Ad Haifa, non lontano da dove nacque l’Unico che, forse, avrebbe potuto cambiare qualcosa (e qualcuno. Forse), è finita la Juventus già finita di un mai (ri)cominciato Allegri. Il Maccabi, squadra modesta, le ha inflitto un secco 2-0 che la esclude virtualmente dalla Champions (solo?) e da una dignità che avrebbe dovuto essere l’ultima stampella. I gol li ha realizzati Omer Atzili: di schiena e di sinistro. Quello dei tre pali allo Stadium. Quello che, senza Yom Kippur, chissà all’andata.
Dieci punti dal Napoli. Sul filo del filo in Europa. E siamo appena a metà ottobre. E’ il modo che irrita. Per carità, i cicli finiscono e ricominciano, il mondo è pieno di sorprese, di trappole, di calcoli sbagliati. Di cadute e di risurrezioni. Però c’è un limite. Né polvere da sparo né polvere di stelle (?), la Juventus. Polvere. Szczesny amletico, Di Maria che fa male o si fa male (flessori, otra vez), i reparti slabbrati e lontani, gli avversari avanzanti in livrea, mica in tuta: non ce n’era bisogno.
Non si tratta di infierire: si tratta di riferire. Sin dall’inizio, gente che si manda a quel paese. Nessuno crede più in Allegri e Allegri non crede più in niente, vista l’ennesima formazione-lotteria, con Cuadrado un po’ di qua e un po’ di là, Rugani al fianco di Bonucci, McKennie in un ruolo che troppo lo imprigiona, ammesso che ce ne sia uno che lo libera.
Senza gioco, senz’anima. Sono entrati Milik e Kostic, Locatelli e Kean, ricordo un’incornata di Vlahovic sventata da Cohen (già, c’era una volta Vlahovic), ma la cronaca di una serata è un pretesto, conta la storia di un periodo, «questo» periodo, dal ritorno del «feticista dei risultati», secondo la «Suddeutsche Zeitung», allo scempio di oggi, che poi era ieri e, temo, sarà domani. Vogliamo parlare di Paredes? Meglio di no. Sarebbe ora che Elkann, invece di fare il padrone in barile, scendesse in campo. L’Allegri-bis è stata un’idea di Andrea Agnelli. Via entrambi? Hanno scritto la storia, ma ne stanno storpiando l’epilogo. Ce ne fosse solo uno, di problemi. E’ l’allenatore, certo; e lo si cambi pure, ammesso che in giro si trovi un carro attrezzi disposto a raccogliere tutte ‘ste macerie (senza Di Maria, Pogba e Chiesa). Ne butto lì uno: Claudio Ranieri. E comunque: per quanti giorni andremo avanti con la tiritera dei danni irreparabili che Max ha creato, offrendo nuovi alibi a una rosa che, se c’è un orizzonte dal quale andrebbe allontanata, è proprio il muro del pianto?
Il novennio rimarrà nei secoli, ma è del presente che si discute ed è il futuro che va impostato, o salvato. Bravo come secondo frazionista (dopo Conte), si sapeva che, come primo dopo Sarri/Pirlo, Allegri non sarebbe stato il più indicato. Ci hanno provato. E poi i mercati. Di una confusione biblica. Nel mio piccolo, qualche piccola perplessità l’avevo sollevata. Al diavolo il ciclo. Adesso, con calma, va inaugurata una transizione molto più complicata. Una nuova idea di calcio. A costo di due settimi posti come ai tempi del post Calciopoli. Sabato c’è il derby, ed è già un fallimento. La Juventus non va ritoccata. Va rifondata. Nella testa dei suoi dirigenti, prima ancora che nei piedi dei suoi giocatori. Con rispetto, se possibile, per le tasche dei tifosi. Soprattutto dopo la resa umiliante di Haifa.
San Siro ha cantato sino alla fine, nonostante il 2-0 del Chelsea. L’ordalia è stata spaccata dal rigore-più-rosso (corretti) di Tomori fin dal 18’. Ha trasformato Jorginho e poi raddoppiato Aubameyang. Però i tifosi erano contenti lo stesso. Pazzi? No, riconoscenti verso una squadra che già aveva dato molto prima e ha dato tutto dopo. Al netto dello scarto e dell’infortunio di Theo. Giroud si è mangiato, di testa, l’uno pari, Leao ha trascinato l’eresia della rimonta nella selva di Potter. Come all’andata, decisiva la posizione di Mount (fra le linee) e devastante James, sulla fascia. Il Chelsea, oggi, è più forte. Pioli, però, ci crede. E fa bene. Gli servono due vittorie a Zagabria e con il Salisburgo. Difficile, ma non impossibile, con questo spirito, con queste idee.
Io trovo interessante lo spunto di alemichel, Marotta ha fatto operazioni pessime, ma la sia defenestrazione ha cambiato qualcosa nel modo di prendere le decisioni, AA é passato in modus : “Ghe pensi tutt mi”.
Con Marotta out, L’idea di calcio di Paratici avrebbe dovuto essere supportata (CR7,Sarrii…), invece AA ha fatto di testa sua.
… minchia, msi avrei pensato un giorno di dover (quasi)rimpiangere occhiobello!!!
… ma di questo passo a Natale rimpiangiamo cobollo e blanc
Giusto lovre mi scuso per i puristi
Giò o napule o lo porta a casa quest’anno oppure mi sa che qui pochi lo vedranno. 33 anni sono l’anno prossimo, Questo è l’anno deputato, e il monaco zen se lo meriterebbe larghississimamente.
nel frattempo pare che il ritiro sia già diventato un “ritirino”…
R non e.
Robertson in quell’organo femminile c’è una e di troppo.
E’ tutto il Napoli in un momento di grazia, gira tutto a meraviglia, direi l’esatto opposto nostro. Se reggeranno fino alla fine, in Italia ed Europa, chapeau
Mamma il raspa che giocatore
Si sta battuta dell’ovino su chi faccia o non faccia i tackle è la pistola fumante dello stato confusionale in cui versa l’ometto..
I tackle con “fare gioco” c’entrano nulla, caso mai nella riconquista palla. Ma come ha detto uno, se l’ovino non si fida neppure dell’opinione di un pallone d’oro che ha avuto come allenatori Erikson, Lippi, Capello, Ranieri e che gli dice da mo’ i che il ricotta è oramai un caso umano e comunque è un bluff, siamo al dare la purchiacchia in mano alla criatura.
Toglietegli la purchiacchia metaforica e al limite trovategliene una nuova vera di carne cosi si trastulla con quella ed evita di prendere decisioni manageriali, che sono inevitabili agli occhi di chiunque con due neuroni nella calotta. Che pensi alla topa, ecco.
https://youtu.be/Mk3ssw0uioI Questo è quello che ti dico sig? Drastico(il finale è tutto tuo)!