La Francia è una signora che si pettina davanti a uno specchio che ogni tanto lascia agli avversari: e così 2-0 per il Belgio. Quando però scopre di essere in ritardo, glielo strappa: e così 3-2 per lei. Che partita, allo Stadium. Bellissima. Nel primo tempo, solo Belgio. Subito Lloris strepitoso su De Bruyne, poi meno su Carrasco e ancora meno sul destro di Lukaku. Dominavano, i rossi di Martinez. In difesa, lo scudo di Denayer. In mezzo, la scimitarra di De Bruyne e il fioretto di Hazard. Davanti, Lukaku contro tutti.
E i campioni del mondo? Pogba bloccato, Griezmann sfarfallante, Theo né terzino né ala, davanti al fratello Lucas. Rabiot, destra-sinistra e sinistra-destra: un politico, più che un mediano. Gli unici a sbattersi, Benzema e Mbappé. Vi raccomando la faccia di Deschamps: un professore sfrattato dalla cattedra.
Nations League o no, il calcio è materia liquida. Alla ripresa, il Belgio si appisolava sul dessert. E ronfava così forte da svegliare la bella addormentata. Pogba avanzava il raggio, la squadra tutta cambiava marcia. Gran gol di Benzema, pareggio di Mbappé su rigore «varista» (procurato da Griezmann). La sfida, fin lì giocata dall’uno o dall’altra, diventava di entrambi. Usciva Rabiot, entrava Tchouaméni, un 2000 di mole e di tocco. Un gol di Lukaku cancellato, al video, per questione di centimetri; una traversa scheggiata da Pogba, su punizione. Il massimo del thrilling. E dal momento che era in vena di fare il fenomeno, il destino assegnava l’onore di firmare l’ordalia proprio a colui che i compiti di scuderia avevano ridotto in catene: Theo Hernandez. Un sinistro «alla Milan», secco come una schioppettata, dopo che Mbappé e Benzema avevano limonato con le emozioni. Non tanto nel «particulare», quanto nella ronda notturna.
E allora, domenica, gran finale Spagna-Francia. Con Italia e Belgio a contendersi lo strascico.
anzi con l’austria se non annullano quel goal ad arnautovic….. e col belgio mricordo momenti di paura con lukaku che si è magnato due goal a porta vuota….
Fabrizio io la penso come te ma cosi a memoria la Juventus,amauri a parte,non è che ne ha mandati tanti in tribuna.
In Argentina non ricordo di averlo mai visto, perche’ giocava in Uruguai, se ricordo bene, nel Cerro (ora nacional).(cit.vecchio psicopatico canadese)
Ti chiedo scusa vecchio psicopatico in effetti il certo è anche uruguayano.nelle prime ore del mattino sono stato ingannato dalla tua FALSA news che il cerro ora è Nacional.
mah… sarà… io tutto sto gioco non l’ho visto nè con l’austria, nè belgio, men che meno con la spagna …
con l’inghilterra erano sotto dopo un minuto vorrei vedere che per recuperare non provi ad attaccare…
ma tant’è…. alice guarda i gatti, e i gatti girano nel sole…..
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Nelle pagine precedenti, mi pare, di averne letto una (se non sbaglio!) di Luca L. Mi pare, facesse riferimento a Goebbels su quella del: Ripetete una bugia cento, mille, [un milione di volte e diventerà una verità].
A Luca L O a chiunque sia dico che, questo/i a Goebbels gli fa una pippa.
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Bugiardo compulsivo
Il bugiardo compulsivo non mente per raggiungere un fine specifico; mente semplicemente per abitudine e soprattutto perché mentire lo fare stare meglio di quanto starebbe dicendo la verità. Dire la verità per queste persone diventa un’impresa psicologicamente difficile, così mentono su qualsiasi cosa. La bugia compulsiva in genere si sviluppa nell’infanzia e in ambienti famigliari in cui la menzogna è necessaria. Questo tipo di bugiardo, diversamente dal precedente, non è manipolativo o almeno non lo è apertamente. La bugia diventa una risposta automatica ed irrefrenabile, compulsiva appunto. Il bugiardo patologico è anche definito bugiardo cronico o abituale.
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Bugiardo patologico
Il bugiardo patologico è colui che mente incessantemente per cercare ottenere qualcosa e lo fa senza troppo curarsi delle conseguenze che questo comportamento può avere sugli altri, fossero anche “solo” conseguenze emotive. In questo caso l’abitudine alla menzogna è vista come meccanismo per affrontare la realtà, un meccanismo sviluppatosi in età infantile che sovente è associato ad altre problematiche psicologiche. Il bugiardo patologico è in genere manipolativo, autocentrato e ben poco empatico rispetto alla dimensione psicologica delle altre persone.
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FATE VOI…Ma una parte li accomuna: La famiglia-l’infanzia ed e’ meglio disperderli
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Sto guardando Slovenia – Italia con la speranza di capire se Lucca è veramente un centravanti da Juve. Purtroppo mi sembra che non sia stato molto cercato e quindi non sia possibile esprimere un giudizio sulle sue possibilità. Il migliore, oltre a Tonali, mi è sembrato Okoli, un difensore che sa giocare la palla che però è dell’Atalanta e quindi non credo che potrà mai venire alla Juve.
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Scritto da nino raschieri il 8 ottobre 2021 alle ore 17:23
Google Traduttore fa quello che può …
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Scusa ma, non capisco.
Hai ripostato il post,
poi
Google Traduttore fa quello che può …
Io non sono molto sveglio, puoi spierarmi?
Grazie
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Google Traduttore fa quello che può …
TURANDOMI IL NASO
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Il calcio argentino ha vissuto il suo periodo di massimo splendore negli anni 40. Non ci sono stati Mondiali a dimostrarlo, ma in quegli anni ha dominato la Copa América, fatta eccezione per i 42 giocati a Montevideo, che sono rimasti in patria. Nel 1945 la squadra dell’Albiceleste vinse il titolo a Santiago del Cile, battendo l’Uruguay con il cosiddetto “gol dell’America”: Rinaldo Martino sfuggì a diversi azzurri e quando uscì Roque Máspoli finì con un buco verso il polo più lontano.
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Era la consacrazione internazionale di Mamucho Martino, allora 23enne di Rosario, che difendeva San Lorenzo. Lo hanno soprannominato così perché una volta ha commentato ai suoi compagni di squadra che Ángel Labruna era “molto più” un giocatore di lui. Ed è rimasto… Se Labruna fosse più bravo di lui è discutibile: nel 1975 Martino è stato scelto come il miglior “dieci” della nazionale argentina di tutti i tempi, secondo un sondaggio di El Grafico.
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Questo grande personaggio argentino è stato l’asso che il Nacional ha tirato fuori dalla manica nel 1950, ormai 70 anni fa, per vincere il campionato uruguaiano contro il Peñarol, la cui squadra era la base del campione del mondo a Maracaná mesi prima. Ha giocato poche stagioni con il tricolore, ma è passato alla storia come una delle più grandi star straniere a vestire quella maglia.
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Prima di ciò, …. “Rinaldo, uno dei nove figli di un immigrato calabrese, …… aveva esordito al Belgrano de Rosario. Siccome i principali club di Buenos Aires avevano rappresentanti in quella città, quello di San Lorenzo lo consigliò subito. E a 19 anni approda nel club del quartiere Boedo, dove entra a far parte del mitico terzetto centrale Farro-Pontoni-Martino, quando centravanti e centrocampo costituivano la punta di diamante della squadra. San Lorenzo è stato campione AFA nel 1946 e l’anno successivo ha recitato in un favoloso tour della penisola iberica, durante il quale ha battuto la squadra spagnola 6-1 e la squadra portoghese 10-4.
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Nel 1949, su suggerimento dell’allenatore italo-argentino Renato Cesarini, Mamucho partì per la Juventus a Torino, dove vinse il campionato 1949-1950. Ha giocato 33 partite, segnato 18 gol ed è stato anche convocato per una partita con la squadra italiana. Tuttavia, a metà di quest’ultimo anno ha ricevuto un’offerta dal Boca Juniors che lo ha attratto per due motivi: lo hanno pagato gli stessi soldi dell’Italia e gli hanno permesso di tornare all’ippodromo di Palermo, uno dei suoi punti deboli.
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Tuttavia, quando il trasferimento è stato completato, il libretto di circolazione in Argentina era già chiuso. Ciò ha suscitato l’interesse del Nacional, che ha negoziato con il vantaggio della vecchia amicizia che aveva con il club xeneize. Di conseguenza, Martino è venuto a Montevideo per difendere il Nacional in uruguaiano.
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Esordisce il 30 settembre 1950 contro il Liverpool. Il Nacional vince 3-1, ma l’argentino passa quasi inosservato. Poi, l’allenatore Enrique Fernández ha modificato la struttura della prima linea, mettendo Martino come centravanti. A destra giocavano Fausto Rosello e il giovanissimo Javier Ambrois, a destra un altro argentino, José Miseria García, e Juan Ramón Orlandi.
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Il torneo è stato molto equilibrato. Peñarol ha vinto la classica sulla prima ruota, dopo di che Nacional ha iniziato a recuperare terreno. Tutto si è definito nella classica rivincita del pomeriggio della vigilia di Natale, che il tricolore ha avallato con la doppietta di Miseria García, conquistando il titolo.
Nel 1951 Martino finalmente si unì al Boca, ma la situazione finanziaria del club non era più la stessa. Rimase lì per alcuni mesi e poi il Nacional lo tentò di nuovo per l’uruguaiano di quell’anno. L’intenzione dell’albos era addirittura quella di ricreare in parte il terzetto centrale del San Lorenzo, come lo erano di René Pontoni, venuto ad allenarsi con la rosa. Tuttavia, ha subito un infortunio al ginocchio ribelle, per il quale il passaggio è stato inefficace.
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Al Three Kings Day 1952, Martino ebbe la sua prestazione più memorabile, quando segnò tre gol contro il Peñarol per una vittoria per 3-2, che eguagliò i vecchi rivali in classifica (poi il Nacional avrebbe perso il campionato con una sorprendente sconfitta contro il Central)
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. “Ho fatto la prima testa sopra l’arco che sovrasta l’ospedale e le altre due sopra l’opposto”, ha ricordato in un’intervista a El Veco per la rivista Sport Ilustrado nel 1976. “Ho pareggiato dopo un rimbalzo causato da un tiro di Fizel e il Terzo, l’ho fatto con poco tempo rimasto, una palla che ho agganciato con aria con grande fortuna e l’ho piazzata a Máspoli contro l’altro bastone, anche se quello di ‘piazzare’ è sempre relativo. È stata una prestazione che mi ha conformato molto”, ha detto, lontano da ogni vanità. E ha ricordato soprattutto le congratulazioni di Juan Antonio Schiaffino dopo la partita.
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Qualche tempo dopo, Martino ha avuto divergenze con la dirigenza per motivi economici e ha chiuso la sua stagione al club (è stato sostituito da un altro argentino, Héctor Rial, che segna la forza del calcio uruguaiano, capace di importare cifre brillanti). Andò a San Pablo e nel 1954 ritornò brevemente a… .. “Uruguay per difendere Cerro”…… Fece qualche affare per qualche tempo nel paese, sebbene si fosse già stabilito a Buenos Aires, dove possedeva la leggendaria tanguería Caño 14. È morto nel 2000, all’età di 79 anni.
https://www.elpais.com.uy/ovacion/futbol/as-manga-tenia-nacional-ganar-uruguayo.html
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HO SCRITTO: “se ricordo bene”, nel Cerro (ora nacional) dove chiuse lla carriera .
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SE RICORDO BENE … ricordavo MALE… POTEVO fare ricerche, e’ non avrei confuso il nome NACIONAL Dove in Uuguay gioco’ per primo.——- Lerrore sul nome Nacional, al lettore avrebbe dovuto indicare la purezza del racconto, e’ riflettere: ricorda male…forse un lapsus..
Ma un proverbio della terra dei genitori di Rinaldo Martino Recita:
A gatta da dispensa, cume’ se pensa… almeno al mio paese.
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Scritto da Ettore Juventinovero il 8 ottobre 2021 alle ore 17:13
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TURANDOMI IL NASO
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El fútbol argentino vivió su época de mayor esplendor en la década de 1940. No hubo mundiales para demostrarlo, pero dominó la Copa América durante esos años, salvo la del 42 disputada en Montevideo, que quedó en casa. En 1945, el seleccionado albiceleste conquistó el título en Santiago de Chile venciendo a Uruguay con el llamado “gol de América”: Rinaldo Martino eludió a varios futbolistas celestes y cuando le salió Roque Máspoli, remató de emboquillada hacia el palo más lejano.
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Fue la consagración internacional de Mamucho Martino, un rosarino entonces de 23 años, que defendía a San Lorenzo. Lo apodaban así porque una vez él comentó a sus compañeros que Ángel Labruna era “más mucho” jugador que él. Y le quedó… Si Labruna era mejor que él resulta discutible: en 1975 Martino fue elegido como mejor “diez” en el seleccionado argentino de todos los tiempos, según una encuesta de El Gráfico.
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Esta gran figura argentina fue el as que sacó Nacional de la manga en 1950, hace ahora 70 años, para ganarle el Campeonato Uruguayo a Peñarol, cuyo plantel constituía la base del campeón mundial en Maracaná meses antes. Jugó pocas temporadas con la tricolor, pero pasó a la historia como uno de los más grandes cracks extranjeros que se pusieron esa camiseta.
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Antes de eso, …. “Rinaldo, uno de los nueve hijos de un inmigrante calabrés, ……había debutado en el Belgrano de Rosario. Como los principales clubes porteños tenían representantes en aquella ciudad, el de San Lorenzo lo recomendó enseguida. Y a los 19 años se vino al club del barrio de Boedo, donde integró el legendario terceto central Farro-Pontoni-Martino, cuando el centrodelantero y los entrealas formaban la punta de lanza del equipo. San Lorenzo fue campeón de la AFA en 1946 y el año siguiente protagonizó una fabulosa gira por la península ibérica, durante la cual venció 6-1 a la selección de España y 10-4 a la de Portugal.
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En 1949, por sugerencia del entrenador italo-argentino Renato Cesarini, Mamucho se fue a la Juventus de Turín, donde ganó el campeonato 1949-1950. Jugó 33 partidos, marcó 18 goles y además lo convocaron para un partido con el seleccionado italiano. Sin embargo, a mediados de este último año recibió una oferta de Boca Juniors que le atrajo por dos razones: le pagaban el mismo dinero que en Italia y le permitía volver al hipódromo de Palermo, una de sus debilidades.
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Sin embargo, cuando la transferencia terminó de concretarse, el libro de pases en Argentina ya estaba cerrado. Eso despertó el interés de Nacional, que negoció con la ventaja de la vieja amistad que sostenía con el club xeneize. Como resultado, Martino se vino a Montevideo para defender a Nacional en el Uruguayo.
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Debutó el 30 de septiembre de 1950 frente a Liverpool. Nacional ganó 3-1, pero el argentino pasó casi inadvertido. Entonces, el técnico Enrique Fernández modificó la estructura de la línea delantera, colocando a Martino de centrodelantero. Por la derecha jugaban Fausto Rosello y el muy joven Javier Ambrois, por la derecha otro argentino, José Miseria García, y Juan Ramón Orlandi.
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El torneo se presentó muy parejo. Peñarol ganó el clásico de la primera rueda, tras lo cual Nacional comenzó a recuperar terreno. Todo se definió en la revancha clásica la tarde de Nochebuena, que el tricolor hizo suya con dos goles de Miseria García, conquistando el título.
En 1951 Martino se incorporó finalmente a Boca, pero la situación económica del club ya no era la misma. Estuvo algunos meses y después Nacional volvió a tentarlo para el Uruguayo de ese año. La intención de los albos incluso fue recrear en parte el terceto central de San Lorenzo, pues fueron por René Pontoni, que llegó a practicar con el plantel. Sufría sin embargo una rebelde lesión de rodilla, por lo cual el pase quedó sin efecto.
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El Día de Reyes de 1952, Martino tuvo su actuación más recordada, cuando le marcó tres goles a Peñarol para la victoria por 3-2, que igualó a los viejos rivales en la tabla (luego Nacional perdería el campeonato con una sopresiva derrota ante Central)
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. “Hice el primero de cabeza sobre el arco que da al hospital y los otros dos sobre el opuesto”, recordaba en una entrevista con El Veco para la revista Sport Ilustrado en 1976. “Empaté tras un rebote provocado por un remate de Fizel y el tercero lo hice faltando poco, una pelota que enganché de aire con mucha suerte y se la coloqué a Máspoli contra el otro palo, aunque eso de ‘colocar’ siempre sea relativo. Fue una actuación que me conformó bastante”, relató, lejos de toda vanidad. Y recordó especialmente la felicitación de Juan Antonio Schiaffino tras el partido.
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Tiempo después, Martino tuvo diferencias con los dirigentes por motivos económicos y cerró su campaña en el club (lo reemplazó otro argentino, Héctor Rial, lo que marca la pujanza del fútbol uruguayo, capaz de importar figuras rutilantes). Se fue a San Pablo y en 1954 retornó brevemente al ….. “Uruguay para defender a Cerro”…… Mantuvo algunos negocios por un tiempo en el país, aunque ya se había establecido en Buenos Aires, donde fue propietario de la legendaria tanguería Caño 14. Falleció en 2000, a los 79 años.
https://www.elpais.com.uy/ovacion/futbol/as-manga-tenia-nacional-ganar-uruguayo.html
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HO SCRITTO: “se ricordo bene”, nel Cerro (ora nacional) dove chiuse lla carriera.
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SE RICORDO BENE … ricordavo MALE… POTEVO fare ricerche, e’ non avrei confuso il nome NACIONAL Dove in Uuguay gioco’ per primo.——- Lerrore sul nome Nacional, al lettore avrebbe dovuto indicare la purezza del racconto, e’ riflettere: ricorda male…forse un lapsus..
Ma un proverbio della terra dei genitori di Rinaldo Martino Recita:
A gatta da dispensa, cume’ se pensa… almeno al mio paese.
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