Un romanzo fra il cuore di De Amicis e gli arrembaggi di Salgari. Udinese-Atalanta 2-2 è stata una serenata alla provincia che, già in passato, regalava tesori, visioni, personaggi, da Vendrame a Pablito. E’ difficile che una delle due possa diventare il «nostro» Leicester o ripetere l’impresa del Verona etichetta 1985. Molto difficile. Ma il Mondiale d’autunno è cesura strana, nuova, di complicata traduzione. Vedremo.
Nel frattempo godiamoci questi vascelli guerrieri, questi allenatori che portano idee, loro sì. L’antipatico Gasperini, l’umile Sottil. Vinceva 2-0, la Dea. Non più a «fantasia anteriore», come ai tempi del Papu e di Ilicic, ma bloccata su misura intorno al sinistro di Koopmeiners. Che le mancasse la dorsale difensiva Djimsiti-Palomino-Toloi, ce ne siamo accorti nella ripresa. Marca a uomo – in avanti, possibilmente – e in trasferta è più a suo agio che in casa. L’Udinese è più verticale e non meno inglese, con Pereyra e Deulofeu che le garantiscono estro. Deulofeu, scuola Barça, è da un po’ che, per dirla alla Boskov, vede autostrada dove gli altri solo sentieri.
Non hanno campioni, hanno fame. Una gran fame. Di gioco. Di vincere. E’ cambiata, l’ordalia, con i cambi. Gasp, alla 300a., ha smontato l’attacco: via Muriel, via Lookman. Dentro Hojlund e Malinovskyi. Ecco: Muriel. Il migliore. Assist a Lookman, copia dell’azione e delle rete che aveva stecchito la Fiorentina, più rigore procurato e trasformato. Non lo avrei tolto. Sottil, lui, ha ricavato più birra, e più ciccia, dagli innesti di Samardzic, Arslan e Success (al posto di un uggioso Beto).
Punizione di Deulofeu, zuccata di Perez su azione Deulofeu-Pereyra. Et voilà . Poi scaramucce bi-partisan fino alla fine. L’Udinese è squadra di rimonte (siamo alla quinta), l’Atalanta squadra che può sprecare un gruzzolo. Mai, però, l’anima.
Le ruggini della gloriosa Amsterdam pesano, ma il Napoli è il Napoli. Soffre il giusto, anche perché la Cremonese di Alvini (Massimiliano, uhm) disdegna la palla avanti e pedalare, privilegiando, quando le riesce, il coraggio della manovra. Un palo di Zanimacchia, parate assortite di Radu, un rigorino su Kvaratskhelia, che Politano realizza in scioltezza e, in avvio di secondo tempo, il pari di Dessers. Bisogna rimboccarsi le maniche. Come in Friuli, è la panchina a decidere. L’harem di Spalletti. Segnano, nell’ordine, Simeone di testa (su cross di Mario Rui, uno dei terzini, oggi, più continui, con il portiere scavalcato dalla parabola); Lozano, smarcato da Kvara; Olivera di cabeza, su servizio di Di Lorenzo. Tutti entrati: il Cholito, il messicano e l’uruguagio. Morale: 1-4. E un attacco che martella: già 22 reti.
E’ proprio il caso di dirlo: l’appetito vien mangiando. Un’occhiata alla classifica, please: più 2 sulla Dea, più 3 su Udinese e Milan, più 4 sulla Roma, più 6 sulla Lazio (in attesa di Firenze), più 8 sull’Inter, più 10 sulla Juventus. E domenica, dopo l’Ajax di mercoledì, il Bologna al Maradona. Siamo appena alla nona, d’accordo, e la caccia rimane aperta: ma se la lepre è questa, con Osimhen ormai prossimo al rientro, urge regolare la mira. Chi può.
Io che da bambino piangevo a dirotto per un PAREGGIO della mia Juventus;
Io che preferivo un brutto voto a scuola ad una sconfitta bianconera;
io che amavo giocare a calcio ma che se la mia partita coincideva con una della Juve trasmessa in TV mi procuravo un malanno diplomatico;
Io che uscivo con la ragazza il sabato sera e se mi prospettava una passeggiata la domenica durante la partita della Juve, la tenevo in giro sino alle 6 di mattina fino che era lei che, salutando, mi diceva che era troppo stanca per uscire nel pomeriggio;
ecco, un tot di anni dopo, passando orgogliosamente attraverso le forche di Porcopoli, manco sapeva che la partita fosse alle 18 o giù di lì. E con annesso ridimensionamento da 55′ a tabellino mentre mi cerco qualche cosa di più appassionante da fare.
Un sentito ringraziamento a 2 merdacce come il Cialtrone ed il Monociglio.
Segni di ripresa.
Si ma potevano anche essere di più Superciuk.
2-0?
Certo che vuole essere cacciato. La squadra pure.
Ma per fortuna i geni in sede non sono emozionali.
Cazzo sta succedendo? Non sto vedendo la partita e non so il risultato
Si vuole essere cacciato
E lui. L’uomo che conosciamo
E che scriviamo da tanto tempo
Non si dimette, spera solo che lo esonerano!
Per lui sarebbe un sospiro di sollievo! Salverebbe le sue capre ed i suoi cavoli…
La follia é che non spero neanche più di vincere
Mai provata una cosa cosi,
Mi auguro sia arrivato il momento in cui questi figuri che indossano la nostra maglia non avranno più alibi e dovranno iniziare a trottare, ma forte forte. E mi aspetto un rimborso per quegli sventurati che sono arrivati fino in Israele a tifarli