Zero titoli, dunque. L’ultima volta fu nel 2011: allenatore, Delneri. Dopo la Supercoppa, l’Inter strappa alla Juventus anche la Coppa Italia, uno dei rari pronostici che ho azzeccato. E così Allegri dovrà interrogarsi, al di là della fuga di Cristiano, degli infortuni e di Valeri: e qualcuno, magari, su di lui. E sui suoi nervi. Per battere questa Juventus non serve più, come in passato, la partita della vita. Basta una partita normale, soprattutto se sei l’Inter e sai di essere più forte, più completa.
Di gran livello, la cornice dell’Olimpico. Non altrettanto l’ordalia, almeno nel primo tempo. Nel secondo, sì: fra tuoni, fulmini e ribaltoni. Il gol-lampo di Barella, gran tiro fra zolle deserte, costringeva la Juventus a inventarsi una trama che il suo tecnico non ha nelle corde. Ci ha provato. Handanovic bravissimo su Vlahovic e bravo su De Ligt. Dybala, fra color che son sospesi, a fil dal montante.
Inzaghi e Allegri sono meno distanti di quanto non sembri. Italianisti di vecchio e nuovo conio. La squadra di Simone rinculava un po’ troppo: immagino i moccoli di Arrigo. Da Rabiot, Zakaria e Cuadrado filtravano rari lumi. L’Omarino sembrava il dottor Divago, un po’ qua e un po’ là . Allegri era partito con Bernardeschi (il solito fumo) e senza Morata, scuola Real, uno dei pochi che cavalcano le sfide secche senza esserne disarcionati. Entrato al 40’, per Danilo, dava la scossa. Ah, questi strateghi.
Madama, alla ripresa, continuava ventre a terra. Ma aveva il «torto», perdonatemi il paradosso, di ribaltarla troppo in fretta: al 50’ con Alex Sandro, proprio colui che a San Siro, in Supercoppa, aveva spalancato il Mar Rosso al Mosè di turno (Sanchez), complici Morata, sulla traiettoria, e, soprattutto, Handanovic; al 52’ in contropiede, da Dybala a Vlahovic, perso ma non disperso, a segno dopo la ribattuta di Handa (come Altafini, nella finale di Coppa dei Campioni del 1963, contro il Benfica).
A questo punto, Inzaghi tornava ad attaccare: che altro poteva fare? E la Juventus, a difendersi. I cambi (Dumfries, Dimarco, Correa; costui al posto del fantasma di Dzeko) davano energia. Quelli di Max, viceversa, la toglievano. Uno in particolare: Bonucci per Zakaria. Era un segnale. Catenaccio puro. Per scelta o per forza (altrui), vai a sapere. Ci scappavano il quasi rosso a Brozovic e, poi, i due rigori: il primo, somma di due mezzi (Bonucci e De Ligt addosso a Lau-toro, fin lì uno dei peggiori), molto dubbio; il secondo, via Var, di De Ligt su De Vrij, molto ingenuo. Trasformati da Calhanoglu e, nei supplementari, da Perisic (di destro). Migliore in campo per distacco. Suo anche il 4-2, con un gran sinistro dal limite. Allegri, prima di farsi cacciare per difetto di «halma», aveva tolto Dybala e inserito Kean. In compenso, aveva già sguinzagliato Locatelli, recuperato (troppo) in extremis. Un rischio che non ha pagato. Chiellini, al passo d’addio, spendeva gli ultimi ringhi.
Morale: hanno attaccato, le squadre, solo quando costrette. Non è un buon segno per l’Europa. Rimane la sequenza tennistica della stagione: Inter-Juventus 1-1, 2-1 dts, 1-0, 4-2 dts. Resta, tra i barili del tifo, la polvere da sparo degli episodi. Se no, che derby d’Italia sarebbe?
Ribadisco, Guido: per me puoi continuare a giocare a fare il provocatore ad libitum, ma con me non attacca, ci vogliono gli argomenti, che come al solito tiri via con ciarlataneria e ti limiti a banalizzare con frasi tipo “solita fuffa”. Se vuoi parlare di “verità ” ti conviene fare di più, altrimenti puoi continuare a menartela da solo e a sfottere le gente che ti da corda. Nel frattempo, l’invito ad argomentare il proprio pensiero è esteso anche agli altri “pro-allegristi”, se interessati, se no pace.
Conte ha vinto la premier league al primo colpo.
Il verme livornese manco al fantacalcio può sognarsela.
Conte ha vinto la premier league al primo colpo.
Il verme livornese manco al fantacalcio può sognarsela.
Scritto da Andrea il 13 maggio 2022 alle ore 14:27
Mi confondi con qualcun altro. Mai rilasciato patenti di juventinitá. Al massimo discuto sul modo di dimostrarla. Io mi onoro di “difendere” Andrea Agnelli, Presidente della Juventus, altri si onorano di insultarlo ed offenderlo. Ogni si onora con quello che crede. Per esempio.
Chapeau Andrea.
Scritto da Andrea il 13 maggio 2022 alle ore 14:11
In ogni caso, per sommi capi. Mai messo in discussione il valore di Conte, soprattutto in relazione alle vittorie con noi, ma se si vuol far passare l’idea che cammina sulle acque, non sono d’accordo. Si può discutere all’infinito sugli errori di Allegri, in due finali, ma,lui le ha disputate, ci è arrivato. Altri le hanno viste solo in TV. E parliamo di finali, se parliamo in generale di Champions, possiamo parlare di errori, con le sostituzioni, di Allegri, contro il Bayern, ma dobbiamo parlare anche di quando il Bayern gioco’ al gatto con il topo, contro la Juventus, allenando Conte. Dobbiamo parlare della semifinale di EL, contro il Benfica, dove Conte non ci capi’ niente, non riuscendo a dare una svolta alle due partite. E potrei andare avanti. Detto della fesseria sul glissare sul fatto che Allegri non sia mai arrivato al traguardo, glissare cosa? È negli annali. Il resto è la solita fuffa, trita e ritrita.
Guido, non mi rivolgo direttamente a te perché non ci sei solo tu che stravede per Allegri, rivendicando quasi una patente di juventinità , (salvo poi prendersela con dei simboli storici come Nedved).
Scritto da Andrea il 13 maggio 2022 alle ore 14:11
Perché non ti rivolgi direttamente a me, ti vergogni?
Cosa vi avevo detto della pedata subito dopo il match?
Mai fidarsi di un verme che ha tentato di svendere suo figlio in tribunale.
La sua parola non vale niente.
Per amore di verità , ci sono molti tipi di persone: per esempio, ci sono quelle per cui raggiungere una finale è stato come averla vinta, perché si è perso contro una squadra che aveva dei giocatori più forti; ci sono quelli per cui una finale persa è una finale persa, punto. Ci sono anche quelli che valutano le situazioni da più angolazioni: si è giunti in finale e già l’opportunità di giocarsela è qualcosa di fantastico: però forse sarebbe il caso di giocarsela con coraggio, a prescindere dalla strategia per cui si è optato (per l’associazione “coraggio di giocare” citofonare Emery a Vila-Real): perché perdere può starci, fa parte dal gioco, ma è importante il modo in cui perdi, come è importante il modo in cui vinci.
Chi parla di “amore per la verità ” venendoci a raccontare che Conte in Europa ha combinato poco, dice il vero, perché non ha vinto ancora niente e credo non abbia mai superato la fase a gironi in Champions. La sorte non gli è stata benevola nemmeno al Tottenham, in Conference League, dove è stato eliminato direttamente dalla Uefa. Quando però ci viene a raccontare che Allegri ha fatto “oggettivamente” meglio di Conte, basandosi sul fatto che Allegri è andato più avanti di lui, glissa sul fatto che non è mai arrivato al traguardo, anche quando la sua tesi poggia esclusivamente sui risultati. Ora, il primo anno di Allegri alla Juve è stato sorprendente, direi in modo inequivocabile dato che si è passati dalla tiritera del ristorante da 20€ al giocarsi la finale di Champions. Ma da lì in poi il declino dal punto di vista del gioco è stato progressivo, includendovi la seconda finale di Champions persa in modo umiliante. Al 4° anno Allegri rischiò di eliminare il Real nel ritorno dei quarti, rimontando al Bernabeu l’ignominioso 3-0 subito allo Stadium, contro ogni pronostico. Il ricordo di quella partita si è impresso in modo indelebile nella mente di molti tifosi spettatori: una squadra che aveva deciso di tirare fuori gli attributi e di giocare con coraggio per 60 minuti sta restituendo l’umiliazione subita al mittente. Ma dopo il 3-0 segnato al 61 da Matuidi, ecco che improvvisamente arriva l’indietro tutta della ciurma, come se si fosse fatto abbastanza, anche troppo e si potesse finalmente provare a tirare i remi in barca. Chi aveva osservato attentamente il modo di giocare della Juventus in quei 4 anni di Allegri un’idea se l’era già fatta ampiamente: mancanza di attributi, braccio troppo corto. L’anno dopo gli ha dato per le mani addirittura Ronaldo, il quale ci ha permesso di compiere un mezzo miracolo allo Stadium contro l’Atletico dopo la pubblica umiliazione del Wanda, mostrando in mondo visione cosa voglia dire avere coraggio, nella guerra totale degli attributi. Poi è arrivato l’Ajax di Ten Haag e dei giovani “terribili” (De Ligt, De Jong, Van de Beek) che ha mostrato al mondo intero come una squadra meno quotata ma con un organizzazione di gioco seria possa competere e addirittura arrivare a vincere contro squadre molto più ricche, come Real e Juve.
Per amore di verità , Allegri fu silurato dalla proprietà perché non era più convinta della proposta calcistica del suo allenatore, ritenuta inadeguata a un palcoscenico europeo. La ricerca di un’estetica “europeista” doveva cominciare con Sarri (perché non c’è stato modo di arrivare a Guardiola o a Klopp), il quale non è stato adeguatamente accompagnato in questo cammino di cambiamento dalla società . Chi si nasconde dietro la retorica dei giocatori forti o scarsi che fanno la differenza, forse ha ascoltato Guardiola parlare dei suoi successi al Barca, dove lui è il primo a riconoscere l’importanza di avere dei grandi giocatori per poter svolgere al meglio il suo lavoro, ma si approfitta di questo rilievo per continuare a dire che la colpa è dei giocatori: come insegna la storia del Paris. Saint Qatar, non basta avere dei grandi giocatori. Non credo che qualcuno dotato di buon senso qui abbia mai sostenuto che Guardiola, Klopp, Sarri o Gasperino abbiano la scienza infusa e o la bacchetta magica per compiere miracoli con dei giocatori qualsiasi. Ciò nonostante, questi allenatori hanno una seria filosofia calcistica, che non ha niente da spartire con l’Allegri pensiero: halma, girala finché un trovi i’ buho, lancio lungo del cappotto quando le cose girano male.
Per amore di verità , far passare in secondo piano i meriti incredibili di Conte nel triennio che ha visto tornare la Juve a dominare in Italia, è un atto di pura disonestà intellettuale. Conte è riuscito a fare meglio del Milan di Allegri, con Pepe, Giaccherini, Estigarribia, Matri, De Ceglie e altra gente che verrebbe da chiedersi cosa ci faccia alla Juve, mentre i rossoneri avevano giocatori del calibro di Ibrahimovic, Cassano, Pato, Robihno, Nesta, Mexes, Seedorf, Inzaghi, Thiago Silva, Gattuso, Flamini.
Chi mette in discussione un allenatore come Conte, che si è misurato con molte realtà e dovunque è andato (dalla Juve al Chelsea, dal Chelsea all’Inter, dall’Inter al Tottenham) è riuscito a conquistarsi la simpatia del pubblico con la serietà del suo lavoro, mostra una volontà precisa di sminuirne i successi che si basano sulla CULTURA del lavoro. Ovviamente, non è vietato discutere delle lacune di Conte, anzi, sarebbe più interessante discuterne in modo approfondito invece che limitarsi a brevi e insignificanti commenti sarcastici, lasciando trapelare una presunta conoscenza di come stanno effettivamente le cose.
Per concludere, se si fosse trattato dell’affermazione di un proprio gusto personale, non ci sarebbe stato niente da ridire, ci mancherebbe: è assolutamente legittimo che a qualcuno piaccia Allegri, come allenatore e come persona, credo che questo sia un aspetto fondamentale della vita e che vada rispettato. Ma se si tira in ballo la “verità ”, cioè se si vuol uscire dal campo del gusto per entrare in un altro, che riguarda la teoria (dunque la filosofia e la scienza), si deve essere pronti a proporre degli argomenti più consistenti che una difesa “giuridica” del proprio gusto personale e delle proprie sensazioni. .