Ottant’anni, oggi. Dino Zoff, come «vola» il tempo. Portiere per vocazione operaia, friulano e pasoliniano, la solitudine essenza ed esigenza. Tra i pali come in fabbrica. Per produrre, doveva impedire che producessero gli avversari. Di scuola britannica, studioso di Banks, poco teatro e ancor meno cinema, zero alibi, la colonna sonora del silenzio e il senso della misura: «Dura solo un attimo, la gloria». Proprio così. Avrebbe potuto scriverci un libro: e difatti l’ha scritto.
Udinese, Mantova, Napoli, Juventus. E la Nazionale. Poi allenatore: Olimpica, Juventus, Lazio, Italia, ancora Lazio, Fiorentina. E persino presidente (della Lazio di Cragnotti). E’ stato l’unico italiano a conquistare Europa e Mondo. Finì su «Newsweek» e in un francobollo di Guttuso. Ha debellato un virus strano che l’aveva quasi incatenato. Compie gli anni durante una guerra, non importa se (per ora) lontana, lui che dentro a un’altra era nato, il 28 febbraio 1942.
Per me, uno dei più grandi. Ha giocato nell’epoca in cui, per i portieri, i piedi erano necessari ma non ancora obbligatori. Ha vinto quasi tutto, e da tecnico, con Madama, una Coppa Uefa e una Coppa Italia strappata – udite, udite – al Milan di Sacchi. Oggi, i portieri sono tralicci di muscoli e tritolo. Conobbe la moglie, Anna, a Mantova, ha un figlio, due nipotini, vive a Roma. Il tiro da lontano di Haan, in Argentina, e la paratona su Oscar, al Sarrià, sono i confini di una carriera scampata, addirittura, alle pallottole del web. Non è stato tutto, è stato molto. Gli basta. L’11 luglio saranno 40 anni dal Mundial spagnolo, dal bacio a Bearzot, che tanto gli manca, dall’urlo di cui Tardelli è rimasto prigioniero.
Conta-Dino, lo chiamava il poetico Camin. Era un altro secolo. Felice di esserci stato. Auguri, Dino.
Visto che ci siamo, parliamo di musica, ecco quello che ascolto di solito (in rigoroso ordine alfabetico), qualcuno li ha mai ascoltati?:
Anathema
Dream Theatre
Fates Warning
Edge of Sanity
Leprous
Mastodon
Motorpsycho
Opeth
Pain of Salvation
Porcupine Tree
Riverside
Symphony X
Thank you Scientist
Tools
Steven Wilson
Gentile Bit, nel mio piccolo lo scrivo da anni. La Coppa Italia è un povero torneo che cerca di favorire fino all’ultimo i ricchi.
Depa mi sbilancio prima io:
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Estranged
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Appetite for Destruction
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Guido che ne pensi?
Mi piacciono i Guns N’ Roses
Scritto da De pasquale il 2 marzo 2022 alle ore 19:02
Pezzo preferito?
Album preferito?
primario, in attesa della partita le sottopongo uno stralcio di articolo de l’ultimo uomo sul derby di ieri:
“C’era poi un motivo in più a rendere indesiderabile questa partita, il più grande. La Coppa Italia è un torneo a eliminazione diretta fatto di gare secche, tranne che in semifinale, che è invece andata e ritorno. Una partita d’andata come quella di ieri aveva poco senso, se non quello di suggerire alle due squadre di prendersela comoda, di stare attente più che altro a non perdere, a non commettere disastri, a non scivolare. Il ritorno, del resto, è tra un mese: c’è tutto il tempo per pensarci, e sperare in un momento meno difficile. Si può davvero considerare regolare una doppia sfida in cui tra l’andata e il ritorno trascorre un mese?
Ogni dettaglio regolamentare sembra pensato diabolicamente per rendere il torneo meno interessante, meno spettacolare, meno giusto persino. L’organizzazione ultra-piramidale a ogni livello è pensata per evitare qualsiasi sorpresa, ribadire le gerarchie, annullare lo spettacolo. La logica è di fatto l’inverso delle altre coppe nazionali europee, dove le gerarchie del calcio nazionale vengono mescolate con uno spirito carnevalesco e l’attrazione principale è la possibile sorpresa. La Coppa Italia, invece, non è un torneo organizzato per creare uno spettacolo, ma per rendere la vita più semplice possibile alle grandi squadre, cioè quelle che hanno meno interessi e motivazioni. Entrano tardi in tabellone, devono giocare pochissime partite per alzare il trofeo, giocano sempre in casa. È il torneo che riassume meglio il corporativismo italiano, in cui la conservazione dell’interesse singolo prevale sempre sui benefici collettivi. E la Coppa Italia ha come esito ideale una finale tra la prima e la seconda del campionato, che si ritrovano l’una di fronte all’altra con motivazioni discutibili – aggiungere un trofeo inutile alla bacheca, o salvare la stagione con “almeno” la Coppa Italia (consolarsi con l’aglietto, si dice a Roma). Fino ad arrivare al paradosso di partite come il derby di ieri, in cui non perdere è infinitamente più importante che vincere e il calcio diventa uno strano esercizio a limitare i danni, creare meno spettacolo possibile, mentre noi – sugli spalti dello stadio gli eroi, sul divano di casa gli altri – ci chiediamo cosa ce lo fa fare.”
cosa ne dice?
JUVENTUS (3-5-2): Perin; Danilo, De Ligt, De Sciglio; Aké, Locatelli, Arthur, Rabiot, Pellegrini; Vlahovic, Kean.
https://www.gazzetta.it/Calcio/Estero/02-03-2022/ufficiale-abramovich-vende-chelsea-4301673734089.shtml
È ufficiale: Abramovich mette in vendita il Chelsea
Scritto da Fabrizio il 2 marzo 2022 alle ore 19:01
Beh,ci sono anche biondini che rompevano tibia e perone…
Anche noi li conosciamo
Mi piacciono i Guns N’ Roses