Anche così, più mutilato della Juventus, vince il Milan. La sentenza, netta, la orienta un gol «sporco» di Tomori, in mischia, al crepuscolo del primo tempo. Sbagliano in due: Orsato, che sorvola sul contatto fra Theo e Cuadrado a monte dell’angolo-fiammifero; e poi Alex Sandro, che si appisola al momento del dunque. [In precedenza, l’arbitro aveva ritenuto «innocente» un mani-comio di Vlahovic].
Morale della (non) favola: lo scudetto è già un miraggio alla nona, come la scorsa stagione. Pioli sta dando il meglio di sé, Allegri l’ha dato. Sono dettagli non marginali. Il quarto d’ora con cui l’ex Tiranna prende di petto gli avversari, sfiorando il gol con Kostic (ciccatona), appartiene al repertorio della normalità europea e non dei catechismi aziendali. Milik fa da ponte tra Vlahovic e il centrocampo, dove Rabiot sembra il più vivo, ebbene sì. Bisognerebbe lavorare ai fianchi Gabbia e Tomori, proprio lui, ma piano piano Tonali prende campo e, a sinistra, la catena Theo-Leao comincia a girare. Due pali di Leao, di tacco e dal limite, e, in generale, un presidio del territorio, con Bennacer e Pobega, in linea con i fioretti. E le ambizioni.
Il giallo beccato al 25’ riduce l’hybris difensiva di Cuadrado, togliendo sicurezza anche a Danilo. Leao si accentra come il colombiano, il problema sono gli esiti. Non che i campioni pressino alla morte, ma di sicuro più di rivali che, esaurite le bollicine dell’aperitivo, non portano al tiro né serbi né polacchi. Alla ripresa, l’ordalia diventa un tamburello invasato e invasivo, ci si morde di qua e ci si graffia di là. E se Tatarusanu risponde solo a qualche telefonata, Szczesny si immolerà su Origi. Che poi Leao, in Italia, sia di un altro pianeta, emerge persino da gare così, con il piede sollevato dall’acceleratore.
Il timbro del verdetto arriva già al 55’, su errore di Vlahovic, braccato e nervoso, con Brahim Diaz che si beve Bonucci, scarta Milik e fulmina il portiere. Le staffette di Allegri servono a poco: anche se Kean un gol, a dire il vero, lo sfiora (che recupero, Kalulu). Madama è ormai una ruota sgonfia alla mercé di un meccanico che le circostanze hanno reso famelico. Troppo fragili, i successi su Bologna e Maccabi, per pensare che la «doppietta» avrebbe rianimato – non oso scrivere cambiato – la Juventus. Ricordate tiri di Vlahovic, di Milik? Tiri veri, voglio dire. Io no. Il Milan è stato una squadra; la Signora, salvo l’incipit, un gregge. E se le pecore sono matte o scarse, il pastore qualcosa potrebbe tentare. Pioli ci è riuscito: penso alla mossa Diaz, alla sorpresa Pobega e al coraggio affiorato anche nei (rari) frangenti di difficoltà.
La Juventus non batte una grande da secoli. Al primo schiaffo, si scioglie. Un avviso ai naviganti (interni) che molti hanno sottovalutato. E il calendario non dà tregua: martedì in Israele, sabato il derby in casa del Toro: da tempi d’oro, solo gli stipendi (di «Arrivamaluccio», del mister) y nada mas. Anche per questo, non vedo futuro. Vedo, al massimo, ostaggi di una politica scriteriata e di una scelta «vecchia» (sapete quale).
Se dopo la Roma era in bilico, dopo il Barça e il Sassuolo cos’è? Inzaghino se la ride. Ahi, serva Italia. Al Mapei, dove aveva frenato persino il Diavolo (0-0), l’Inter passa con una doppietta di Dzeko, gallina vecchia eccetera eccetera, e dopo la staffetta tra Asllani e Mkhitaryan, cambi che la provincia più ricca non può ancora permettersi. Mancavano fior di titolari a entrambi, Dionisi era tornato in partita con una zampata di Frattesi, su cross radente di Rogerio, uno che alla Continassa ricordano: o almeno dovrebbero. Sassuolo e Inter si sono strappati fette della gara come fossero zolle. Male Ferrari: già all’inizio, e soprattutto sul secondo gol. Capita. Dumfries in versione monsone. Onana, preferito a Handanovic, firma un paio di parate garelliane, di piede. Preziose, ma non spettacolari come lo zompo di Consigli su Lau-Toro. Alla fine, hanno vinto i più forti.
Ho acceso per vedere sti bovini che combinano. Staranno perdendo, ma in cinque minuti hanno buttato più palloni in area dell’Empoli di quanti fatti dalla Juve in tutta la partita ieri. Vincere il derby non è mai facile..
Gentili Signori,
vi propongo qui uno spunto interessante di Gigi Garanzini per “La Stampa”.
Pensieri?
Cordialmente,
BZ
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Il primo quarto d’ora da protagonista, l’ultimo con la forza della disperazione. Tutta qui la Juve di San Siro. Il resto è stato soltanto Milan, dietro, in mezzo e davanti. Nel controllo del gioco, nella ricerca e poi occupazione degli spazi, nella personalità, anche nella condizione fisica. Nei due gol di Tomori e Brahim Diaz, nei due pali scheggiati da Leao, nella dimostrazione di superiorità individuale e soprattutto corale.
E prima ancora nella capacità di assorbire la partenza lanciata della Juve e di ridurne poco alla volta la portata, quando sembrava che la partita fosse tutt’ altra rispetto a quella che poi è stata. Il fatto è che dura poco la Juve, e questa non è più una novità. Poi basta poco per smarrirsi, per perdere sicurezza e un po’ alla volta identità. Era successo col Maccabi, sul doppio vantaggio: figurarsi col Milan. Questo in generale.
Poi ci sono i particolari, a partire dal gol del raddoppio. Che in ottica rossonera è stato un capolavoro di Brahim Diaz. Ma in ottica bianconera è un vero e proprio museo degli orrori. L’assist è di Vlahovic, che anche senza quel passaggio in orizzontale sarebbe stato il peggiore in campo. Il primo tentativo di chiusura è di Bonucci, che anziché in tackle come si diceva un tempo ci va in pantofole.
L’ultimo di Bremer, in netto ritardo. Un gol così la Juve davvero non lo può prendere. Ed è un pessimo segnale anche in vista della sfida decisiva di dopodomani, quando a differenza dell’andata il Maccabi sarà al completo e sarà obbligatorio vincere per continuare a sperare. Ma intanto, dopo i segnali di convalescenza, non certo di guarigione, con il Bologna la situazione di classifica torna a precipitare.
I punti sono 13, uno in meno della metà dei 27 disponibili. Il Milan è sopra di 7 lunghezze, il Napoli oggi potrebbe andare a più 10. E in mezzo ci sono Atalanta, Udinese, Lazio, Roma e da ieri pomeriggio anche l’Inter, trascinata dal vecchio Dzeko. Girerà prima o poi. Per ora il tempo continua a passare invano
Ma sti bovini che mi combinano? Già con la testa al derby e mi perdono pure con l’Empoli?
In società basterebbe uno che calcoli:
- quanti soldi perderanno dalla mancata qualifica agli ottavi di Champions
- quanti ne stanno perdendo per i vuoti allo stadio
- quanti ne hanno persi e ne perderanno in termino di svalutazione dei giocatori
- quanti rischiano di perderne se non arrivano quarti.
A occhio, siamo a 60-70 milioni solo dalla prima e dall’ultima voce.
Per risparmiare non i soldi dello stipendio di Allegri (quelli sono comunque andati), ma quelli sello stipendio di un nuovo tecnico, che peggio di quello attuale non potrà fare neanche se fosse il primo passante per strada.
Ma lui È AL SICURO.
Se lo cacciano, prenderà lo stesso i suoi soldi e senza lavorare.
Il suo unico problema è che sperava lo avessero già fatto.
Fabrizio grazie, bella risposta mi hai dato. Hai ragione. Non credo che uno o più giocatori che siano consapevoli del proprio desiderio di boicottare l’allenatore però lo farebbero esplicitamente, non credo che studierebbero e metterebbero in atto una strategia comune per mandarlo via. Non foss’altro perché sarebbe gravissimo. Credo di più ad un sentore diffuso, nello spogliatoio, del Dead Man Walking, e del desiderio, da parte di alcuni, di voler dare un paio di spintarelle alla situazione pericolante, e questo per me è boicottaggio. Il piano congiunto mi sembra troppo.
È da un po’ di tempo che nelle interviste è meno “brillante”, balbetta e spara cazzate a iosa. Probabilmente sa che non è stato ancora cacciato ma che vorrebbero cacciarlo. Non è più tanto sicuro che il super contratto lo metta al sicuro o che gli incapaci che lo dovrebbero cacciare non trovino un altro.
E dopo i mondiali di allenatori liberi ce ne saranno.
State attenti, Bertoldo Zebrato e De pasquallido sono la stessa persona, non abboccate.
MA ANCORA Lì STA???? Scusate, ma sono nauseato…
Fabrizio
Vero quel che dici.ieri per la prima volta nelle interviste l’ho visto meno spocchioso,meno arrogante seppur sempre molto ignorante quando ha tentato di parlare di calcio(giochiamo in avanti giochiamo indietro…).
Io credo che anche nella sua immensa arroganza ed ignoranza si stia rendendo conto di essere diventato uno zimbello ma a questo punto gli conviene continuare a recitare la parte di chi riuscirà a raddrizzare la baracca anche perché se così non facesse sarebbe obbligato a dimettersi e addio grana.
Sa benissimo che questa stagione segnerà la fine della sua carriera e cercherà di spremere il massimo.