Dal 2011 al 2022, da Allegri a Pioli, da Ibra a Ibra. Il Milan è campione d’Italia per la 19a. volta. Raggiunge l’Inter, scavalcata nei pronostici (il mio, almeno) e superata in classifica. E’ il primo titolo che va oltre Berlusconi, di un fondo americano che si accinge a cederlo. E’ la laurea di Gazidis, di Maldini, di Massara e, lasciatemi dire, di Boban, colui che fece di tutto per tenere Pioli quando la proprietà si era invaghita di Rangnick.
Lo champagne, l’ha stappato fra i «camerieri» del Sassuolo, un 3-0 comodo comodo, in allegria e in scioltezza, mentre l’Inter di Inzaghino sbatteva le corna contro il muretto della Sampdoria, demolito da Perisic e Correa (doppietta). Al Mapei, Leao trasformava ogni palla persa in assist come l’acqua nel vino di quella parabola là, zampate di Giroud e acuto di Kessié, già del Barcellona (chapeau). A Fusignano, parleranno libidinosamente di pressing efferato; ad Appiano, non proprio. C’est la vie, è l’Italia.
Sono contento per Pioli, considerato fino a ieri un carro attrezzi come tanti, e da oggi, immagino, il proprietario dell’officina. E Inzaghi, temo, un utensile non più all’altezza di Conte (ah, ah, ah).
Ne aveva 30, Ibra, l’estate dell’ultimo hurrà. Trascinò la squadra dal campo. Oggi va per i 41 e fa il totem dalla panca, ma è stato comunque cruciale, marziale nel cementare la tribù. Come Kjaer. Le fughe di Donnarumma (al Paris) e Calhanoglu (all’Inter) sembravano perdite immani. Come non detto. Maignan, una colonna. E il trequartista in bilico perenne fra Brahim Diaz, Junior Messias, lo stesso Kessié e Krunic, un’emergenza ben gestita. Se Barella fu il simbolo dello scudetto interista, Tonali, classe 2000, lo è stato di quello milanista. Qualità e quantità. Gol preziosi a parte. Un Gattuso con alluci oxfordiani.
Tutto cominciò dopo il 5-0 di Bergamo, con la Dea. Era il 22 dicembre 2019. Ibra, Kjaer, Saelemaekers, reclutati d’urgenza, affiancarono Theo Hernandez e Leao; Pioli cominciò una semina lenta, profonda, che trovò negli stadi chiusi per pandemia un alleato involontario quanto generoso (è la tesi, anche, di Costacurta).
A Serena Pioli ricorda Trap, ad altri Liedholm. Stefano non ha gestito, ha insegnato. Doveva, certo, ma non è detto che ci riuscisse. Da Romagnoli-Kjaer è passato a Kalulu-Tomori: eppure, con il Napoli, la miglior difesa è proprio la sua (31 gol). Le rughe e le cicatrici di Zlatan hanno portato al mestiere e alle ante di Giroud, 11 gol come Leao. Il massimo. Con bomber così scarni avevano vinto il Milan di Liddas (Bigon, 12) e Capello (Massaro, 11), la prima Juventus di Conte (Matri, 10). Riferimenti preziosi, non banali. E poi «quella» sinistra al potere: Theo-Leao. Le loro scorribande hanno sabotato molte trame, scoraggiato molte alleanze. Un occhio ai giovani, e uno al bilancio: si può, evidentemente.
Milan 86, Inter 84. Un anno fa: Inter 91, Milan 79. E’ la conferma – sgargiante, schiacciante – del ritorno di Milano dopo i nove anni di Juventus. Due punti di distacco dopo un rodeo di 38 partite sono una pagliuzza che pesa come una trave. Cercarne il Dna non è facile, è roba da tifosi, forse tra i portieri, forse nell’assenza della figura di un Lukaku, forse in quei tre minuti di Giroud che ribaltarono il più interista dei derby. Non penso che il calcio nuovo abbia sconfitto il calcio vecchio: bene o male, è l’Inter a finire con l’attacco più prolifico e due coppe in bacheca. Ha vinto chi favorito non era, ha vinto chi ha avuto coraggio di non aver paura. Mai. Penso che basti.
E mentre noi ci amminchiamo dietro ritorni di giocatori bolliti o ultratrentenni a parametro zero con ingaggio monstre, il Bayern fa i fatti: presi Mazraoui a zero e Gravenberch dall’Ajax. Chiamansi programmazione e idee chiare di una dirigenza lungimirante.
Secondo me fisicamente è già più che a posto.
Il problema è la tenuta mentale e tecnicamente lo sono il servizio che non gli porta nessun punto e gliene fa perdere tanti con la seconda e “l’incapacità”di vincere punti facili.
Gioca un tennis troppo difficile per reggere tre ore contro i più forti e contro i meno forti fatica a ripetersi per più giorni di seguito.
Scritto da nino raschieri il 25 maggio 2022 alle ore 08:58
Nino sei troppo severo: è CHIARO che Lorenzo deve migliorare, ci mancherebbe altro, ma bisogna vedere quale livello di tennis esprime a soli 20 anni: ebbene togliendo Alcaraz che è un extra-terrestre predestinato e che con molta probabilità dominerà’ la scena mondiale per i prossimi 15 anni , ti dico che a 20 anni Lorenzo Musetti è sulle orme di quello che a 20 anni erano lo stesso Tsitsipas e Zverev, dopodiché il tennis è uno sport spietato dove se l’asticella e’ alta 10 per entrare tra i primi 30 è alta 100 per entrare tra i primi 10 ed è alta 500 per entrare nella Top Five e non vado oltre…voglio dire che Lorenzo ha un talento fantastico, che da solo certo non basta, ma che ha tutte le carte in regola per tentarla questa scalata di sesto grado…per certi versi , se si irrobustisce un po’ fisicamente e diventa più ‘“cattivo” agonisticamente, ha secondo me margini di crescita assoluta addirittura superiori al pur ottimo Jannik Sinner …
Leggetelo l’articolo c’è anche la logica chiosa finale su bentancur.
https://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Juventus/25-05-2022/juve-kulusevski-conte-tottenham-entusiasma-sconfitta-allegri-440672293046.shtml
Piano piano il vergognoso muro di omertà che proteggeva il cialtrone sta crollando.
ci andrei più piano con gli elogi a Musetti: nei primi 2 set ha giocato contro il fratello scemo di Tsitsipas, quando è tornato il vero Tsitsipas la musica è cambiata
con questo non voglio dire che sia scarso, è giovane con ampi margini di miglioramento, ma di pagnotte ne deve mangiare ancora tante prima di poter competere con i migliori
Lorenzo Musetti ha solo 20 anni e dispone di un talento purissimo un tennista, Lorenzo, al quale si può dischiudere un futuro davvero luminoso , deve chiaramente ancora lavorare su alcuni aspetti il primo dei quali è la tenuta fisica , deve un pochino irrobustirsi , in più deve vincere quella “indolenza” che non di rado si associa a chi dispone di “troppo” talento: succede a Lorenzo, ( in gioventù, e non solo, succedeva a Sua Maestà’ Roger Federer!!! ) soprattutto quando gioca contro avversari di medio livello, di confidare troppo sulla sua evidente varietà di colpi e questo lo porta ad impigrirsi , a farsi trovare a volte un po’ “fermo” sui colpi contro “cagnacci” che non hanno neanche un decimo del suo talento ma che corrono a perdifiato sputando sangue su ogni colpo …ma da questo punto di vista l’ho visto migliorare molto quest’anno…non è ovviamente il caso di ieri sera, Lorenzo è sceso in campo motivatissimo e concentrato anche se con pochissimi giorni di allenamento alle spalle dato l’infortunio patito a Madrid e che gli ha fatto saltare Roma: Tsitsi ha dovuto giocare un tennis stellare nel terzo e quarto set per apparigliarsi al nostro, poi nel quinto Lorenzo davvero non ne aveva più…ultima cosa: un po’ di sfiga in meno, vedersi assegnare dal sorteggio al primo turno, tra 127 possibili avversari, proprio Stefanos , beh è da andare a farsi benedire…
Alef
Corre ‘un serve aggnente. Bissgna palleggia’ lento lento halmi halmi sinoacche si throva ibbuco.
Iccaccio modenno unesiste. Gli è semplisce.
Basta emidahe alliso vandai debrui levandossi e Ronaldo (ah no Ronaldo no) e iggioho è fatto. Lo stipendio corre e si ettutti contenti, compreso queggrullo dell’ovino.
Musetti riesce ad appassionarmi. Ho visto il match, mi ha ricordato quello contro Djokovic di un anno fa. Non so se la sua crescita dovrà essere fisica, per reggere i 5 set, o di tenuta mentale o”esperienza tennistica” per vincere anche i punti “normali. O tutti questi aspetti. Resta che se cresce un altro filo può entrare nei top. Il talento è così evidente ….
Che ciarlatano. E Allegri lo guarda ammirato e dice “ma come fa a vendere così bene così tanto fumo? Ho da mangiarne di pastasciutta ancora…” E sospira.