Ma non dimenticate Verratti

Roberto Beccantini15 febbraio 2022Pubblicato in Per sport

I tenori a Parigi, l’orchestra a Lisbona. Riecco a voi la Champions, quella che non perdona. Ottavi di finale, andata. Comincio dal Parco. I fuoriclasse hanno bisogno di un pallone. Magari non segneranno subito, soprattutto se di fronte troveranno un ragno gigante come Courtois, ma prima o poi, tranquilli. Era il 94’: Kylian Mbappé si è bevuto Militao e Lucas Vazquez e, di destro, l’ha messa dove non poteva arrivare nessuno, nemmeno il destino. E così, Paris uno Real zero.

I fuoriclasse hanno bisogno di un pallone anche quando, come Messi, sbagliano un rigore: Courtois, ancora. Capitò a Zico con la Francia, a Platini con il Brasile, a Maradona con la Jugoslavia. Succede. Il problema è un altro: l’età. A giugno saranno 35. E gli anni non passano, si sommano. La Pulce resta un genio un po’ stanco, a tratti prevedibile, ma sempre capace dell’attimo. Per questo, ogni volta che sbuca dallo schermo, sono felice.

Farei un torto alla scuola di Coverciano se non citassi Verratti: per continuità e vastità, il migliore di tutti escluso «lui». Centrocampista completo ed efficace, sempre nel cuore della manovra: mai da turista. E il Real? Zero tiri nello specchio. Non penso che Carletto volesse rifugiarsi nel catenaccio. L’hanno costretto. O comunque, l’ha fatto. Benzema isolato, Vinicius zolle di fumo, Modric e Kroos calati alla distanza, grossolani errori in uscita, Donnarumma senza voto. E al Bernabeu mancheranno sia Mendy sia Casemiro. Il secondo, in particolare.

Se, con tutto il rispetto, di Pochettino mi è difficile cogliere la «mano», nascosta com’è da una montagna di guanti, a Lisbona il City del Pep ha suonato e cantato fino a rintronare lo Sporting. Reti di Mahrez, Bernardo Silva, Foden, ancora Bernardo, Sterling. Sempre all’attacco. Come se, al ristorante, di ogni porzione lo chef (Guardiola) ci portasse il doppio di quello che abbiamo ordinato, abituati sin da piccoli alla frugalità di certe mense (da venti euro?). D’accordo, lo Sporting era e rimane un «intruso». Però, alla fine: caffé, amaro e zero a cinque.

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