E’ la terza botta, una minusvalenza che farà rumore. La solita Juventus, non più baciata dagli episodi, prigioniera del suo fumo. Mai aveva vinto l’Empoli allo Stadium, mai il Sassuolo. E’ storia, signori. La 200a. panchina di Allegri è un tappeto di chiodi: alcuni li mette il capo, agli altri pensano i dipendenti. Se può giocare sugli avversari, passi. Ma se deve far gioco, mamma mia. E l’anima, che era di ferro, sembra di coccio.
Per carità , di questi tempi soffrono tutti, o quasi, penso al Milan di martedì con il Toro, ma Madama è proprio grigia, è proprio tirchia. Sette minuti di pressing alto e poi, nisba. Sette fuorigioco, in un calcio che ormai lo ha abolito, significano essere pigri, Morata in testa. La ditta McKennie-Chiesa, a destra, alza polvere. Locatelli, ex di turno, palleggia tra rimpianti e (forse) rimorsi. A sinistra, l’infortunio di De Sciglio spalanca la sfida ad Alex Sandro. Ecco: il brasiliano e Rabiot, reduce da Covid, non ne azzeccano una. E da lì che parte in tromba Berardi per impegnare strenuamente Perin. E’ sempre da lì che si snoda l’azione della prima rete, bella e semplice: Berardi-Defrel-Frattesi (da tenere d’occhio).
E la Juventus? Un palo di Dybala, poco prima dello 0-1, e le solite processioni, senza un’idea sparata là in mezzo. Alla ripresa, Allegri rivolta l’assetto. Cuadrado era, una volta, il regista occulto. Una volta. Arthur qualcosa combina. La Juventus si scuote. A Kaio Jorge, Dionisi (complimenti) risponde con Scamacca. Il pareggio di McKennie – di testa, su punizione di Dybala – sembra un inizio. Invece no. Il 2-1 di Maxime Lopez, smarcato da Berardi, migliore in campo, suggella un contropiede che fustiga le squadre che pensano di essere grandi anche quando non lo sono più. E’ la resa ufficiale, già a fine ottobre. Ve la giro come una battuta: non resta che la Champions.
Scritto da Roberto Beccantini il 29 ottobre 2021 alle ore 12:41
inallenabile , ok , ma il perche ? lei che ne pensa ? x quale motivo questa squadra , da ben due allenatori e’ stata definita in questa maniera ?
Gentile Robertson, buon giorno. Eccomi. Grazie per gli splendidi spunti. A lenzuolata, lenzuolata e mezzo. Parlo dalla fine. «Che vuol dire, in definitiva, essere nel 2021-22 un allenatore “Gestore”?». Significa non saltare in «coppa» alla partita. Significa non fare la fila al buffet per portar via la torta (Sacchi ieri, poi Guardiola), ma per tagliarsi le fette più gustose. La Juventus di Allegri non ha fatto certo catenaccio contro il Sassuolo: ha giocato male. Il termine «gestore», nella mia accezione, è rivolto esclusivamente all’aspetto tattico. Lo sa, ho diviso i tecnici in due tribù: i fiammiferi, per accendere il fuoco (Sacchi, Guardiola, abbastanza Tuchel); la legna per tenerlo vivo (Capello, Allegri). Conte, una via di mezzo: piromane il primo anno di Juventus, pompiere generalmente in Europa. L’importante è azzeccare la staffetta. Sacchi-Capello: un trionfo. Conte-Allegri: idem. Conte-Inzaghi: andrà bene. Sarri/Pirlo-Allegri: uhm. Poi, è chiaro, ogni tecnico va a cicli, va a momenti. Il Paese in cui viviamo è l’ideale per la caccia al capro (o capo) espiatorio, alle memorie ballerine: vogliamo parlare di quello che si disse e si scrisse di Conte dopo che la sua Inter, già a dicembre, era uscita da tutta Europa e quello che, viceversa, abbiamo scritto e detto dopo la conquista dello scudetto? Ricorda i lazzi che accompagnarono Spalletti per i quarti posti in extremis – molto in extremis – strappati sempre all’Inter? Oggi, a Napoli, sembra che abbia inventato il calcio. Avendolo difeso ai tempi nerazzurri, non salgo sul carro, strapieno, in questi giorni.
Inoltre, mai dimenticare, la storia delle singole società . Ne ho scritto in passato, a Milano Inter e Milan hanno avuto proprietari variegati, segno della vitalità economico-imprenditoriale della metropoli, sino allo sfogo americano-cinese. A Torino, dal ‘23, salvo i 12 anni fra il 1935 e il 1947, solo una famiglia, solo una fabbrica, dalla quale l’emanazione calcistica ha ereditato lo spirito fordista legato alla produzione di risultati: il più possibile e «comunque». Inutile girarci attorno. E’ così, lo sa. Non a caso, i moti rivoluzionari sono tutti finiti nel sangue della tradizione. All’alba dei Sessanta, il 4-2-4 di Amaral; poco dopo, il movimiento di Heriberto, anche se portò uno scudetto e una Coppa Italia; il calcio-champagne di Maifredi; l’idealismo ferreo di Sarri, che pure propiziò il nono; il calcio fluido di Pirlo, una Supercoppa e una Coppa Italia.
Senza arrivare al motto di William Least-Moon in «Strade blu», secondo il quale «Il futuro non è un posto migliore, ma solo un posto diverso», è chiaro che il web ha spalancato il mondo a un interesse e a una pratica che permettono a tutti di vedere tutto: e, dunque, di pesarne la qualità . Non più solo la quantità . Nel Novecento, il riferimento era il tifoso di Nichelino; oggi, è il tifoso di Pechino. Anche se il calcio resta «semplice» (Johan Cruijff, prima di Allegri), per quanto sia difficile giocare un calcio semplice, l’aspetto estetico ha assunto un’importanza che il passato non dico lapidava, ma di sicuro nascondeva. Fermo restando il risultato: sempre la destinazione del viaggio, anche se un po’ meno bussola per raggiungerla. Tornando alla storia, mai dimenticare che Allegri arriva nell’estate del 2014.
Le motivazioni. Gentile Robertson, questo sì che è un tasto delicato, pertinentissimo. La differenza fra Champions e campionato ha smantellato il mio celeberrimo mantra «In Europa è diverso». Al tempo: la fase a gironi sta alla Champions come il lancio del riso a un matrimonio. Certo, un chicco può sempre finire nell’occhio di un invitato (traduzione: una Grande subito eliminata), ma si resta nel campo delle eccezioni. La Juventus di Agnelli ha vinto 9 scudetti consecutivi, disputato due finali di Champions e raccolto una serie di coppette domestiche. Ha cambiato la batteria di manager, ha scelto due strade anti-storiche (Cristiano a 33 anni, Sarri), ha subito l’effetto boomerang della pandemia, come gli altri club, e dal 2019 ha sbandato. Superlega, crescita della concorrenza, caso Suarez (non proprio il massimo, sul piano dell’immagine), problemi Exor-calcio. Storie vecchie, storiacce nuove. Ma non così antiche o periferiche da non influire sull’asset (?) calcistico.
Le motivazioni, dunque. Dovrebbe fornirle «anche» l’allenatore. «Soprattutto»? Glielo concedo. Cierre è un extraterrestre che aveva scatenato, nella rosa, una sorta di colpevole e disdicevole «tanto ci pensa lui». Verissimo che nei primi due anni di Conte si arrivò allo scudetto con bottini massimi di 10 gol, ma ricorda il centrocampo che c’era dietro? E anche qui si pedala sull’asfalto delle eccezioni. Gli stimoli stavano già calando, se non crollando, ai tempi di Sarri. Questo, ormai, è il terzo campionato. L’1-1 di Lecce, il 2-2 casalingo con il Sassuolo, la sconfitta di Udine, il giorno in cui (con «C’era Guevara») sarebbe potuto arrivare il titolo aritmetico, propiziata – tra parentesi – da un contropiede non molto dissimile da quello di Berardi-Lopez, la squadra tutta avanti alla caccia del successo. Per tacere dei Benevento e dei Crotone, con tutto il rispetto, delle gestione Pirlo.
Insomma: Sarri, Pirlo, Allegri, tre allenatori diversissimi fra loro che non riescono più a «eccitare», con il gioco e con le parole, la rosa («Inallenabile» per Sarri, non proprio un fancazzista). I giovani, gli anziani, tutti. Tre indizi fanno una prova, forse. Da qui la differenza fra i due «binari»: con il Chelsea, tutti sul pezzo; con l’Empoli, tutti sul vezzo. Se con Sarri e Pirlo la Juventus avesse conservato lo spirito guerriero d’antan, pure io avrei sparato su Allegri. Stando così le cose, carico la pistola ma qualche dubbio mi viene.
E qui passiamo alla rosa. Il gentile 3 mi rinfacciava correttamente di aver toppato il pronostico della stagione 2020-2021. Non che avessi collocato l’Inter in zona retrocessione (seconda), ma avevo piazzato la Juventus al primo. Fu quarta, con Cristiano. Idem quest’anno, fino alla fuga di Cierre. Ne va della mia competenza (molto, molto presunta). Però un fantasma comincia a torturarmi: non è che abbia sbagliato a sopravvalutare l’organico della Juventus? Verissimo, quasi tutti nazionali, ma non è che gli altri club ne abbiano molti meno. E poi: io ho fatto 9 Coppe del Mondo di calcio, Ormezzano meno, il genio è lui, non io. Mai confondere il concetto di qualità con quello di quantità .
Speriamo che sia tutta colpa del mister (dunque, di Allegri), ma certi errori si ripetono dall’avvento del Comandante. Le giro un parere personalissimo: la vera svolta filosofica ci potrà essere solo dopo l’addio, fra gli applausi, dei professori di Harvard, Bonucci & Chiellini. Tirano sempre indietro la squadra, e mi creda: pure Mancini fatica, anche se – a livello di gioco – ha toccato picchi più sensibili, più godevoli. Non sempre, ma sempre con l’intenzione di scalarli.
Cristiano. Di botto, via un trentello di gol. Mah. Non entro nel marito della rottura – oggettivamente triste e laida – mi soffermo sul pratico. Con Cierre, Dybala arrivò a essere votato il miglior giocatore della serie A dalla Lega (2019-2020). E Chiesa, la scorsa stagione, segnò 9 gol. Adoro i «problemi» che, spesso, diventano le soluzioni.
Approfondiamo il discorso di Federico Chiesa, 24 anni. Non è più un clandestino d’area, ma non ancora come papà Enrico. In Nazionale, 36 partite e 4 gol. Agli Europei, 2 gol cruciali (all’Austria, alla Spagna), e tre panchine su sette: con Svizzera, Turchia, Austria. Vice di Berardi o di Insigne. Poi titolare su Berardi. Lasciamolo crescere, sperando che sia «solo» Allegri a impiegarlo male. Come prospetto, è fatto su misura per l’Europa: veloce, verticale. Deve migliorare nello stretto, nel tiro, nelle scelte. Mi riallacccio fuggevolmente a Bernardeschi, che resta (per me) un’ala: non lo ha perso solo Allegri, lo avevano smarrito anche Sarri e Pirlo. E non è che, rigori a parte, agli Europei, pur convocato e spesso «crocerossina», abbia compiuto sfracelli.
Morata era la quarta scelta, dopo Dzeko, Suarez e Milik: ci sarà un motivo se ha giocato nel Real e nel Chelsea, ma ce ne sarà pure uno se Real e Chelsea lo hanno sistematicamente cassato. Non discuto il Ramsey del 2016, ma questo. E Bentancur? Ricorda il gol di Udine, il gol di Firenze? E in panchina c’era il «cialtrone». E’ diventato esclusivamente un mediano di rottura.
Se tutti danno il massimo, probabile che la rosa della Juventus sia ancora la più forte: lo scrissi quando ancora c’era Cristiano. Se tutti danno il massimo, ripeto. Con Cristiano. Senza, la Juventus non fa più paura: e, spesso, ne ha. Per questo, lo Stadium non è più un fortino.
Gioco. Qui, concordo con lei e con Adani, ci sarebbe bisogno della stampella del gioco. La Juventus del primo tempo con il Milan. Quella, almeno. Del primo quarto d’ora di Udine e con l’Empoli. Dei primi sette minuti con il Sassuolo. Briciole. In Champions va un po’ meglio, come ha sottolineato, gentile Robertson. Non resta che sperare che sia tutta colpa del manico. Come sostiene Adani, al quale – ripeto – affiderei volentieri la guida tecnica della Juventus. Spiega perfettamente i problemi: di sicuro, saprebbe risolverli.
A proposito: come ho scritto sul «Guerino», ad Adani piace inventare il calcio, mentre ad Allegri piace essere inventato dal calcio, salvo strappare 9 milioni a stagione. (Segnale di un disegno preciso: per questione di bilancio dovranno smantellare la rosa, ti diamo tanto affinché offra il tuo petto a ogni tipo di sinistro).
Lei cita Gasperini. Vero, ha trasformato l’acqua in vino, Gosens (a mo’ di esempio) in un Facchetti (fatte le debite proporzioni fra i terzini dei due scoli). Chapeau. Il suo modello è riproponibile in una Juventus, in una Inter, in un Milan? All’Inter non lo fu, ma le condizioni erano particolari: pancia pienda da triplete. Gentile Robertson, si può provare ma ci vuole pazienza. Io avrei tenuto Sarri. Avrei tenuto pure Pirlo, ma mi avete spiegato perché non fosse possibile. Allegri sta facendo molto meno dei miei pronostici e, dunque, mi farebbe comodo indicarlo come unico responsabile. No. Non l’unico. Penso di aver sbagliato non meno di lui. In campo vanno i giocatori, e se magari le dritte non saranno così raffinate come quelle di Guardiola, non credo che possano essere così rozze come indica la classifica.
Chiudo con i rapporti con la stampa. Sfonda una porta aperta. Le dirò. Allegri si vende così male e in maniera così dialetticamente rozza che, per paradosso, a volte sono tentato di apprezzarne il suo politically «scorrect». Non cita filosofi, non ha l’aforisma fulminante di Mourinho, migliore per distacco (vogliamo parlare della foto del pranzo frugale da ricco «clochard» squalificato all’esterno dello stadio di Cagliari? Una genialata), non è un nerd come Tuchel, è un figlioccio di Galeone che si porta i libri al might (metafora) e tra una farfallonata e l’altra li sbircia. Però per cinque stagioni agli esami rispondeva benino.
Ho letto il suo libro, rispecchia le sue idee, ma se quelle sono le sue idee, ribadisco, nove milioni a stagione non esistono, a meno che a gennaio, come pare, non vendano persino De Ligt. Altro che Vlahovic.
Non lo avrei ripreso, lo sa: troppo lontano dall’idea di allenatore che, per me, sarebbe servito. Ma, onestamente, era dall’avvento del Sarri abbandonato che la Juventus aveva preso una certa china: nelle motivazioni e nei motivi di lasciar perdere la sterzata tattico-filosofica. Non più il risultato «purché respiri», ma qualcosa di più «moderno».
Grazie, un caro saluto.
Riguardate la rosa, non è un problema di allenatore. Quella è la conseguenza. Ramsey,Arthur, Bernardeschi, MC kennie, bentancourt, kulusewsky, sono giocatori TUTTI da cedere se vuoi avere un centrocampo all’altezza. Manca un terzino ed un attaccante che sia una prima punta. Morata è un falso nuove o al massimo una punta che può subentrare come disse giustamente Allegri a Marzo.
Cherubini è alla prima esperienza, un po come Pirlo lo scorso anno.
Arrivabene con l’area tecnica non c’entra nulla, Nedved è fuori di testa.
Ed Agnelli è un po’ come Hitler quando si chiuse nel bunker pensando di vincere la guerra con i russi dentro Berlino .
Delirio di impotenza.
che ci siano stati errori (ed è inutile scannarsi se siano stati di Marotta di Paratici di AA di Nedved, ognuno di loro ha fatto cose ottime e commesso qualche errore) nella valutazione tecnico/economica, è evidente. Hanno tirato troppo la corda, economicamente, ed errato nella valutazione tecnica complessiva. CR7 doveva essere la ciliegina sulla torta, ma stava mancando sempre più la torta stessa. E poi il covid ha spazzato via ogni beneficio economico portato da CR7. E poi, soprattutto AA, ha peccato di delirio di onnipotenza. Il delirio di onnipotenza è uno dei tranelli più insidiosi nei quali può cadere l’uomo. (giovane virgulto, ricordalo) E siamo ad oggi. E gli effetti di questi errori ancora si stanno riverberando. Di contro la proprietà è solida e sta deliberando un aumento di capitale da 400mln. Prematuro valutare l’operato di Arrivabene e Cherubini, quest’ultimo poi ha dovuto gestire la decisione del maestoso CR7 a pochi giorni dalla scadenza del mercato. DIfficile pianificare
Perfino nell’anno dei 102 punti.
Sarebbe ora di pensare al Verona, un campo sul quale abbiamo lasciato parecchi punti anche negli anni in cui dominavamo.
“La Vita ha 4 sensi: Amare, soffrire, lottare e Vincere. Chi ama soffre. Chi soffre lotta. Chi lotta vince. Ama molto, soffri poco, lotta tanto, VINCI SEMPRE (Oriana Fallaci)
..
Non conoscevo questa massima della Fallaci citata oggi da AA all’assemblea degli azionisti
I terrapiattisti della ProAllegrese ci assicuravano sbraitando fin da luglio che:
- non avremmo mai sbagliato le partite contro le piccole;
- senza Cristiano i gol sarebbero stati meglio distribuiti con valorizzazione della rosa;
- senza Paratici le macerie lasciate pian piano sarebbero state sistemate.
Siamo a novembre ormai e il campionato (leggasi lotta al posto Champions) è fortemente compromesso e non c’è una benchè minima idea di come si possa cambiare il trend in campo, a parte ripararsi tutti dietro sperando nell’episodio da corto muso.
I punti finora fatti (ammesso che siano tutti meritati) NON SI CAPISCE COME LI ABBIAMO FATTI.
Non avevo dubbi che BischeRic accorresse solerte a sbavare sull’articoletto pro-corto muso di Juventibus, anche perchè il cazzaro è quello ed è immutabile il suo modo di fare e la sua sbobba.
GRULLO NON MANGIA GRULLO
Scritto da Luca L. il 29 ottobre 2021 alle ore 03:26
Concordo in pieno