Gran derby, con il Milan indiavolato, letteralmente, e l’Inter in attesa, sulla sponda del fiume. Per mezz’ora, almeno. L’acceleratore di Pioli, il freno di Inzaghi. E gli episodi, naturalmente. Due rigori pro campioni, addirittura. Il primo, nebbioso: Kessié va al recupero, si distrae e, toccato, tocca Calhanoglu. Trasforma il turco. Il secondo, netto: di Ballo-Touré su Darmian, dopo errore «geografico» del francese. Lo batte Lautaro, angolato, e Tatarusanu s’inventa una paratona. In mezzo, l’autogol di De Vrij a premiare l’avanti Savoia di Tonali e Leao.
I ritmi, folli, tagliano fuori i tralicci: Ibra, Dzeko. La squalifica di Theo aveva promosso Ballo-Touré. L’anello debole. Anche se proprio lui murerà , sulla linea, un gol fatto di Barella (su azionissima di Bastoni). A ruota, un’occasione di Lau-Toro. Perché sì, non appena il Milan rifiata, l’Inter respira. E, respirando, fa valere il suo fisico, le sue folate. Per i 57 mila di San Siro, una partita di basket, più che di calcio: tanti sono i ribaltoni, le rubate, i grappoli.
Krunic gironzola attorno a Brozovic, che sta all’Inter come la bussola all’esploratore. Brahim Diaz rimbalza da uno Skriniar a un Bastoni. In corsia, Perisic e Calabria sgommano a ogni cozzo.
Alla ripresa, più umana, il Milan sembra pagare il fio del suo eretismo podistico. E’ l’Inter, con Calha e Barella, a spingerlo indietro. Le opportunità più propizie capitano a Lau-Toro (grigio) e Vidal. I cambi rifocillano più Pioli che non Inzaghi. Penso a Rebic, a Saelemaekers, il cui palo scuote gli ultimi fuochi, conditi anche da una gran punizione di Ibra (finalmente), smorzata da Handanovic.
Pari, dunque. Il Milan con il suo fioretto, l’Inter con i suoi cingoli. I migliori: Tatarusanu, Kjaer, Tonali da una parte; Barella, Skriniar, Perisic dall’altra. Tutti scontenti, immagino.
mica solo nel Grande nord est. ….ed in generale sapessi quante imprese di cinesi lavoravano (ora meno in effetti) al nero, sotto costo, in barba ad ogni controllo anche igienico sanitario….
Perchè luca l.,?
E’ proprio quel che penso. Che lo faccia perchè sottostima i propri giocatori (ma lui dice che ha una rosa ottima), o perchè quello è il suo calcio, sempre di calcio pigro e codardo si tratta.
Ric, le tasse i balzelli, i redditometro, etc. Sono successivi a quelli che nel GRANDE NORD EST mettevano i telai nei sotterranei delle case pagando in nero chi produceva per poter vendere in nero ai negozi che vendevano in nero…. come i bar, i ristoranti, i dentisti, i medici…. etc etc…. e oggi siamo ancora qui a discutere di scontrini, di pagamenti cash o con pos…. etc etc etc…
Poi arrampicatevi pure sui vetri, e raccontatevela come volete…..
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Non vedo perche’ ridurre i calendari .il business si basa sulle partite di campionato e coppa e gli utenti vogliono principalmente quelle partite, non le nazionali. via le inutili e faticose doppie trasferte eliminatorie in Bielorussia piuttosto che a Malta o in Norvegia .un girone da 8 in base al ranking in campo neutro tipo agosto 20 ,con 3 partite. Dopo 1 ne rimangono 4 ,dopo 2 ne rimangono 2 ,che alla terza definiscono 1 e 2 posto. Una sola sosta e qualifiche finite.
Comunque chi l’ha scritto è bravo ma un poco prolisso.
Bastava dire che Allegri chiede alla sua Juve un calcio pigro e codardo.
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Scritto da Robertson il 11 novembre 2021 alle ore 08:48
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Eh no, così non va, non è da te
Ed è inutile che parlino di Super Lega se prima non riformano i campionati nazionali e i calendari DELLE nazionali. Ed in generale l’aumento della qualità lo ottieni restringendo il numero delle partecipanti, e delle partite. Per dire, la formula emergenziale del 2020 della fase finale della Champions, gara secca a partire dai quarti, racchiusa in 15 giorni in una unica città , produsse partite di notevole qualità . Molto più del doppio turno dove spesso prevalgono tatticismi.
Oltre a mancare i dirigenti, che poi magari ci sarebbero pure, oramai la “burocratizzazione” e la suddivisione delle competenze ha determinato che nemmeno più si capisce quale sarebbe l’organo deputato e legittimato ad imporre certe riforme. LA FIGC senza il consenso della Lega nulla può, e viceversa. E’ un po’ come il conflitto sulle competenze Stato/Regioni. Ed abbiamo visto durante la pandemia quanti danni e confusioni ha creato la frammentazione del potere decisionale.
Beck
condivido. Forse sarebbe sufficiente che le nazionali si contentasssero di essere rappresentative – come una volta – per ridurre di un poco la congestione del calendario. Poi concordo, di conference league, nations league e via dicendo, non se ne sentiva la mancanza.
Dimenticavo. I veri FESSI sono gli appassionati, quelli che continuano ad abbonarsi a piattaforme di cravattari o a spendere tempo e danari per andare allo stadio. Il che non significa che debbano dare l’agenda agli investtori. Basta vadano sull’aventino per un anno, e poi vediamo se la cura dimagrante, di risorse e bun senso, comincia.
Gentile Robertson, buon giorno. I problemi che solleva sono così «vecchi» che in un Paese ancora più vecchio e giurassico come il nostro sembrano quasi «giovincelli». Se ne discute dai tempi in cui Gigi Riva diede le sue gambe alla patria. Quando ancora non erano previsti risarcimenti per le famiglie-società . E i fanti che andavano metaforicamente a combattere al fronte ne erano quasi gelosi, quasi orgogliosi: di non ricevere poco o nulla, cioè, nel segno del celeberrimo motto «dulce et decorum est pro patria mori».
Cos’altro aggiungere ai (o oltre i) suoi argomenti?
1) Il mondo del calcio (e non solo: ma restiamo al calcio) ha scelto la quantità . Per appagare una clientela che, in forza delle diavolerie tecnologiche, ha sempre più fretta, ha sempre più offerte di distrazione di massa; e, dunque, va fatta «prigioniera», prima che l’impresa non riesca ad altri soggetti. E per pagare gli attori. Prova ne sia la Nations League, voluta, ahimè, da Michel Platini. Appagare, pagare; pagare, appagare. Mi ricorda il «troncare, sopire» manzoniano.
2) Ognuno tira l’acqua al suo mulino. La Fifa, l’Uefa da una parte, le Leghe dall’altra. Il sindaco dei giocatori in mezzo, secondo il vento.
3) Quando si arriva alle fase finale di un Mondiale o di un Europeo, la Nazionale torna in cima alla classifica, non più però con i distacchi, rispetto alle competizioni per club che aveva accumulato nel Novecento.
4) Di fessi, oggettivamente, ne scorgo pochi. Neppure i club che pagano mi sembrano fessi. Temporeggiano. A volte un loro cocco ci rimette una tibia, a volte torna rinfrancato dal safari in Nazionale e il club può lucrarci qualcosa in sede di mercato. Per tacere di un eventuale successo: ecco, d’improvviso, il club-pennone sventolare la bandiera dei suoi giocatori-campioni. Il problema numero uno non è l’attività della Nazionali: è l’attività dei procuratori.
5) Bisognerebbe giocare di meno, ma ormai è tardi. Bisognerebbe avere il coraggio di creare gruppi di qualificazioni di sola andata, per far partecipare (e crescere) tutti, sorteggiando i campi, ma se poi esce una favorita che porta soldi? E’ scomparsa la trepidazione dell’attesa, che a me piaceva molto, l’emozione del sabato del villaggio leopardiano. Ormai, è sempre domenica.
6) Superlega. Nel basket è già in funzione da anni, la Reyer Venezia da due scudetti non ha ricavato nemmeno una presenza, idem la Virtus Bologna dal titolo fresco fresco dell’ultima stagione. Ieri notte l’ho recuperata in Eurocup (?), trampolino di lancio per la Superlega del basket. Stava vincendo di ventuno in casa con Valencia, naturalmente ha perso (di uno). Guardo la Nba e non l’Eurolega del basket proprio perché detesto lo «ius bacheche». Lo so, la democrazia spesso è noia (7-0 di qua, 6-1 di là ) ma resta il miglior sistema esclusi tutti gli altri. Altro mondo, la Nba. Quanto ai nove Schettino, se prima con i tre «scogli» si sentivano una volta al giorno, oggi si sentono non meno di tre, quattro. Non vi dico il traffico fra Agnelli e Zhang. E pure fra Torino e il buon Aurelio. Che, finalmente, ha imparato a stare zitto.
7) Che fare? A livello di Leghe: 1) prima divisione a 16/18 squadre, mai dimenticare che il Verona del 1985 vinse lo scudetto con la formula di 16; 2) Coppa domestica, eliminazione diretta anche per le semifinali (ricavi la mancia di una settimana libera, caccia via). 3) Terrei isolate le tre competizioni europee, come una volta. A proposito, gentile Robertson: vogliamo parlare della Conference League? Ce n’era proprio bisogno? Ah, il «ritornismo»: è così affascinante? «Isolate» nel senso che non ci sia facoltà di trasloco da una all’altra. 4) Per limare il calendario e, nello stesso tempo, non escludere le federazioni più piccole, ripeto, farei gironi di qualificazione (all’Europeo, al Mondiale) un po’ più magri. Fissando i campi per sorteggio. 5) Non allargherei il Mondiale per club né il Mondiale per Nazionali, come è già stato fatto (nel primo caso) e come si pensa di fare (nel secondo).
8) In assoluto, mancano dirigenti capaci di onorare il participio presente del verco «dirigere». Nessuno all’altezza di Artemio Franchi. Attenzione: non cerco il santo o l’eroe, cerco l’uomo con più attributi e meno aggettivi.
Grazie per gli spunti.
Beck
sulla diatrriba e tensione tra nazionali e club per l’utilizzo giocatori e su chi paga il conto (i club)
Io vedo diverse categorie di soggetti:
I GHINO DI TACCO:
Fifa, Uefa, e federazione nazionali, che fanno il f con il c. degli altri. Per soldi, prestigio, autopromozione, mantenimento di una posizione – indebita – di controllo. Ghino di tacco, insomma.
I paraculi:
I GIOCATORI, tutti: ai quali fa comodo, per visibilità , prestigio, gettoni (che non sono milionari ma ci sono, altroche) e impatto della “nazionalità ” su ingaggi presenti e futuri. Non ho ricordi di giocatori che si lamentino più di tanto, e se lo fanno sono doppi paraculi.
ALLENATORI: ancora peggio. Quando allenano i club, si lamentano delle soste, quando allenano le nazionali, si lamentano della impossibilità di allenare i giocatori con continuitò (e chi gloielo chiede? allenano una rappresentativa) Plastico esempio, lo smemorato del Salento, che cambia logiche (ed etica) a seconda che alleni il club o la nazionale. Pro cazzi suis.
I FESSI: i club, che pagano lautamente anche il mese o più (più) che propri stipendiati passano agli ordini delle FIGC del caso, profitti della figc costi loro (dei club).
FESSI PARACULI CACASOTTO: i club che prima partecipano ad un progetto per dare il controllo e la centralità ai club (la superlega, per quanto mal progettata e comunicata) e poi quando i GHINO DI TACCO fanno la faccia feroce si nascondono dietro le sottane dei governi, della uefa, del ma io credevo io pensavo mi pento e mi dolgo dei miei peccati..
Le cosiddette 9 cacasotto mi ricordano tanto quei bambini all’asilo che partecipano al gioco proibito, che so il calcetto durante la ricreazione, e poi siccome il preside ne ha avuto sentore vanno dalla maestra a denunciare i capibastone. (maestra maestra, peppino è cattivo).
Che ne pensa?