Non è un epinicio e neppure un epicedio. Capisco la Juventus, capisco Paulo Dybala, ognuno ha fatto i propri interessi, la storia fisserà i confini di un addio che, in questi avventurati tempi di guerra, non va drammatizzato né enfatizzato. E’ la vita, dicono quelli che possono ancora permettersela.
Scritto che non è mai stato un leader ed era (diventato) di una fragilità imbarazzante, per sé e per la squadra, ebbene sì: mi dispiace. E’ un numero dieci che ha sbagliato epoca, un chierichetto che, lo sapete, mi ricorda un demonio: Omar Sivori. Per quel sinistro improvviso e scintillante, per quei dribbling felpati e quei calzettoni non proprio alla caccaiola (è vietato, maledetti parastinchi) che, ogni tanto, mi facevano uscire dai rutti del pressing, che restano momenti liberatori e quasi obbligatori, per carità, ma che, insomma, non ho mai trovato eccitanti come un tunnel in cui rifugiarmi.
Paratici lo aveva già piazzato al Manchester United in cambio di Lukaku, e chissà che piega avrebbe preso la storia. Sono un mendicante di emozioni, sono un giocatorista che si ciba di fiamme e non di cerini. Mancano ancora otto giornate e, come minimo, una semifinale di Coppa Italia. Non ho dubbi che l’Omarino onorerà gli spiccioli di contratto come stanno facendo Insigne, già del Toronto, a Napoli, e Kessié, già del Barcellona, al Milan.
Peccato, anche, perché l’intesa con Vlahovic prometteva. Però le pause. Però gli infortuni. Però l’offerta al ribasso. Però la cricca dalla quale si faceva rappresentare. Però. I soldi non sono miei e, dunque, mi fermo. Una carriera sulle montagne russe, fra la doppietta al Barça di Messi e il «ritiro» di Cardiff, contro il Real del marziano, dopo il giallo beccato ai primi graffi.
Da un vecchio «Guerino» ho recuperato ‘sto pezzetto. Ve lo giro. «Traducendo Jim Morrison: “A volte basta un attimo per scordare una partita, ma a volte non basta una partita per scordare un attimo”. Se ne avete la forza, riprendete in mano Lazio-Juventus del 3 marzo 2018 e ditemi, in tutta franchezza, se ricordate un livello più basso, un contesto più barboso. Eppure erano di fronte gli attacchi migliori, eppure c’era in campo il capo-cannoniere, Ciro Immobile. Eppure, eppure. Una noia deprimente. Una boiata pazzesca. Fino al minuto 93. Fino a quando, cioè, Paulo Dybala non ha infilato il corpo e il sinistro nella spazzatura per estrarre uno dei gol più strabilianti del campionato (e non solo). In rapida sintesi: 1) controllo del passaggio di Daniele Rugani; 2) tunnel a Luiz Felipe; 3) wrestling con Marco Parolo e vittoria ai punti; 4) bisturi mancino e incrociato da terra, con l’avversario addosso, nell’angolo lontano, come Omar ai suoi bei dì contro la Fiorentina. Tutti in piedi i non allineati, i liberi docenti del viva il singolo. Tutti distrutti gli allineati, i docenti non sempre liberi del viva lo schema. Resta l’attimo. Resta, nei secoli, Jim Morrison».
Sette stagioni, 113 gol, 5 scudetti, 4 Coppe Italia, 3 Supercoppe: piccolo Sivori o, più spesso, Sivori piccolo, Dybala non è stato il lampadario che la Juventus avrebbe sperato. E’ stato una lampadina. Si può tranquillamente sostituire, sempre che gli elettricisti siano all’altezza. Ma mi mancherà.
X me la Juve sono i tifosi, oggi più che mai, quelli che pagano e magari non riescono nemmeno a vedere le partite, grazie a Dazn, con AA primo sponsor, quelli che comprano i gadget a botte di 100 euro, quelli che vanno allo stadio, il più caro d’Italia, e potrei continuare. Occhio però, non tirassero troppo la corda, che i tempi del Delle Alpi vuoto, è un attimo a tornare.
Gli Agnelli possono uscire dalla Juve solo se si stufano,nessuno è in grado di cacciarli ne con cancelletti e neppure con asterischi.
Scritto da Luca L. il 22 marzo 2022 alle ore 21:18
Banale e scontata la storia dei tifosi. La proprietà quasi centenaria identifica totalmente la famiglia Agnelli con la Juventus. Se dici Juventus dici Agnelli. Può piacere, o no, ma la realtà è questa. Per questo quel Agnelli out è una fesseria. E ancora una volta mi tengo basso.
C’è la “maledizione di Béla Guttmann”.
Con la storia della Superlega, è nata la MALEDIZIONE DI ANDREA AGNELLI.
Eliminati negli ultimi quattro anni agli ottavi da quattro squadre che non avrebbero partecipato alla Superlega!!!
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#agnelliout
Gli Agnelli sono la Juventus e la Juventus è gli Agnelli. Il resto è…boh, fate voi.
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Scritto da Guido il 22 marzo 2022 alle ore 19:51
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No.
Come ogni squadra, la Juventus è degli juventini come me e (penso) te
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#agnelliout
Il modus operandi degli agnelli lo conosciamo quindi non vedo cosa ci sia da stupirsi se hanno fatto promesse che non hanno mantenuto.
Lo fanno da una vita.
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Scritto da Alex drastico il 22 marzo 2022 alle ore 19:28
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#agnelliout
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Dillo esplicitamente come faccio io, esponiti.
Basta prendersela con il dito-Allegri e nascondersi dietro una tastiera invece che puntare alla luna-agnelli
……ed infatti non mi volevo rivolgere a te. Però c’è qualcuno che l’ha detto. Ariciao.
Non sono state mie le parole “ mi vergogno”. Io della Juve non mi sono mai vergognato, Dindondan e questo ce lo siamo sempre detto nei nostri colloqui. Abbiamo criticato cercando di capire cosa hanno intenzione di fare nelle segrete stanze, ma i discorsi si fermano lì se non con la giunta delle nostre opinioni. Noi non cu vergognamo delle nostre patenti, anzi. Ciao Dindondan. leo
Caro Leo, ci conosciamo troppo bene per non sapere come la pensiamo. Il mio pistolotto l’ho scritto perchè mi ha addolorato profondamente leggere la parola “mi vergogno” in riferimento evidente alla propria juventinità. Tanto perchè siamo in argomento, io della mia Juve non mi vergogerei nemmeno se il suo presidente fosse Putin (o, tanto per non scontentare nessuno, Biden). Per il resto la penso come te e non aggiungo altro. Buona serata.
La Juventus è gli agnelli a Bari,forse.