Tristi, solitari y adios. Fuori negli ottavi di Champions. Leo Messi, 35 anni a giugno. Cristiano Ronaldo, 37 compiuti a febbraio. La scorsa stagione, con Barcellona e Juventus; questa, con Paris Saint-Qatar e Manchester United. La pulce si fece parare un rigore all’andata, Cierre ha giocato più per la squadra di quanto la squadra non abbia giocato per lui. Brutto segno. Vivono di falò, che ai bei tempi erano fiamme avvolgenti, come la tripletta del marziano agli Spurs. Di ricordi, la materia che più li urta. Leo ha scelto gli agi di una clinica di lusso; Cristiano, le burrasche dell’oceano meno pacifico che ci sia, la Premier.
Passa, a pieno titolo, l’Atletico. Già a Madrid avrebbe meritato ben oltre l’1-1. E’ stata una lezione di Cholismo: un po’ di barricate, palleggi conservativi e diversivi, il pugnale nascosto. Splendida, l’azione del gol: come un arcobaleno in un cielo incazzoso. Il tocco di Joao Felix, il cross di Griezmann, la testa di Renan Lodi. Sono le notti di Simeone, queste. Con la Juventus non gli bastarono due gol di vantaggio: lo aspettava al varco Cristiano. Un altro Cristiano. E un altro allenatore. Con lo United, si è fatto bastare un pari. Rangnick è lo scienziato che il Milan stava per reclutare al posto di Pioli. Cambiò idea. Per fortuna o per fortuna, lo dirà la storia. Ha prodotto poco, il Manchester: e su quel poco (di Elanga, di Varane) è sempre arrivato Oblak. Ho rivisto, tra i materassai, il De Paul dell’Udinese: un «dieci» in vespa che avrei preso subito. L’unico, rete a parte, a stuzzicare De Gea.
Ritmi assordanti e strombazzanti, da caroselli per uno scudetto vinto, molta confusione, nessun tiro di Cristiano (se non rammento male). Pogba è entrato tardi: un Pogba «minor», da come è sparito nel traffico.
Veniva a piedi da (Renan) Lodi a Cristiano. Giù il sipario.
Sono d’accordo però Cristiano ha dalla sua un’ossessione per la cura del suo corpo da sempre, cosa che Messi mai ha avuto. Una questione pure psicofisica.
Gentile Causio, eccomi. Tanto per cominciare concordo con lei sul fatto che, all’altezza di Leo Messi e Cristiano Ronaldo, in giro non ci sia nessuno. Noto campioni quasi fuoriclasse (al massimo): ma nessun genio, nessun marziano. Né fra i pittori (i numeri dieci) né fra gli scultori (gli attaccanti). Unica eccezione, Mbappé. Se non si guasta, è avviato su quella strada lì.
L’esempio di De Bruyne è calzante: la sua «media» è fra il tanto che sembra nel City e il normale che pare in nazionale. Come ho scritto, il fuoriclasse ha bisogno di un pallone, il campione di una squadra. L’organizzazione è sempre contata, solo che nel Novecento c’era meno televisione, Internet sembrava una bestemmia e la figura dell’allenatore, fino all’avvento di Helenio Herrera, non occupava la vetta. Oggi, la propaganda fa sembrare tutto un eccesso. Il gioco aiuta, chiaro, a meno che non ne diventi schiavo (Zeman). I giocatori aiutano: tanto è vero che hanno voluto il mercato sempre aperto.
E non dimentichi i cinque cambi: certo, la mano del tecnico ne esce rafforzata, ma ne esce rafforzata, soprattutto, la forza della società (se i suoi scout non sono ubriachi e se le casse non sono magre). Rispetto al passato, non abbiamo più Messi e Cristiano ma una qualità media – nel mondo – dignitosa. Lei parla correttamente di «atletisimo e organizzazione». Ecco: l’atletismo è molto aumentato, e come atletismo intendo specialmente la velocità di gambe e di pensiero. L’organizzazione c’era già , era diversa. Legata, non lo dimentichi mai, «anche» a un regolamento che privilegiava i difensori agli attaccanti. Il grande Milan di Sacchi nasce in regime di fuorigioco «totalitario»: era in offside persino l’attaccante in linea con l’ultimo difendente. Da qui, le 24 volte del Real in fuorigioco al Bernabeu in Coppa dei Campioni. Poi hanno ritoccato la regola e ciao Pep.
I cambi di regolamento, che spesso ci piace trascurare, sono cruciali: anche e soprattutto nei cambi di organizzazione. Pensi al sistema di Chapman, fra gli anni Venti e Trenta: dovuto, mi scusi la ripetizione, dalla riduzione del fuorigioco.
Per tornare al nocciolo della questione: i geni sono sempre ben accetti, sia i pittori sia gli scultori, ma in loro assenza c’è bisogno di solide basi (l’allenatore) e di singoli che sappiano fare la differenza. Anche se a livello più basso dei due succitati. Credo, gentile Alex drastico, che sia sempre stato così. Solo che ci piace far cominciare il calcio (in questo caso) non dal Big Bang ma dal Bang che più ci ha colpito e più ci ha sedotto. Ferma restando la classifica dei gusti personali e dei rivoluzionari veri, in campo o in panchina, in campo e in panchina come, per esempio, Cruijff e il di lui figlioccio Guardiola. . Grazie per lo spunto.
Deve ardere
Insomma sembra che gli sia spento il sacro fuoco che deve sedere dentro.la stessa cosa pare stia succedendo a Messi ed è capitata a tanti altri campioni prima di loro.
Cristiano no.anche nelle giornate più balorde ci prova per novanta minuti incazzato abbestia.
Causio
Da noi Pogba guadagnava bene ma aveva fame.arrivato la più di 25m l’anno tra ingaggi e sponsors,un paio di stagioni buone con picchi come quello che citi tu della EL poi il mondiale.magari li è subentrata la pancia piena e con un po’ di infortuni assortiti fatto sta che il giocatore sembra bollito.
Gentile Riccardo Ric, buona sera e mi scusi per il ritardo. Certo, «il rigore è una faccenda seria». Tanto è vero che, con la lingua del Novecento, lo chiamavamo «massima punizione». E dunque, per far scattare la massima punizione, urge il «reato» massimo. Quindi, alla rinfusa.
1) Mai dimenticare il regolamento. Dal Mondiale del 1990 il potere è passato dai difensori agli attaccanti, alla caccia spasmodica del maggior numero di gol possibile (e possibili).
2) In questo contesto, è entrato in scena (stagione 2019-2020, designatore Rizzoli) il «mani-comio», sul quale De Ligt potrebbe scrivere una «mano-grafia». A un certo punto, ancora con Rizzoli e poi con Rocchi, si è capito l’abbaglio preso e si è cercato di chiudere i «mani-comi», con il risultato che alcuni sono rimasti ancora aperti.
3) Dopo i rigori per «mani-comio», ecco i «rigorini». Ci sono falli che vanno naturalmente rivisti,anche se non necessariamente commessi in area, ma come ho scritto, nei replay, IMPEDIREI il rallentatore. Ogni pestone, ogni pedata, se rallentata, sembrerà da fucilazione.
4) La sera di Inter-Juventus 1-1, al Var c’era proprio Guida. Contatto Dumfries-Alex Sandro, per Mariani, arbitro di campo, non è rigore (non lo era neppure per me). Il «secondo» arbitro, Guida, lo richiama. Gli mostra il frame. Mariani cambia idea: rigore.
5) Torino-Inter 1-1, nessun dubbio che il contatto fra Ranocchia e Belotti sia un rigore e non un rigorino. ma chi era l’arbitro di campo? Era il varista di Inter-Juventus 1-1. Arbitro che, evidentemente, forte della svolta di Rocchi (abbasso i rigorini), ha preso un fiasco per un fischio. E Massa, peggio ancora, non lo ha corretto nemmeno con il supporto dello schermo. Armi di distrazione di Massa.
6) Quando si fanno le rivoluzioni, in Italia, si vorrebbe al massimo spocarsi il bavero dell’impermeabile. Invece le rivoluzioni costano vittime, per fortuna nel nostro campo esclusivamente metaforiche. Vuoi chiudere del tutto i «mani-comi»? Avanti popolo, ci scapperà qualche braccio da rigore, ma intanto fissi i contini. Vuoi cancellare i rigorini? Se non parli chiaro, ci scapperà qualche «vittima» come il contatto di domenica sera. E comunque, adelante con juicio.
7) Lei ha citato la zona grigia della discrezionalità . Corretto. Ci sarà sempre. Anche con il Var. Qual è il problema? Il problema è che, con il Var, si sperava di avvicinare la soglia della perfezione. Proprio in Italia: mi scappa da ridere.
8) Domenica a Torino, per esempio, il protocollo non c’entra un tubo. Guida ha chiesto a Massa, Massa gli ha risposto. Nulla e nessuno impedivano a Guida di andarci comunque, di sua volontà . Allargando il discorso, si può cancellare, dal protocollo, «chiaro ed evidente» (riferito all’errore).
9) Ribadisco: si preparino le nuove generazioni (di arbitri) al doppio arbitraggio: uno in campo, che nel dubbio decide, l’altro al video.
10) Si provi il challenge per gli allenatori: non vedo l’ora, 40 mila allo Stadium, 80 mila a San Siro, 60 mila all’Olimpico e al Maradona con una decisione che, agli sgoccioli, può cambiare il risultato a favore della squadra di casa. Uhm…
11) Sul fuorigioco ho già dato. A morte l’alluce tecnologico, si ritorni al concetto di luce.
12) E’chiaro che, in regime di potere agli attaccanti e di rigorini, i simulatori si sono moltiplicati. E’ una tassa. In Lazio-Venezia, per esempio, ho trovato corretto il giallo a Zaccagni per cumulo di cadute in pochi minuti. Sarri, no.
13) Del fatto che il designatore faccia parlare gli arbitri a fine partita, non me ne può fregar di meno. Sarebbe molto più opportuno sentire le registrazioni arbitro di campo-Var «live». E rendere pubbliche le pagelle degli arbitri, partita per partita, i voti che portano ai promossi e trombati di fine stagione (il buio del caso Gavillucci insegna).
14) Ricapitolando. In alcuni casi, la tecnologia RISOLVE: gol fantasma, fuorigioco all’alluce, in o out per determinare geograficamente un rigore (tipo Rabiot a Marassi). In altre, il Var DECIDE: non è la stessa cosa. Sì, tariamo pure l’asticella ma secondo lei dopo il caso Ranocchia-Belotti ci saranno più rigori(ni) o meno?
Grazie dello spunto.
Eppure ricordo di aver letto da qualche parte che “a far giocare Pogba sono capaci tutti”. Forse ricordo male.
Io Alex che non vedo Pogba fare una partita buona, intendo per novanta minuti, è dai tempi della Europa league con Mou allenatore. Si è progressivamente perso, poi come giustamente hai ricordato ha avuto una cartella clinica da paura
Joao Felix un po’ leggerino, un po’ troppo ballerina. Mbappè è un fuoriclasse. Haaland tipico centravanti che adoro. Ma mi tengo Dusan.
La Juventus 1!
UNAAAAAAAAAAAAAAA!
E’, ai RIGORIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
1!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
1!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
1!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!