Gran bel derby, di quelli che eccitano gli aggettivi e decorano i superlativi. Già l’altalena dei gol racconta più di noi Pigafetta: 0-1, 3-1, 3-2. L’ha vinto il Milan grazie ai gol di Leao e alle parate di Maignan. L’ha perso l’Inter, nonostante i cambi azzeccati (questa volta, almeno), lanciata da Brozovic e rianimata da Dzeko. Mancava Lukaku, che è il totem di Inzaghi, mentre Pioli ha ritrovato il bulimico Tonali di maggio.
Il ritmo, molto british, ha condizionato e orientato la trama, offrendola a ribaltoni e capogiri che giustificavano gli errori (di misura, di mira) e le titubanze (rare, in verità ). In vantaggio, l’Inter sembrava a cavallo. Il Milan ha cambiato marcia e l’ha presa a pallate. Di Leao si è sempre scritto: fino al tiro, da standing ovation; dopo, no. Come non detto: reti su su tocco di Tonali e su tacco di Giroud. In mezzo, il sinistro rimbalzante (ma letale) del francese. Et voilà .
Di Leao avrebbero dovuto occuparsi Dumfries e Skriniar: il condizionale è premio, e non omaggio, all’hombre del partido. Nessuno dei duellanti ha avuto il tempo d’inserire il pilota automatico: appena ci provava, sbagliava rotta o le turbolenze glielo impedivano. La zampata di Dzeko ha riaperto un’ordalia chiusa poi dalle parate di Maignan. Diranno che Inzaghi ha sbagliato la formazione di partenza. Che Pioli ha azzeccato tutto, tutti: anche De Ketelaere, yacht raffinato nelle burrasche di Moby Dick. E’ la legge, spietata, del risultato.
Sorprende, dell’Inter, la difficoltà di domare le grandi e le crepe difensive attraverso le quali il problema si diffonde. Pure la Lazio, all’Olimpico, le aveva palleggiato in faccia. Il Milan veniva dal tristanzuolo 0-0 di Reggio. Ha ritrovato slancio, furore. E quel tipo là , di 23 anni, Rafael come Nadal, portoghese come Cierre. Però, che coincidenze.
Montagne russe e tiro a segno anche all’Olimpico. Il Napoli ribalta la Lazio, Spalletti incarta Sarri: terzini che fanno le ali, ali che fanno le mezzali, avversari storditi. Non basta il destro radente di Zaccagni. Reduce dal pari smorto con il Lecce, gli spallettiani si arrampicano sul K2. Kim di testa, Kvaratskhelia di destro (e non solo quella sventola: molto, molto altro; palo, rulete ed errori inclusi). Migliore dell’Aquila: il portiere (Provedel). Vi par poco? La reazione è stata di gioco, di personalità : non esclusivamente d’orgoglio. Nella Lazio, Luis Alberto che comincia non è come Luis Alberto che entra. E, imbottigliato Immobile, ciao sarrismo.
Intanto cabaret al pit stop Ferrari…
Scritto da bilbao77 il 4 settembre 2022 alle ore 15:20
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Tra l’altro al buon Maletto ho sentito usare il termine Pro Allegrese. Qui gatta ci cova, o qualcosa del genere.
Lovre.
Senza offesa, ma non ci stai capendo un cazzo.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere con l’astinenza.
Se.no vale fozza fozza fozza.
“L’Armata Brancallegrone” (cit. Ezio Maletto)
Intanto il Bologna pare disporre facilmente del Real spezia. A casa sua. Con rigore non dato ad arnautovic che si è preso un cazzotto in testa da dragoski in uscita.
Gli arbitri e i vari ne stanno facendo più di Bertoldo.
E segnatevi pure questa: Milik é ad un passo dal diventare titolare.
Scritto da Logan il 4 settembre 2022 alle ore 14:12
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Perché io si, lo conosco molto bene il Pagliaccio. Infatti, nulla di quanto accaduto fino ad ora mi ha sorpreso. Nulla.
Vaciago, per sua stessa ammissione esposta su una live di Proallegrentibus, non capisce una mazza d calcio.
Lo conferma ampiamente il suo parlare di “pregiudizi” come se gli ultimi12/14 mesi non fossero esistiti..
Nemmeno i risultati (carenti) convincono le pon-pon girls del Cialtrone.
Loro sì, consumati da un pregiudizio.
Buondì Beck,
nel suo articolo sulla Juve ha tirato in ballo il destino che s’incavola. La Viola non segnava da *quattro* partite (se non ho capito male). E il para-guru in conferenza stampa post-partita blatera cose che riguardano una (presunta) buona prestazione difensiva della squadra, predica pazienza (ancora?), mentre uccide la speranza (quella di provare a vincere a Parigi) raccontandoci del suo “realismo”.
Al netto dell’oscurità che avvolge il curriculum di un allenatore di calcio alla voce “hard skills”, per quel che concerne le “soft skills” (abilità nel “problem solving”, capacità di empatizzare con gli altri, abilità comunicative, doti carismatiche, eccetera) credo si possa gettare almeno un po’ di luce.
Da questo punto di vista (soft skills), per me, Allegri si trova ben al di sotto la soglia della mediocrità .
Se considero il primo (hard skills), brancolo nell’oscurità : gli allenatori di calcio sono venuti al mondo prima delle “scuole” di calcio, ma si fatica ad inquadrarne le caratteristiche professionali.
E nel curriculum alla voce “tituli” ci sono comunque quei benedetti 5 scudetti di fila insieme a qualche coppetta (le finali perse, per me, non contano).
Inoltre, se si suppone davvero il destino all’opera, si deve pure discutere intorno alla natura del libero arbitrio, per cui l’essere umano in generale si vede costretto nel suo status di “cialtrone” per essenza.
Non le chiedo delle risposte che non mi può dare, ma ci tenevo a condividere con lei (e con chi altri fosse interessato) questi spunti di riflessione.
Superciuk, Vlahovic ascolterà il vento. Se il vento confermasse che Allegri resterà al timone anche la stagione seguente, chiederà la cessione. Cosa scritta qui praticamente subito dopo il suo acquisto.
Milik è il titolare. Vlahovic è giovane, deve imparare e dietro milik imparerà tanto. Tuttavia, se panchinare de ligt gli portava l’appoggio dei ras dello spogliatoio, panchinare DV7 non avrebbe lo stesso effetto. Oltre il fatto che de ligt era un gentiluomo mentre DV7 lo meno propenso a non appenderlo agli armadietti se lo fa incazzare.