no te dan tiempo tampoco para miar
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Martino, gran ballerino e maestro di tango. Dei suoi driblin diceva che quando un avversario gli si avviciava, si vedeva in una sala da ballo e faceva movimenti come fosse un tango.
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Rinaldo Fioramonte “Mamucho” Martino, uno dei 24 “futbolistas argentini della hall of fame.
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Era parte del: “El Terceto de Oro”, che con René Pontoni e Armando Farro formava un trío letale che fece vincere al San Lorenzo de Almagro (el barrio donde yo vivi’) il campionato argentino del 1946. squadra che nell stesso anno ebbe grande successo in giro per l’Europa
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Non i sembra che Witsel sia tanto superiore ad Arthur.
Non sembra malaccio anche se un
po’ compassato