Tutto era cominciato proprio con l’Udinese, in Friuli. Un quarto d’ora da favola, i gol di Dybala e Cuadrado, gli scempi di Szczesny, i due pali, l’alluce tecnologico che tolse l’ultimo gol all’ultimo Cristiano. Da quel dì, via il Marziano e – salvo rari sprazzi: in Champions, soprattutto – un attorcigliarsi lento e mesto su sé stessa, la Juventus. Fino all’Udinese, again. Allegri è il candidato della base alla «presidenza» delle responsabilità. Adani e Cassano lo voterebbero per alzata di mano già al primo scrutinio. Per il resto, e con i resti, si vive alla giornata.
Mentre l’Inter si è juventinizzata (Marotta, Conte, forse Dybala) la Juventus si è dejuventinizzata. Otto cambi, rispetto a San Siro. E la solita solfa. L’Udinese dietro, Kean un po’ qua e un po’ là, Arthur a ricamare, Bentancur a recuperare, Kulu a caccia del dribbling perduto. Il gol lo segna Dybala, su azione Arthur-Kean-Nuytinck. Non esulta, l’Omarino. Guarda, torvo, la tribuna. Allegri l’ha fatto capitano. Gradi, non gradini. «Arrivamaluccio», in compenso, parla troppo: contatto, di sicuro; contratto, boh. Dopo la Supercoppa, si gridò: perché Alex Sandro e non Pellegrini. Stavolta, dopo Arslan e soci, perché Pellegrini e non De Sciglio?
Piano piano, la squadra di Cioffi, bersagliata dal Covid, ha preso campo con il suo rambismo da provincia, risorsa e non certo limite. La Juventus ha cominciato a rinculare, molti errori nei tocchi. Mollezza, lentezza. Paura di aver coraggio.
Allegri è ricorso a energie fresche. Bernardeschi, per esempio: svagato e pure a rischio penalty; Locatelli, meglio. E, per fortuna, De Sciglio. Suo il cross, da un’aperturona di Dybala, per la testa di McKennie: lavagna, lavagna delle mie brame. Sei vittorie e due pareggi nelle ultime otto. Rare occasioni; palla sui piedi, spesso. Come una volta: ma senza i campioni di una volta. E l’Omarino, lontano dall’area (solo dall’area?): troppo, ma serviva, serve, un filo di luce.
Dal corriere della sera:
Adesso che si è conclusa una saga andata ben oltre la semplice dimensione sportiva, sarebbe il caso di considerare le colpe. Di tutti, non solo della persona che ne ha senz’altro di più. Novak Djokovic non è stato all’altezza del ruolo che gli hanno affidato milioni di appassionati. Avrebbe potuto evitare tutto quel che gli è successo semplicemente presentando un certificato di vaccinazione, come ha fatto il 97% dei suoi colleghi. L’alternativa, altrettanto legittima, era di stare a casa. Aver cercato una via di mezzo, dopo essersi così esposto con posizioni antiscientifiche, non gli fa onore.
Aver precisato di sfruttare una esenzione speciale, tenendo così a sottolineare una scelta di campo — lo vedete che non sono vaccinato? — è un enorme peccato di superbia. E l’incomprensibile decisione di nascondere la propria positività presenziando a eventi pubblici senza mascherina rappresenta una pietra tombale su ogni futura valutazione che riguardi il suo lascito. Esaurita la premessa Djokovic, questa rimane una brutta storia. Ci fanno una magra figura anche Tennis Australia e il suo direttore Craig Tiley, che pur di non perdere incassi e share, gli hanno suggerito la scappatoia senza avvisarlo del fatto che l’approvazione definitiva del suo visto dipendeva dallo Stato federale e non da quello di Victoria, dove si svolge il torneo. Il governo australiano ha agito sull’onda dell’emotività, bollando preventivamente l’ospite come indesiderato. Al suo arrivo Djokovic è stato trattato con procedure scorrette, come ha certificato un tribunale. È quindi lecito avere qualche dubbio sulla discrezionalità delle severissime politiche migratorie di quella nazione.
La fine è stata quasi peggio dell’inizio. Nel documento che motiva l’espulsione definitiva, il ministro dell’Immigrazione Hawke riconosce come la famosa esenzione fosse giuridicamente valida. Djokovic non viene allontanato per la fumosità del suo certificato di positività al Covid, ma per ragioni di ordine pubblico. «Dato lo status di alto profilo, e la sua posizione come modello di condotta» la sua presenza potrebbe indurre a non vaccinarsi chi risulta positivo al tampone. Potrebbe essere un cattivo esempio. Sono parole che dietro al pugno di ferro rivelano una fragilità sorprendente. Nessuno, per quanto celebre, dovrebbe avere il potere di influenzare una Nazione su questioni capitali come la salute pubblica. Manifestando questo timore, si comunica insicurezza. Djokovic è senz’altro la prova vivente del fatto che noi sbagliamo a illuderci ogni volta che un grande sportivo sia anche una grande persona. Ma non è stato punito per il suo comportamento quasi di sicuro mendace. E neppure i tifosi più accaniti di Federer e di Nadal dovrebbero esultare per il fatto che invece gli è stato vietato di entrare in Australia a causa delle sue opinioni, per quanto sciagurate e bislacche.
Guarda guarda quanti tifosotti dell’ Atalanta. In un aspetto le cure del Beck hanno funzionato. A tifare per le piccole….e magari lui ne è pure orgoglioso….
Ma quale rigore..nel basket sarebbero stati 2 tiri liberi.Nel basket!
Clamoroso, il VAR non vede un rigore per l’Atalanta (Telelombardia dixit)
Onore a Gasperini e all’Atalanta.
Per amore del vero, un po più di mezza squadra gli mancava.
Lo so che da un punto di vista puramente aritmetico una sconfitta della Dea sarebbe stata meglio per noi, stamattina avevo confessato il mio fortissimo disagio a dover eventualmente tifare Inda…nessun problema, alla prova dei fatti ho maledetto Pessina quando si è divorato quel goal ad inizio ripresa e ho tirato un sospiro e di sollievo quando altrettanto ha fatto D’Ambrosio a fine partita….del resto , come sapete, “alle viscere non si comanda”…e le mie sono irrimediabilmente anti-indaiste
X Causio – dipende dalla aranciata.
sì, infatti, l’avevo data in fase calante, invece mi ha fatto un’ottima impressione. meritano il posto in champions molto più di noi.
Come vorrei anche dalla mia squadra prestazioni così
A questo siamo.
Ad invidiare l’Atalanta che, seppur decimata, se l’è giocata coraggiosamente a viso aperto, creando almeno una mezza dozzina di occasioni e, di passaggio, portando a casa un punto meritatissimo.